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Torino, Teatro Regio – La sposa dello zar

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La sposa dello zar (Carskaja nevesta) di Nikolaj Rimskij-Korsakov, in prima esecuzione a Torino in forma di concerto, è stata una delle molte proposte stimolanti della stagione in corso, ancora dovuta al lavoro di Sebastian F. Schwarz e alla lungimiranza del suo breve ma significativo operato alla direzione artistica del Teatro Regio.
Quest’opera ha una importanza specifica nella ricerca di un idioma musicale russo iniziato da Glinka e Dargomyžskij, poi continuato dopo il 1860 da Musorgskij, Borodin e Rimskij-Korsakov. Quest’ultimo, dopo aver lasciato alle spalle una già vasta produzione di opere improntate sui temi fiabeschi derivanti dalla tradizione popolare, poi completatasi con Il gallo d’oro, si avvicinò ad un soggetto che il librettista II’ja Tjumenev aveva tratto dall’omonimo dramma a forti tinte di Lev Mej. Nacque così, nel 1899, La sposa dello zar, una partitura ricca di colori anche se non sempre all’altezza delle sottointese pieghe, ora fortemente realistiche, ora vagamente demoniache, di una trama in cui passione e gelosia, innocente ingenuità e odio sono alla base di una trama e di una partitura a tinte fosche, tesa e drammaticamente pregnante, densa di sinistri presagi.

Si narra della gelosia di Ljubaša, offesa e tradita da Grjaznoj, boiardo al seguito dello zar, che le preferisce la bella Marfa. Marfa, però, rifiuta Grjaznoj perché è fidanzata di Ivan Lykov, del quale ha atteso pazientemente il ritorno da una missione in Europa, anche se deve rinunciare a lui appena apprende di essere stata scelta, fra dodici pretendenti, come futura sposa dello zar Ivan il Terribile. Grjaznoj fa preparare una pozione d’amore da fare bere a Marfa; Ljubaša, a sua volta, per vendicarsi, si concede allo stesso medico alchimista Bomelij pur di ottenere da lui un filtro di diversa natura: velenoso e in grado di rovinare la bellezza e la giovinezza della rivale. Marfa, ormai alla corte della Zar, comincia prima delle nozze a dare sintomi di squilibrio e Grjaznoj incolpa Ivan Lykov di aver avvelenato Marfa. Sotto tortura il poverino confessa una colpa che non ha e viene per questo giustiziato per mano dello stesso Grjaznoj. Marfa, intanto, manifesta segni di vera follia. Il colpo di scena avviene alla fine. Ljubaša confessa di essere stata lei ad aver sostituito la pozione d’amore con quella avvelenata che sta portando alla morte Marfa. L’epilogo è tragico. Grjaznoj, in preda all’ira, uccide la sua compagna e viene poi condannato a morte non prima di aver dato l’ultimo saluto a Marfa che, nel delirio, lo scambia per Lykov.

Nella musica, il ben bilanciato equilibrio fra forme aperte e chiuse, previlegia comunque la declamazione. Viene accantonato il colorismo intinto di folclore e dalle pieghe esoticheggianti caratterizzante precedenti e future opere di Rimskij-Korsakov e si entra a porte aperte nel dramma, acceso e rovente di passione che, prima di consumarsi in maniera quasi granguignolesca nel finale, si apre a oasi di distensione lirica nelle atmosfere di un secondo atto dove la bella Marfa esprime la felicità quasi liliale che la caratterizza dinanzi al coronamento del suo sogno d’amore con Lykov, sotto gli occhi compiaciuti del di lei padre. Le trame amorose perverse che si scatenano contro la sua innocenza e la decisione suprema e incontestabile che la vuole sposa allo zar, invece che al suo promesso sposo, sembrano contrastare con la purezza della sua gioia. Lo stato di ipnotica sospensione emotiva in cui precipita per effetto del filtro ingerito la presenta pur sempre come donna innocente, che cede alla follia per effetto forse non solo del veleno ingerito, ma anche perché perseguitata da un destino che la vuole donna bella e contesa, ma destinata fatalmente all’infelicità. Una donna pura come lo sarebbe un’eroina del melodramma ottocentesco italiano, consolata da un padre che, ad apertura del quarto atto, piange l’infelice sorte della propria figlia non sapendo come aiutarla. Ma le macchinazioni di odio e passione sfrenate che la attorniano sono ben più forti della sua liliale fragilità, la schiacciano e la portano a osservare inconsapevole, in una sorta di limbo psichico che preclude alla morte, vendette e gelosia scatenate dalla sua bellezza, fonte stessa di amori da lei non desiderati.

Materia musicale complessa, quella di quest’opera, fra melodismo fatto di cantilene e cori festosi alternati alla scatenante esplosione di pagine declamatorie che talvolta rasentano l’isteria drammatica più accesa, eppure non hanno nulla di aspro e violento. Il dramma serpeggia sempre sotto le pagine in cui la musica esplora i drammi interiori e isola, da un lato, l’innocente nella follia e, dall’altro, i colpevoli nella furia delittuosa, creando così un mix musicale teatralmente avvincente, anche se emozionalmente privo di ogni rischio di deriva verista. La musica lo impedisce perché, come ben sottolinea Elisabetta Fava nelle sue note del programma di sala, “agisce sul tempo della realtà deformandolo secondo la percezione del tempo interiore”, andando oltre i toni aspri e violenti del soggetto per “astrarsi in una pura invenzione sonora”. È singolare come tutto questo si possa cogliere anche non vedendo l’opera sulla scena, ma apprezzandola eseguita in forma di concerto con la proiezione dei soprattitoli che garantiscono piena comprensione della intricata vicenda.

Sul piano musicale, l’Orchestra del Regio e il Coro, quest’ultimo istruito da Andrea Secchi, offrono un rendimento solido e compatto, sollecitati dalla bacchetta di Valentin Uryupin, attenta a non esasperare mai la tensione drammatica di alcune scene, onde evitare che un certo gusto verista prenda il sopravvento sul colorismo e su dinamiche che danno invece, grazie alla sua concertazione, pieno respiro alle scene corali e un tocco di sospeso mistero alle pieghe di questo dramma senza speranza.

La compagnia di canto non si avvale di cantanti vocalmente perfetti sul piano dell’emissione, ma esperti in questo repertorio e così concentrati nel dar rilievo espressivo ai loro personaggi da renderli vivi e palpitanti di anima teatrale. Così è il bravo baritono Elchin Azizov (Grjaznoj), solista del Teatro Bolshoi di Mosca ed esperto interprete di opere russe, al quale la voce si chiude un po’ in acuto ma vanta una concentrazione scenica da vero artistica e una declamazione incisiva e insinuante, fin dal monologo d’apertura, in cui mostra un’eloquenza espressiva trascinante nel ricordo dei suoi trascorsi passati di uomo dalle audaci imprese amorose, ora corroso da una passione che lo tormenta e non gli da tregua rendendogli i tratti del volto quasi demoniaci. Anche il mezzosoprano Ksenia Chubunova (Ljubaša) sfoggia un bel timbro mezzosopranile; se si considera poi che la sua prova è quella di una giovane artista che viene dal Regio Ensemble, la sorpresa è ancora maggiore, constatata la maturità della voce e dell’interprete, già un dato di fatto. Splendido il basso Gennady Bezzunbenkov, che nei panni di Sobakin, padre di Marfa, regala nell’aria che apre l’ultimo atto un momento davvero memorabile, di levatura artistica superiore, non a caso applauditissimo dal pubblico. Il soprano Nadine Koutcher non sempre sfoggia una emissione immacolata, ma è una Marfa che ha carisma e colora la malinconia con le tinte espressive dell’autentica anima russa, donando al suo lirismo una patina tutta particolare, intima e afflitta. Voce tenorile sonora ma tecnicamente assai disordinata è invece quella di Sergey Radchenko (Lykov), che fatica assai nel cavarsi d’impaccio dalla sua aria del terzo atto. Bravissimi tutti gli altri, a partire dal tenore Thomas Cilluffo, perfetto nel vestire i panni di Bomelij, il medico alchimista che offre le due diverse pozioni che determinano il succedersi dei fatti, fino a Giorgi Chelidze (Skuratov), Irina Bogdanova (Domna/Saburova/Petrovna) e Veta Pilipenko (Dunjaša/Cameriera/ Fuochista).
Al termine dell’esecuzione successo festosissimo. L’opera, quindi, funziona anche in forma di concerto quando eseguita così bene.

Teatro Regio – Stagione 2023
LA SPOSA DELLO ZAR
(Carskaja nevesta)
Opera in quattro atti
Libretto di Il’ja Tjumenev
Musica di Nikolaj Rimskij-Korsakov

Marfa Nadine Koutcher
Sobakin Gennady Bezzubenkov
Grjaznoj Elchin Azizov
Skuratov Giorgi Chelidze
Lykov Sergey Radchenko
Ljubaša Ksenia Chubunova*
Bomelij Thomas Cilluffo*
Domna/Saburova/Petrovna Irina Bogdanova*
Dunjaša/Cameriera/ Fuochista Veta Pilipenko
*Artisti del Regio Ensemble

Orchestra e Coro del Teatro Regio Torino
Direttore Valentin Uryupin
Direttore del Coro Andrea Secchi

Esecuzione in forma di concerto
Prima esecuzione a Torino
Torino, 28 aprile 2023

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