Chiudi

Verona, Arena Opera Festival 2023 – Aida (con Pirozzi, Kunde, Tézier)

Condivisioni

Vivo successo per la replica del 23 agosto dell’Aida inaugurale della centesima stagione dell’Arena di Verona. Lo spettacolo avveniristico firmato da Stefano Poda piace al pubblico internazionale che frequenta l’anfiteatro veronese (qui la recensione dell’allestimento). Sul podio, Daniel Oren offre una lettura incisiva del capolavoro verdiano, riuscendo anche nell’impresa di valorizzarne la finezza di scrittura (davvero difficile per uno spazio aperto): se dunque i momenti trionfali e corali sono sbalzati con vigore espressivo, le pagine più intime vibrano di un poetico respiro notturno (si veda l’incipit del bellissimo terzo atto). Come sempre nel caso del direttore israeliano, particolare attenzione è data alle ragioni del canto, a beneficio di una compagnia importante (come lo sono praticamente tutte quelle che si avvicendano nel cartellone areniano).

Anna Pirozzi è una Aida forte e vigorosa, grazie a una voce importante, ben proiettata, davvero “areniana” per ampiezza e spessore. L’accento è sempre adeguato, ciò che manca sono i filati e i pianissimi a cui ci aveva abituati e che il soprano napoletano non esegue, accusando talvolta alcune durezze in acuto. Al suo fianco, il settantenne Gregory Kunde inizia con difficoltà: in “Celeste Aida” i fiati sono corti, la linea non fermissima, l’acuto conclusivo – pur se in morendo – non squilla. Poi, nel corso della recita, il tenore americano si riprende e trova un accento vario e partecipe, sia quando canta il guerriero, sia quando sussurra l’innamorato; anche gli acuti guadagnano perentorietà e suono, sino a una eccellente scena finale. Ottima l’Amneris di Clémentine Margaine: voce ampia anche la sua, di bel colore, omogenea in tutti i registri, con acuti facili e gravi corposi. Ma ciò che ha più convito del mezzosoprano francese è l’accento: insinuante nel primo atto, altero nel secondo, regalmente disperato nell’ultimo. Davvero un’interprete da ricordare per quello che è indubbiamente il personaggio chiave dell’opera. Ludovic Tézier è un Amonasro di lusso per bellezza di voce, ampia e morbida, e intelligenza di interpretazione, così come si sono disimpegnati con onore l’austero Re di Romano Dal Zovo (una sorta di genius loci per l’Arena), l’altero Ramfis di Rafal Siwek, Riccardo Rados (un messaggero) e Yao Bohui (una sacerdotessa). Molto bene, al netto di qualche fisiologico squilibrio, ha fatto il coro, istruito da Roberto Gabbiani.

Verona, 23 agosto 2023

image_print
Connessi all'Opera - Tutti i diritti riservati / Sullo sfondo: National Centre for the Performing Arts, Pechino