Praticamente sparita dal giro operistico, dopo essersi concessa qualche concerto di canzoni di Michel Légrand e una nuova attività come attrice di teatro, la grande Natalie Dessay ha intrapreso una tournée che l’ha portata anche in Italia (a Trento e Roma) e quindi al Théâtre des Champs-Élysées, palcoscenico a cui è molto legata (ricordo un memorabile concerto lirico nel 2005 e la sua Mélisande con Simon Keenlyside nel 2011). È il suo addio al canto classico (lirico e da camera), ma a giudicare da quanto ascoltato – e visto – in questa grande serata, si tratta davvero di uno spreco. Anche se non si esibisce più in opere complete, questo tipo di concerti vede la cantante ancora in forma smagliante.
Sempre elegante e disinvolta, Dessay ha fatto divertire gli spettatori spiegando con simpatia e spontaneità il programma della serata, con la prima parte dedicata a figure di compositrici e la seconda a compositori che hanno cantato l’amore e la donna: l’ironia, e l’intelligenza rimandavano alle sue indimenticabili interpretazioni di Olympia, Eurydice, Marie, Zerbinetta. Non si è percepita nemmeno la stanchezza vocale delle sue ultime apparizioni operistiche sui palcoscenici di prestigiosi teatri (ma quanto manca oggi anche con quella stanchezza…).
Con la complicità al pianoforte di Philippe Cassard (che nella prima parte ha suonato, e molto bene, una romanza di Clara Schumann, mentre il soprano lo seguiva attentamente, e nella seconda ha proposto la celebre Élegie di Massenet), il programma intitolato “Paroles de femmes” è iniziato con tre Lieder di Fanny Mendelssohn (Suleika, Dämmerung senkte sich von oben e Vorwurf) eseguiti molto bene ma ancora senza l’immedesimazione sfoggiata nei brani successivi: quattro di Clara Schumann (o Wieck, se volete) e tre di Alma Mahler (che quando sposò Mahler – ha ricordato Dessay – interruppe l’attività di compositrice). Dirò solo che della prima hanno brillato soprattutto i tre Lieder su testi di Rückert (Liebst du um Schönheit, Warum willst du and’re fragen e Er ist gekommen) e della seconda Bei dir ist es traut su testo di Rilke e In meines Vaters Garten del molto meno noto Hartleben.
Dopo la pausa, e con l’ormai inevitabile cambio di vestito, siamo passati dal tedesco al francese. La chanson perpétuelle di Chausson era forse il brano meno noto della seconda parte e Dessay ha dimostrato perché è un peccato che non lo si ascolti più spesso. Ma con La dame de Montecarlo di Poulenc, conclusa fra l’altro con una messa di voce interminabile, abbiamo avuto una prova in miniatura della grande arte interpretativa dell’artista. E poi, a sorpresa, è arrivata l’opera. Prima la breve canzone della torre di Mélisande, forse proprio a ricordo del concerto magico del 2011, quindi la cantante si è fermata per spiegare al pubblico che il brano seguente, pur non adatto per la sua voce, l’ha sempre amato (anche quando perdeva nei concorsi e un’altra vinceva con questo pezzo) e quindi se lo sarebbe concesso. Devo dire che mi sono spaventato quando ho capito che si trattava di “Pleurez, mes yeux”, la grande aria di Chimène da Le Cid di Massenet, ma aveva ragione lei: l’aria è bella, merita di essere più conosciuta e, soprattutto – con qualche “aggiustamento” – l’ha cantata benissimo. E per finire abbiamo avuto modo di ascoltare l’aria dei gioielli di Marguerite dal Faust di Gounod, ruolo che non ha mai cantato. Forse i trilli erano meno stupefacenti di un tempo, ma che classe, che stile e che tecnica!
Un teatro pieno, anche se non esaurito (ma la sala è grande e di solito per un concerto di questo tipo è molto meno frequentata), le ha tributato un autentico trionfo, e per ringraziare, Dessay ha prestato la voce a un altro grande personaggio mai interpretato sulle scene: la Contessa delle Nozze mozartiane. Risultato: un “Porgi amor” di altissima scuola, anche se forse il timbro non era l’ideale. Ma non date retta a queste piccole osservazioni di critico che deve fare anche lo scorbutico: è stato il grande concerto di una grande, punto e basta.
Parigi, 22 maggio