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Roma, Teatro dell’Opera – Rossini & Rossini

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Arguto e spigliato, ironicissimo e un po’ folle nel surrealismo tecnico e acrobatico di una danza astratta, ritmicamente veloce o tesa in sospensioni complesse ma, in ogni caso, serrata fra le salde radici accademiche e la torsione di un formalismo post modern che volge in drammaturgia il corpo attraverso la totalità espressiva di ogni suo pur minimo dettaglio. Testa, busto, gambe e braccia, naturalmente, ma in particolare polsi, anche, piedi nudi e capelli sciolti, sulle punte (prima parte dello spettacolo) o nella libertà delle piante scalze (seconda metà). Il tutto a partire dall’universo sonoro, iterativo, funambolico e finanche godereccio del più anomalo e antiromantico fra i compositori del primo Ottocento, andandone a sposare il gusto per la capriola funambolica accanto al gioco umanissimo fatto di istinti, sentimenti e sorrisi, di autocitazioni e ricordi fra il serio e il faceto nella verità dei caratteri come nella gestualità in maschera da commedia dell’arte.

È quanto in scintillante soluzione caleidoscopica salta fuori e a meraviglia da Rossini & Rossini, silloge coreutica in tredici tasselli creata su misura per il Teatro dell’Opera di Roma e per il relativo Corpo di Ballo da un fiore all’occhiello della coreografia italiana, il romano Mauro Bigonzetti, tornato dopo oltre un decennio nel luogo della sua formazione artistica e del suo debutto in qualità di ballerino per poi spiccare il salto internazionale alla direzione dell’Aterballetto vantando una cifra coreografica originale e fra le più interessanti della propria generazione entro il solco dei numi Milloss, Ailey, Forsythe e Tetley.

Al centro della genesi e nel fuoco multiprospettico del balletto in scena c’è innanzitutto la personale passione del coreografo per il compositore pesarese nata quando, da allievo adolescente negli scorsi anni Settanta, esordì su quelle stesse assi romane come comparsa nella Gazza ladra. Passione presente in più fasi lungo il suo notevolissimo cammino coreografico ma qui trasformata in dimensione ancor più concreta e lampante a ogni passo e battuta, ben oltre la musica teatrale o da salotto in raffinata selezione e grazie al Cielo dal vivo (dalle Ouvertures a cornice, tratte dalla Cenerentola e dalla Gazza ladra, alle Soirées Musicales nella reinvenzione in Suite di Benjamin Britten, la Canzone del salice dall’Otello, il sestetto “Questo è un nodo avviluppato” dalla Cenerentola, i numeri 2, 5 e 10 dai Péches de vieillesse, l’Andante e Allegro dalla Sonata da camera in La maggiore), con tanto di Orchestra della Fondazione efficacemente diretta da Fayçal Karoui al suo debutto al Costanzi, più i giovani cantanti di “Fabbrica” Young Artist Program. Citando tra l’altro a sua volta, e con sagacia, la tecnica ampiamente rossiniana dell’auto-imprestito, ossia risagomando con l’assistenza della brava Béatrice Mille il suo Rossini Cards del 2004.

Di Giochino Rossini insomma, a dispetto di tanti registi che non riescono neppure da lontano a coglierne il genio finendo per tradirne il segno, c’è tanto e praticamente tutto in termini di stile e pensiero, lessico, gusto e spirito leggiadro fra i numeri a staffetta entro le pareti in video di Carlo Cerri (autore anche di scene e luci) con OOOPStudio pronte a riprodurre, come una lanterna magica, le schegge colorate o gli esterni balaustrati di quel mondo teatrale eterogeneo e ancora d’invenzione. C’è la ragione e c’è lo scherzo, la scrittura canora di bravura trasformata in spigoli e diagonali di abilità circense fra contrazioni, movimenti e abbandoni, in prese difficili o in salti spericolati, c’è lo scatto ritmico incandescente ma anche lo sguardo lucido su sentimenti e relazioni, il legame profondo con le convenzioni da sorbetto e da toiletta nell’ormai superato catalogo del Settecento, la sua nota arte culinaria declamata in ricetta fuori sipario. Ed è così che gli assieme si trasformano in viva immagine dei pentagrammi in crescendo o in contrappunto (spettacolare il finale a doppia fila e a salti alterni dell’intera formazione con basco e completo scuro alla francese in probabile omaggio all’ultima residenza scelta da Rossini se non allo stile del Roland Petit di Duke Ellington), che i pas de deux diventano veri e propri duetti drammatizzati come nello scultoreo ed eroticamente ipnotico numero su “Ouf! Les petits pois” affidato all’étoile Rebecca Bianchi e al primo ballerino Michele Satriano o nel Duo inoffensivo al femminile dai mille significati emozionali (sul Prélude inoffensif dai “Peccati” rossiniani), a sua volta jolly di straordinaria intensità estratto dalle Cards e ricucito ad arte per la coppia formata dalle bravissime Federica Maine e Arianna Tiberi. Si premiano inoltre l’invenzione geometrica dell’insieme femminile d’apertura con gli ingegnosi tutù luminosi in stile lampade Tiffany realizzati con gli altri costumi da Anna Biagiotti, l’idea del gran banchetto meccanizzato fra tic e iterazioni rossiniane “doc”, a suon del sestetto dalla “Cenerentola” intonato con precisione assoluta e staccata dai talenti della “Fabbrica” della Fondazione (i soprani Valentina Gargano e Mariam Suleiman, il tenore Nicola Straniero, l’ottimo mezzosoprano Ekaterine Buachidze, il baritono Mattia Rossi, il basso Spartak Sharikadze), il poliedrico gioco da tre relazioni in coppia sulle dolenti note del salice con rara intensità cantate dalla Buachidze e danzate con plastica pertinenza dalle stelle Rebecca Bianchi con Michele Satriano, Susanna Salvi con Alessio Rezza, Alessandra Amato con Ottavio Cocino, cui si aggiunge l’ironico assolo di Gloria Malvaso, declinato in passo a tre con Giacomo Castellana e Simone Agrò. Un plauso che si estende d’obbligo all’intera Compagnia di Balletto della Fondazione, splendidamente diretta dall’étoile Eleonora Abbagnato.
Si apprezzano infine l’accompagnamento al pianoforte di Enrica Ruggiero, l’intera squadra degli archi ben guidata dal violinista sancarliano Salvatore Lombardo, in via d’eccezione spalla ospite, il primo fagotto Eliseo Smordoni, l’arpista Roberta Inglese, i timpani (Ignacio Ceballos Martin) e le percussioni.
Lunghi e meritatissimi gli applausi per tutti al termine.

Teatro dell’Opera di Roma – Stagione 2022/23
ROSSINI & ROSSINI
Musiche di Gioachino Rossini e Benjamin Britten

Alessandra Amato
Rebecca Bianchi
Susanna Salvi
Alessio Rezza
Claudio Cocino
Michele Satriano

Coreografia Mauro Bigonzetti
Assistente alla coreografia Béatrice Mille
Scene e luci Carlo Cerri
Costumi Anna Biagiotti
Video Carlo Cerri e OOOPStudio
Direttore Fayçal Karoui

Orchestra, Étoiles, Primi Ballerini, Solisti
e Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera di Roma
con la partecipazione dei cantanti di “Fabbrica” Young Artist Program
del Teatro dell’Opera di Roma

Nuovo allestimento Teatro dell’Opera di Roma
Roma, 29 ottobre 2023

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