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Pisa, Teatro Verdi – Juditha triumphans

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Nonostante nasca come oratorio da far eseguire alle figlie di coro dello Spedale della Pietà di Venezia, Juditha triumphans è ormai entrata stabilmente in repertorio con una storia di produzioni teatrali già abbastanza corposa, anche grazie a una relativa facilità di realizzazione (pochi solisti, compagini contenute nei numeri).

Il Teatro Verdi di Pisa si impegna dunque in una nuova coproduzione con il Teatro Ponchielli di Cremona e affida questo titolo di Antonio Vivaldi alle cure della regista e coreografa Deda Cristina Colonna, la quale sviluppa la sua idea partendo da dati contingenti legati alla prima rappresentazione di questo lavoro. Le cosiddette putte, per cui fu composto l’oratorio militare sacro, eseguivano questa musica in chiesa non viste dall’uditorio ed erano solite indossare una divisa che per le orfanelle della Pietà era di colore rosso. La regista si immagina quindi che queste fanciulle, solitamente sempre nascoste alla vista degli esterni, portino in scena per una volta il lavoro vivaldiano davanti a un pubblico. Ecco dunque le interpreti vestite tutte di foggia settecentesca, in varie tonalità di rosso, esprimersi in una gestualità contenuta e a tratti retorica. Staticità e convenzionalità diventano dunque una scelta, mentre la scena è composta solo da una cortina di tulle che si muove per creare le tende dell’accampamento e una serie di pedane di legno rialzate per far meglio risaltare alcune azioni, quasi un piedistallo per i momenti cruciali della narrazione. Seguendo la vicenda senza stravolgerla, Colonna crea uno spettacolo scorrevole e adatto soprattutto per un pubblico non avvezzo a questo titolo. Concede tuttavia alla protagonista un tormento finale che quasi cozza con la musica pomposa: così Giuditta entra in scena guardandosi le mani sporche di sangue come se il delitto, per quanto giustificato, sarà sempre eccessivo come mezzo di vittoria (idea già sfruttata da Floris Visser nel suo splendido spettacolo di Amsterdam del 2017). Anche se non mancano le cose da rifinire, a partire dalle luci piuttosto convenzionali di Michele Della Mea, lo spettacolo funziona nei suoi intenti.

Carlo Ipata dal canto suo sa creare il colore sonoro adatto a ogni situazione teatrale. Il suono inizialmente secco dell’orchestra Auser Musici si fa via via più pastoso e seducente, con i solisti che brillano nei loro momenti di accompagnamento obbligato delle arie. Il direttore dosa quindi gli impasti timbrici e cerca di sostenere le voci più esili, poco aiutate dalle scenografia aperta, giungendo a un risultato finale convincente per ritmo drammatico e sonorità incisive.

Nei panni della protagonista troviamo Sonia Prina. La tessitura del ruolo ben si adatta alla sua vocalità: lo strumento non incontra problemi né in acuto né negli affondi gravi, e emerge uno studiato gioco di dinamiche di colori usati per sorprendere l’uditorio. La sua Juditha non è ammaliante come quella di altre interpreti del ruolo, ma si staglia come donna guerriera e matronale, che sa abbandonarsi anche alle dolcezze delle arie più liriche, grazie a un fraseggio approfondito.
Francesca Ascioti è un Holofernes dalla voce non dirompente ma ben proiettata, dotata di un timbro ambrato di bella grana e di una buona linea di canto. Il fraseggio risulta curato e le agilità ben sgranate, ma di fronte a una tale assertiva Juditha, il suo combattente risulta interpretativamente un po’ pallido. Miriam Carsana è una Abra che risulta più a fuoco nei recitativi che nelle arie, dove dimostra un fraseggio poco pregnante. Il suo è comunque uno strumento di bella grana e ben dosato, anche se contraddistinto da un timbro non personalissimo.
Shakèd Bar è un Vagaus che lascia il segno soprattutto nell’ultima aria “Armatae face et anguibus”, dove la sua voce puntuta trova sfogo nelle agilità ben sgranate. Meno incisivi appaiono i suoi precedenti interventi, soprattutto per una monotonia di fraseggio e poca varietà di accenti. Federica Moi valorizza perfettamente i pochi interventi del sacerdote Ozias, grazie a una voce scura contraltile che ben si espande nella sala, ma che sa ben prodursi anche in agilità e dinamiche di colore.
Ben si distingue infine il Coro Arché preparato da Marco Bargagna, che distilla i suoi interventi con un buon senso del ritmo e precisione.
Alla recita pomeridiana si riscontra una buona risposta del pubblico che riempie quasi completamente il teatro e si dimostra attento e partecipe. Alla fine dello spettacolo, si registra un grande successo per tutti con punte di entusiasmo per Bar, Prina e Ipata.

Teatro Verdi – Stagione lirica 2022/2023
JUDITHA TRIUMPHANS
Oratorio militare sacro in due parti RV 644
Libretto di Giacomo Cassetti
Federica MoiMusica di Antonio Vivaldi

Juditha Sonia Prina
Abra Miriam Carsana
Holofernes Francesca Ascioti
Vagaus Shakèd Bar
Ozias Federica Moi

Orchestra Auser Musici
Coro Archè
Direttore Carlo Ipata
Maestro del coro Marco Bargagna
Regia Deda Cristina Colonna
Scene e costumi Manuela Gasperoni
Light designer Michele Della Mea

Nuova produzione e allestimento del Teatro di Pisa
Coproduzione Teatro Ponchielli di Cremona
Pisa, 19 marzo 2023

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