Azione teatrale in tre atti su libretto di Ranieri de’ Calzabigi, Orfeo ed Euridice di Christoph Willibald Gluck mancava dal Teatro La Fenice da circa trent’anni. Il soggetto, già immortalato tra gli altri da Virgilio e ampiamente utilizzato fin dagli inizi del melodramma – si pensi a Peri o Monteverdi –, diviene fondamentale anche per la riforma del teatro musicale voluta da Calzabigi e Gluck per reagire agli eccessi del virtuosismo galante e rococò dell’opera settecentesca.
Orfeo ed Euridice andò in scena per la prima volta al Burgtheater di Vienna il 5 ottobre 1762, con le coreografie di Gasparo Angiolini e con il castrato Gaetano Guadagni quale protagonista. Tra cori e danze, si celebra il mito di Orfeo, il cantore che placa con il suono della lira le furie infernali che gli consentono di recuperare la scomparsa Euridice. Anche se Orfeo non rispetta l’ordine di Amore di non voltarsi prima dell’uscita dall’Ade, non la perderà per sempre. Il lieto fine di un’opera scritta per celebrare l’onomastico dell’imperatore d’Austria Francesco I è doveroso e il coro, con cui si conclude l’azione teatrale, non può che esaltare l’amore e l’impero della beltà. L’introduzione strumentale, quella che Gluck chiama Overtura, è gioiosa e brillante, così come nella stessa luminosa tonalità di do maggiore è il celeberrimo lamento di Orfeo “Che farò senza Euridice”, che sfoga un raccolto e contenuto dolore. La scrittura orchestrale di classica severità è sempre strettamente unita alla parola che rafforza con misurata passione.
Pier Luigi Pizzi affronta per la prima volta come regista l’opera di Gluck. In realtà, conosceva già Orfeo ed Euridice perché nel 1976, al Maggio Musicale Fiorentino, con Riccardo Muti e Luca Ronconi, era stato lo scenografo di uno spettacolo che aveva fatto epoca. Ora, nel nuovo allestimento ideato per la Fenice, di cui cura anche scene e costumi, fa tesoro della sua lunga esperienza (da settant’anni è ospite dei più importanti teatri e festival internazionali), non rinunciando alla ricerca di eleganza, raffinato gusto estetico e riferimenti classici, senza eccessi e mettendo al centro del racconto la musica. Naturalmente, il soggetto stesso, l’essenzialità della partitura e del libretto sono fondamentali per questa lettura matura e consapevole di una storia senza tempo. Per il viaggio iniziatico di Orfeo, Pizzi (con le accurate luci di Massimo Gasparon e i movimenti coreografici di Marco Berriel) crea spazi e luoghi ideali: il mitico cantore piange la sposa in un cimitero di cipressi che ha tutto il fascino simbolista di un quadro di Böcklin. Anche l’Ade pagano è efficacemente risolto con una proiezione di fiamme ostili che lasciano poi lo spazio alla luce dei Campi Elisi. Il ritorno sulla terra e la festa finale si svolgono davanti a un teatro che non può essere che la Fenice, la cui facciata conquista gradualmente la scena.
Sul palcoscenico domina la musica e i balli non trovano spazio in questo spettacolo. Gli amici più cari di Orfeo, infatti, sono musicisti che gli stanno amorevolmente accanto, lo confortano, lo aiutano e infine lo festeggiano. Un piccolo complesso strumentale (con archi barocchi e un’arpa senza pedali) suona dunque in scena, interagendo con quanto accade, creando gli effetti d’eco con l’orchestra in buca e contribuendo al gioco di colori e dinamiche che Ottavio Dantone, direttore musicale al cembalo, rende con consapevolezza stilistica, continuità narrativa e con qualche incalzante accelerazione ritmica.
Le tre voci soliste, affini come colore, sono nell’insieme equilibrate. Cecilia Molinari ha un timbro chiaro e il suo Orfeo è alquanto controllato e parco d’ombreggiature. L’accorato compianto “Che farò senza Euridice” (Andante espressivo), scorre senza indugi patetici. Mary Bevan (Euridice), pur con qualche screziatura timbrica, dà al suo personaggio un pertinente peso drammatico. La sua aria “Che fiero momento” è l’unica che, strutturata col da capo, guarda nostalgicamente al passato. Con la sua vocalità trasparente e luminosa, Silvia Frigato è del tutto a suo agio nella parte di Amore. Appropriati e puntuali, infine, gli interventi del coro, preparato da Alfonso Caiani. Caloroso il successo di pubblico per tutti.
Teatro La Fenice – Stagione 2022/23
ORFEO ED EURIDICE
Azione teatrale per musica in tre atti
Libretto di Ranieri de’ Calzabigi
Musica di Christoph Willibald Gluck
Orfeo Cecilia Molinari
Euridice Mary Bevan
Amore Silvia Frigato
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
Direttore e maestro al cembalo Ottavio Dantone
Maestro del coro Alfonso Caiani
Regia, scene e costumi Pier Luigi Pizzi
Light designer Massimo Gasparon
Assistente alla regia e movimenti coreografici Marco
Berriel
Musici mimi Asolo Musica
Venezia, 28 aprile 2023