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Torino, Teatro Regio – La bohème

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La stagione del Teatro Regio di Torino, dopo l’exploit inaugurale de La Juive, inizia il suo omaggio a Giacomo Puccini, che prevede nel 2024, anno del centenario della sua morte, ben tre titoli i cartellone (La fanciulla del West, Le villi e Il Trittico), preceduti in questi giorni, a inizio di stagione, da La bohème e dall’atteso nuovo allestimento de La rondine il prossimo novembre.
Per La bohème, della quale la prima del 21 ottobre è saltata per sciopero ma sono riprese le repliche che si protrarranno con ritmo incalzante e con un doppio cast fino a fine mese, il Regio gioca in casa: non solo perché mette in scena un titolo che ebbe la sua prima assoluta a Torino, ma anche perché lo si ripropone nell’allestimento, ormai storico, che il Regio creò nel febbraio 1996, in occasione del centenario della creazione dell’opera.

Lo spettacolo, allora visto in diretta televisiva e spesso ritrasmesso dalla Rai, ebbe un cast stellare, con protagonisti non più freschissimi d’età nei divi Mirella Freni e Luciano Pavarotti. Il Regio riprese questo allestimento in più occasioni, prima ad apertura di stagione nell’ottobre 2004, con gli allora non meno straordinari Angela Gheorghiu e Roberto Alagna diretti dalla bacchetta di Evelino Pidò, poi ancora nel maggio 2010, questa volta con Barbara Frittoli e Marcelo Álvarez e Gianandrea Noseda sul podio.
A firmarne la regia, oggi ripresa con la consueta perizia da Vittorio Borrelli (regista oltre che per tanti anni indimenticato direttore di palcoscenico del Regio), fu Giuseppe Patroni Griffi, con scene e costumi di Aldo Terlizzi Patroni Griffi. La sua fu e appare ancora oggi una Bohème di plumbeo e freddo grigiore, ambientata nella Parigi della Rivoluzione industriale, anche se perfettamente in linea con quello che il pubblico sempre si aspetta di vedere in quest’opera. Perché Puccini, a differenza di quando fa Henri Murger, al quale racconto l’opera come è noto si ispira, mette in scena la superficiale incoscienza dei bohémiens, che alle avversità della vita rispondono con una joie de vivre che dovrebbe incutere allegria per poi comprendere, per contrasto, come gli ideali della giovinezza debbano necessariamente cozzare con la realtà per spegnersi nella malinconia dei ricordi; quindi punta sui sentimenti, sulla poesia degli amori destinati a sfiorire nel tempo. Il sentimentalismo intimo e pieno di colori, ma soprattutto intinto a piene mani di nostalgia – oggi spesso mortificata da allestimenti che sembrano “incattivire” tale valenza drammaturgica – viene ingrigito da uno spettacolo che, forse, per evitare una retorica figurativa che faccia sembrare l’opera una fiaba della disillusione più che un racconto drammatico e realistico, ne riduce all’osso la facile emotività ma non fa nulla perché la regia operi in tal senso affidandosi, all’opposto, a una convenzionalità che la riporta al prevedibile.

Quindi, in sostanza, cosa avviene in questa pur puntuale ripresa torinese di Bohème? Avviene che, dal podio dell’Orchestra del Regio e di un Coro irreprensibili come sempre, Andrea Battistoni badi alla concretezza di una direzione che si abbandona poco alle effusioni sentimentali, agli slarghi di tempi e colori capaci di coglierne la poesia, ma persegua un discorso drammatico che talvolta eccede in sonorità, tanto da creare qua e là problemi a una compagnia di canto di tutto rispetto, ma senza personalità vocali e sceniche in grado di costruire personaggi autenticamente vivi e palpitanti.

Nulla di veramente grave se si considera che Erika Grimaldi e Liparit Avetisyan formano comunque, nei rispettivi panni di Mimì e Rodolfo, una bella coppia di protagonisti. La prima sfoggia una voce luminosa di soprano lirico, vocalmente omogenea su tutta la gamma e capace di sfogare i suoni in acuto con sicurezza, mantenendoli solidi e sicuri. Non le manca nulla in termini di fraseggio e belle intenzioni espressive, se non che l’intimismo del primo atto è più voluto che sentito, mentre al dramma del terzo quadro come a certe frasi del finale quarto, vedasi “Sono andati”, sfugge quell’involo sentimentale autenticamente emozionale ed emotivo che non giunge allo spettatore, al di là dell’ottima prova vocale.
Il giovane e promettente tenore armeno, di già importante carriera internazionale e ultimamente di casa al Covent Garden di Londra, ha un bel timbro di tenore lirico e fraseggia anche piuttosto bene in un “Che gelida manina” dove, se non fosse per acuti ancora un po’ appannati nella giusta proiezione del suono, mostra da subito meriti affinabili con un maggior controllo dell’emissione e del vibrato.

Nel quartetto dei giovani artisti bohémiens, oltre al citato Avetisyan, si impone il Colline di Riccardo Fassi, che regala un “Vecchia zimarra” intonato con accenti morbidi e sfumati, al quale si affiancano l’ottimo Schaunard di Manel Esteve e il Marcello di Andrey Zhilikhovsky, che a Torino, due anni fa, aveva lasciato un migliore ricordo di sé come Figaro nel Barbiere di Siviglia di Rossini. Qui si riconferma voce baritonale timbrata e di bel timbro, ma affonda talvolta un po’ i suoni rendendoli qua e là velati. Federica Guida è una Musetta di gran lusso, forse il miglior elemento del cast, segnalandosi per la freschezza del timbro vocale quando intona “Quando m’en vo”; non è mai scontatamente soubrettistica, bensì carica la sua malia seduttiva colorandola di umana commozione nell’ultimo quadro dell’opera, ben individuando la bontà d’animo oltre che l’innata frivolezza e volubilità del personaggio. Completano il cast Nicolò Ceriani, Benoît assai ben caratterizzato oltre che Alcindoro, Luigi Della Monica (Parpignol), Franco Rizzo (Sergente dei doganieri) e Riccardo Mattiotto (Un doganiere).
Alla fine applausi per tutti, per una recita di buona routine.

Teatro Regio Torino – Stagione lirica 2023/24
LA BOHÈME
Opera in quattro quadri
Libretto di Giuseppe Giacosa Luigi Illica
dal romanzo Scènes de la vie de Bohème di Henri Murger
Musica di Giacomo Puccini

Mimì Erika Grimaldi
Rodolfo Liparit Avetisyan
Musetta Federica Guida
Marcello Andrey Zhilikhovsky
Schaunard Manel Esteve
Colline Riccardo Fassi
Benoît /Alcindoro Nicolò Ceriani
Parpignol Luigi Della Monica
Sergente dei doganieri Franco Rizzo
Un doganiere Riccardo Mattiotto

Orchestra Teatro Regio Torino
Coro e Coro di Voci Bianche Teatro Regio Torino
Direttore Andrea Battistoni
Maestro del coro Ulisse Trabacchin
Maestro del coro di voci bianche Claudio Fenoglio
Regia Giuseppe Patroni Griffi
Ripresa della regia Vittorio Borrelli
Scene e costumi Aldo Terlizzi Patroni Griffi
Luci Andrea Anfossi
Direttore dell’allestimento Antonio Stallone

Torino, 25 ottobre 2023

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