Torino, Teatro Regio – Messa da Requiem di Verdi

Giuseppe Verdi si definì ateo, ma nel suo teatro musicale il senso religioso assume connotazioni vagamente manzoniane e consolatorie. Fede, dunque, come oasi di pace dinanzi all’inevitabile consapevolezza dei mali del mondo e all’incomunicabilità nei rapporti umani, o ancora come approdo inarrivabile perché condizionato da meccanismi dei quali si fa carico; una Fede che parte dall’uomo, prima ancora che dal dialogo stesso con Dio, e ne condiziona il desiderio di spiritualità, ora colorandolo di distesa serenità, ora di conflittualità col potere che essa rappresenta, sempre con piena consapevolezza di un’esigenza del sacro sentita, ma mai appagata.

Verdi, come pochi compositori d’opera dell’Ottocento, parla appunto di religione nell’inquieta ricerca del senso religioso e, soprattutto, parla di Fede, non tanto come legame col trascendente, ma come sostegno di cuori affaticati da conflitti che spesso caratterizzano rapporti umani terreni complicati e irrisolvibili. Riguardo poi al tema della morte e al desiderio di onorare la memoria di Alessandro Manzoni che Verdi stimava e che, al suo opposto, fu un campione di fiducia nella provvidenza e di religiosità profonda e sincera, il compositore di Busseto compone un Requiem che pone l’uomo dinanzi all’evidenza della morte con sconcertante turbamento: è appunto l’uomo laico che, interrogandosi sulla fatale incertezza di ciò che avverrà dopo la fine dell’esistenza terrena, risponde con disorientata e agghiacciata angoscia all’idea di cosa lo aspetti, rimanendone impietrito.

Al Teatro Regio di Torino, dove la Messa da Requiem di Verdi ha aperto il pomeriggio dell’8 gennaio la stagione dei Concerti (con replica la sera del 9 gennaio), la bacchetta di Andrea Battistoni ha costituito, con un equilibrio di intenti espressivi meditato e attento, il vero asso nella manica di un’esecuzione che per di più ha confermato lo stato di salute di un’Orchestra davvero in ottima forma e di un Coro, istruito da Andrea Secchi, che nel Dies irae, ma anche nelle pagine a cappella e nel fugato del Sanctus ha messo in luce qualità davvero degne di nota.
Dal canto suo, la concertazione di Battistoni segue un percorso che a sonorità apocalittiche asciutte e scarnificate, o ai sussurri quasi silenziosi e atterriti in faccia allo specchio della morte, preferisce un percorso musicale attraversato da un senso di teatrale caratterizzazione emotiva, che sa farsi imponente in un Dies irae tempestoso e solenne ma mai compiaciuto, come se fosse condizionato dal senso di profonda emotività che blandisce anche le pagine più liriche donandole sofferta interiorità, dove il suono si fa caldo ma non tocca le corde della commozione solo perché alla bacchetta di Battistoni interessa anteporre a tutto l’idea di una morte raccontata con evidenza quasi scenica, narrata come fosse fotografata in immagini sonore cariche di spiccata evidenza espressiva. I suoni si plasmano con varietà di immediata comunicativa, senza inutili estetismi ma con una concretezza che dona alla sua esecuzione compattezza concreta ed emozionalità diretta e schietta.

I solisti rispondono abbastanza bene, seppure con squilibri nella resa vocale. Fra tutti, il soprano Angela Meade è quella che possiede la voce più giusta, almeno in senso verdiano. Alcune note filate sono autentiche perle; rare però, perché alternate a emissioni dove il vibrato le snatura la bellezza del timbro. Nel Libera me, poi, attacca con incertezza e riprende per il rotto della cuffia la nota filata; sarà anche un incidente, ma rivela come al suo canto manchi quell’equilibrio che invece possiede, nonostante qualche nota acuta un po’ secca, la voce decisamente meno verdiana di Silvia Beltrami, che in Liber scriptus, nell’incipit del Lacrymosa e nel Lux aeterna si impone per la bella linea di canto. Anche il tenore Enea Scala possiede senso dello stile, anche se la voce, sia nell’Ingemisco e ancor più nell’Hostias, manca di sospensione mistica; i suoni vengono all’occorrenza raccolti ad arte ma senza ammorbidirsi realmente, così che la saggezza delle intenzioni espressive finisce per prevalere sulla resa vocale, anche per la contenuta attrattiva timbrica. Indubbia e al pari interessante è comunque l’evoluzione che questo tenore ha subito nelle ultime stagioni, affrontando un repertorio più lirico sempre risolto con risultati evidenti pure in questa prova torinese. Anello debole fra i solisti è il basso Gianluca Buratto. Inizia abbastanza bene, ma la voce non corre nel Confutatis e nel Lux aeterna incorre purtroppo in alcuni sbandamenti d’intonazione quando tenta di smorzare i suoni perdendo per strada un corretto uso dell’emissione.
Al termine dell’esecuzione applausi festosissimi per tutti, ma soprattutto entusiasmo alle stelle per Orchestra, Coro e per una direzione che conferma in Battistoni, e nella sua ormai acquisita maturità, bacchetta italiana fra le più in vista del momento. [Rating:3.5/5]

Teatro Regio – Stagione de I Concerti 2023
MESSA DA REQUIEM

Angela Meade, soprano
Silvia Beltrami, mezzosoprano
Enea Scala, tenore
Gianluca Buratto, basso

Orchestra e Coro del Teatro Regio Torino
Direttore Andrea Battistoni
Maestro del coro Andrea Secchi

Torino, 8 gennaio 2023