Chiudi

Rovigo, Teatro Sociale – Il barbiere di Siviglia

Condivisioni

Tripudio di applausi per la nuova produzione de Il barbiere di Siviglia proposta dal Teatro Sociale di Rovigo (il 21 e 23 aprile è prevista la ripresa al Teatro Alighieri di Ravenna). Esito tutt’altro che scontato: si tratta di una versione attualizzata del capolavoro di Rossini e il pubblico rodigino, a quanto pare, ha fama di prediligere gli spettacoli di tradizione. Ma l’allestimento realizzato da Luigi De Angelis (della compagnia Fanny & Alexander), non solo ha la capacità di conquistare gli spettatori con il suo ritmo teatrale vivace e divertente, ma dimostra di nascere da un progetto ben pensato e approfondito nella drammaturgia: non si limita insomma alla semplice trasposizione temporale.

Al regista, che firma anche le scene e il disegno luci (i costumi sono di Chiara Lagani), non interessano del Barbiere né la critica a una società corrotta e decaduta che cede allo spirito rivoluzionario di una nuova epoca (come nell’originale soggetto di Beaumarchais), né l’individuazione di risvolti psicologici o moralistici. Rossini, del resto, tende al “comico assoluto” e, sul tronco del passato, crea una drammaturgia astratta, per quanto coinvolgente. E che punti all’astrazione lo si nota, per esempio, nell’esaltazione dell’assurdo attraverso i meccanismi ripetitivi delle locuzioni verbali. Creando un vero e proprio labirinto di emozioni, interessi, passioni, Rossini persegue il gioco fino alla sua rottura, piuttosto che la riflessione etica.

Nell’ottica di De Angelis, la contrapposizione fra mondo antico e mondo moderno si concentra soprattutto sul conflitto generazionale tra giovani e adulti. La cornice scenografica in cui viene calata la vicenda è improntata a un gusto estetico che rimanda alle architetture di Le Corbusier e alle sue unità abitative con ampie vetrate, dove spazio privato e spazio sociale si intrecciano e confondono. La scena è dominata da quattro ambienti su due livelli: al piano terra, il negozio, anzi, il Barber Shop di Figaro, e il salotto di Don Bartolo; in alto, la camera di Rosina confinante con l’abitazione di una rock band. Rosina è in pratica una ragazza dei nostri giorni, tenuta in castigo e costretta all’isolamento: mentre gli altri suonano e si divertono, lei non ha nemmeno l’accesso ai social.
De Angelis, inoltre, si rifà esplicitamente a Play Time, il capolavoro cinematografico di Jacques Tati, geniale satira della globalizzazione, del gesto ripetitivo, di una società asettica e meccanizzata. Così, davanti alla residenza brulica una umanità variamente affaccendata: studenti, anziani a passeggio, rider, spazzini, senzatetto, suore, corridori. Le controscene, affidate a un gruppo di giovani caratteristi, movimentano lo spettacolo toccando con discrezione e garbo anche temi di attualità: la violenza sui più deboli, la disabilità, l’ecologia. Forse c’è troppa carne al fuoco e, pur essendo tutte pertinenti e ben realizzate, le gag finiscono qua e là per risultare distraenti rispetto al canto o all’azione principale. Ma è solo un piccolo neo in uno spettacolo riuscito, accattivante e ben sintonizzato con il ritmo, la drammaturgia astratta e la comicità “assoluta” e surreale del capolavoro rossiniano.

Al suo debutto italiano, Giulio Cilona, Kapellmeister alla Staatsoper Hannover e, a partire dalla stagione 2023/24, alla Deutsche Oper di Berlino, offre una lettura scrupolosa della partitura. Evita ogni contaminazione con gli eccessi della tradizione post romantica e verista, ma non cede nemmeno alla moda del Rossini barocchizzato o magari iper-veloce. L’iperbole ritmica viene attenuata, senza per questo rinunciare alla vivacità scattante e al ritmo teatrale; il cantabile risulta disteso e ben assecondato, le simmetrie rossiniane sono rese con nitidezza. Si intuisce una concertazione accurata, che riesce a ricavare il meglio dall’Orchestra Regionale Filarmonia Veneta. Impegnato anche al fortepiano, Cilona contribuisce inoltre a rendere vari ed espressivi i recitativi degli interpreti. Ne esce un Rossini che coglie con spontaneità e misura il passaggio del Barbiere dal Settecento all’effervescenza del nuovo secolo, con fraseggi incisivi, attenzione ai dettagli timbrici, taglio comico ben calibrato e non privo di eleganti aperture liriche.

Ben assemblato il cast. Alessandro Luongo si conferma un Figaro eccellente e giovanile. Sa essere brillante e vario nell’accento, senza indulgere a vezzi e sguaiataggini vecchio stile, esibendo una linea di canto corposa e fluida, a suo agio anche nei passaggi di coloratura richiesti. Sugli scudi pure la prova di Omar Montanari, un Don Bartolo magistrale, capace di sviscerare la parola buffa rossiniana e di sfoggiare al contempo un controllo vocale ed espressivo tale da consentirgli di restituire un personaggio a tutto tondo, irresistibile anche nei veloci sillabati dell’aria “A un dottor della mia sorte”.
Bravo Matteo Roma, un Almaviva di timbro piacevole, in regola con lo stile, sicuro nel registro acuto, capace di modellare le frasi con eleganza nei cantabili. Rispetto alla Cambiale di matrimonio dello scorso anno a Verona, le agilità risultano a tratti meno mordenti, ma siamo pur sempre di fronte a uno dei più interessanti tenori della sua generazione. Ancora sul fronte maschile, il Basilio di Adolfo Corrado si segnala per la voce timbratissima e di volume cospicuo, qui piegata a una calibrata caratterizzazione del ruolo di Basilio. Ottima l’esecuzione dell’aria della “Calunnia”, di cui il giovane basso affronta con duttilità il trascinante crescendo.
L’altrettanto giovane Mara Gaudenzi centra bene il personaggio di Rosina, specie in riferimento alla caratterizzazione voluta dalla regia: ha inoltre il senso dello stile rossiniano, esibisce un timbro piacevole e agilità ben sgranate. Non manca qualche acerbità, ma si tratta chiaramente di una cantante e di una interprete ancora in evoluzione.
Nei panni di Berta trionfa letteralmente Giovanna Donadini, veterana del ruolo. Sembra lei la primadonna della serata. La regia la vuole quasi sempre in scena e le riserva innumerevoli gag che, da caratterista istrionica qual è, Donadini interpreta da par suo. Una Berta da Oscar. Apprezzabili i contributi di Francesco Toso, Fiorello, e Riccardo Ambrosi, Ambrogio. Efficaci gli interventi del Coro Lirico Veneto preparato da Flavia Bernardi.
Successo alle stelle.

Teatro Sociale – Stagione 2022/23
IL BARBIERE DI SIVIGLIA
Commedia in due atti di Cesare Sterbini
Musica di Gioachino Rossini

Rosina Mara Gaudenzi
Figaro Alessandro Luongo
Conte di Almaviva Matteo Roma
Bartolo Omar Montanari
Don Basilio Adolfo Corrado
Berta Giovanna Donadini
Fiorello Francesco Toso
Ambrogio Riccardo Ambrosi
Gli abitanti della città: Giada Cerroni, Sofia Clemente,
Maddalena Dal Maso, Francesco Dall’Occo,
Andrea Gennaro, Enrico Zelante

Orchestra Regionale Filarmonia Veneta
Direttore Giulio Cilona
Coro Lirico Veneto diretto da Flavia Bernardi
Progetto Fanny & Alexander
Regia, scene e luci Luigi De Angelis
Costumi Chiara Lagani
Collaborazione alla regia Andrea Argentieri
Assistente alle regia Gabriele Galleggiante Crisafulli
Assistente ai costumi Lucia Sammarco

Nuovo allestimento
Coproduzione Teatro Dante Alighieri di Ravenna,
Teatro G. Verdi di Pisa, Teatro G. Spontini di Jesi,
Teatro del Giglio di Lucca, Teatro Sociale di Rovigo
Rovigo, 2 aprile 2023

 

image_print
Connessi all'Opera - Tutti i diritti riservati / Sullo sfondo: National Centre for the Performing Arts, Pechino