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Vienna, Wiener Staatsoper – Lohengrin (con Beczala, Stemme, Nylund)

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Questa ripresa del Lohengrin di Wagner alla Wiener Staatsoper faceva seguito alle tante recenti recite al Metropolitan di New York con lo stesso applaudito protagonista, Piotr Beczala, e, per quanto mi riguarda, con risultati superiori. Certo, l’allestimento con la regia di Andreas Homoki (scena unica, ovviamente) non è proprio entusiasmante, come capita quasi sempre con questo regista. Ma, a parte il fatto che sembra di stare a un raduno di alpini dove i tavoli servono a farvi salire tutti gli interpreti principali in momenti diversi e di vitale importanza per la vicenda, e che qualche ruolo (l’Araldo) diventa involontariamente comico durante l’atto secondo, non si può nemmeno dire che lo spettacolo sia provocatorio o disturbante. Verrà sostituito la prossima stagione, e magari rimpianto, nonostante si tratti “soltanto” della trentunesima replica (che in questo teatro non è molto).

La direzione di Omer Meir Wellber è stata buona, a tratti più che buona. Il sottoscritto ha avuto l’impressione di un approccio piuttosto “esteriore”, molto proclive all’effetto e all’enfasi (cosa che l’orchestra si può permettere e realizza in modo straordinario), oltre che un po’ troppo prudente nei momenti più raccolti e lirici (già dalla nota iniziale del preludio all’atto primo). Eccellente la prestazione del coro istruito come al solito da Thomas Lang.

Piotr Beczala ha maturato notevolmente il ruolo del titolo rispetto al debutto indimenticabile alla Semperoper di Dresda nel 2016: se allora si era trattato di una prova di grande rilievo, oggi risulta impossibile immaginarne una migliore: nei miei ricordi, ammette confronti colo con Sandor Konya e Nicolai Gedda nell’unica occasione in cui cantò la parte. Sia il registro centrale che quello grave sono più rotondi, saldi e ampi, mentre l’acuto ha lo stesso squillo ed estensione di allora, senza che il canto risulti mai stanco o teso. La frequentazione del ruolo lo rende del tutto disinvolto sul palcoscenico, mentre la dizione e l’articolazione del tedesco sono semplicemente ideali. Se si trattasse di scegliere un solo momento della lunga partitura dove ha più brillato, citerei il racconto del Graal dell’ultimo atto, ma come dimenticare l’addio al cigno gentil (qui praticamente un giocattolo) o il duetto della camera nuziale?

E Beczala non era l’unico a primeggiare sul palco. Le cose si fanno difficili quando si deve affrontare una “nemica” temibile, non solo in quanto personaggio, come lo è stata l’incarnazione memorabile che di Ortrud ha offerto la grandissima Nina Stemme. E non penso solo al volume del suo organo vocale, al colore scuro ideale per la parte: no, non si limitava a essere una feroce pagana perversa, né a sparare acuti da far tremare le pareti della sala. Soprattutto nel secondo atto, il soprano ha dato una lezione magistrale di fraseggio (penso a certe frasi quasi sibilanti come un serpente), offrendo una interpretazione di riferimento.
Camilla Nylund non le era da meno sotto il profilo espressivo, ma rispetto alla Elsa interpretata a Colonia qualche lustro fa si sente che il tempo è passato e, anche se conserva un timbro relativamente fresco, in alcuni momenti suona un po’ troppo maturo e metallico per la fragile protagonista. Tomasz Konieczny ha una voce sempre di tutto rispetto, ma oggi tende a sporcare le emissioni, sebbene per Telramund sia un limite di poco conto: molto peggio la punizione di lasciarlo in mutande come segno di disonore dalla fine dell’atto primo fino alla morte nel terzo (nonostante un paio di gambe in ottima forma).
Molto interessate il re del giovane basso Tareq Nazmi, sonoro e magniloquente quanto deve esserlo un sovrano che ha sempre in bocca il “Deutsche Reich” (anche nel Brabante); qualche attacco brusco in acuto verrà risolto in futuro. Efficace, in particolare nell’atto primo, Clemens Unterreiner nei panni dell’Araldo e molto corretti i quattro cavalieri seguaci di Telramund e le quattro nobili donzelle di Brabante.
Tutto esaurito e ovazioni assordanti per Wellber e tutti gli artisti a fine spettacolo, con punte trionfali per Beczala e Stemme. Difficile superare questo ricordo, ma ancor più quello di Dresda di cui sopra, grazie anche alla bacchetta di Christian Thielemann.

Vienna, 20 aprile 2023

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