Teatro Verdi di Padova tutto esaurito per La vedova allegra andata in scena il 29 dicembre scorso e replicata il 31, ultimo appuntamento della Stagione lirica 2022 nella città del Santo a chiudere con l’allegria del capolavoro di Franz Lehár un anno particolarmente complesso. Realizzato in collaborazione con il Comune di Treviso, l’allestimento era stato presentato per la prima volta “a porte chiuse” nel 2021 con la direzione di Alvise Casellati e diffuso online dal Teatro Stabile del Veneto (che coproduce la stagione di Padova) nel periodo della pandemia. La ripresa è però avvenuta con un cast in parte rinnovato, un nuovo direttore e modifiche anche sostanziali della scenografia e regia.
La vedova allegra di Lehár è il titolo più conosciuto e rappresentato in Italia, se non l’unico, della luminosa stagione dell’operetta rappresentata dal duo Lehár e Kálmán. Sfortunatamente, aggiungeremmo, dato che questo genere “minore” è spesso tenuto in secondo piano nei cartelloni italiani, mentre è seguito con passione e trasporto nei Paesi di cultura mitteleuropea.
Decisamente divertente la messa in scena concepita dal regista Paolo Giani Cei, cui si devono anche le scenografie, le coreografie, le luci e i costumi. Un’alta scalinata domina il palcoscenico ai cui lati vengono collocate architetture pittoriche: si nota un vago gusto neoclassico e parnassiano caratterizzato da colonne e pregevoli decorazioni che ricordano le pitture illusionistiche di Andrea Pozzo, ma con dettagli che portano alla memoria il simbolismo di primo Novecento. Ad esempio, nel secondo atto, risulta suggestivo il pannello decorato con eleganti pavoni, un soggetto particolarmente amato dal raffinato simbolismo francese (si pensi alla poesia di Maeterlinck): il drappo viene calato a coprire la tresca adulterina di Valencienne e Camille e fungere da muro per il successivo voyerismo del barone Zeta e di Njegus. Non mancano poi accenni più ironici, come la gigantesca bottiglia di prosecco all’inizio del secondo atto con i camerieri che si scambiano un proporzionato, enorme tappo di sughero e il contrasto netto con la sala di Chez Maxim con tavolini, scritte fosforescenti, etc.
L’ambientazione e i costumi nobiliari e alto-borghesi da Belle Époque sono pienamente rispettati ed eleganti, mentre qualche perplessità lascia la modalità di rappresentazione dell’ispirazione “est-europea”, parte non meno distintiva dell’arte di Lehár: quest’ultima viene risolta in soluzioni coreografiche un po’ generiche, con lunghi teli e danze femminili in cerchio (forse con la blanda intenzione di richiamare qualche khorovod o horă).
Sempre dal punto di vista dell’ambientazione, sembra meno riuscito l’inizio del terzo atto ambientato a Chez Maxim. Il susseguirsi di numeri musicali è organizzato come uno show che richiama un po’ Sanremo: la proprietaria del locale funge da presentatrice e battibecca con una “spalla”, che è un evidentissimo riferimento all’attualità televisiva e, in particolare, a Drusilla Foer. La scelta dell’uso del dialetto veneto poi sposta il tutto verso un localismo che sembra un po’ stonare con la cinica leggerezza di Lehár, allusiva e mediata, elegante nel suo raffinato cosmopolitismo. Nulla toglie che le trovate siano di per sé divertenti e apprezzate dal pubblico e, in definitiva, facciano parte dello spirito stesso dell’operetta, attenta al presente ed evento “mondano” per eccellenza.
Sul piano delle voci, si distinguono Claudia Pavone e Alessandro Safina come protagonisti. Il soprano crea un personaggio brillante, centrato, spigliato nella recitazione e ben cantato: il pubblico ha apprezzato particolarmente la bellissima canzone popolare dedicata a Vilja, richiedendo a gran voce il bis. Nel ruolo di Danilovich, il tenore – nonostante un’annunciata indisposizione – si distingue anch’egli per la recitazione brillante: molto toccante la scena del valzer del primo atto (complice una regia ispirata) e, in generale, ben congeniato il gioco di avvicinamenti e repulsioni che caratterizza i due personaggi.
La seconda coppia di “amorosi” vede Matteo Roma nel ruolo di Camille de Rossillon (chiamato all’ultimo a sostituire un indisposto Marco Ciaponi) e Rosalia Cid Tarrio in quello di Valencienne, efficace nel descrivere un personaggio nevrotico e attento alle convenzioni borghesi, ma pronta a scatenarsi a Chez Maxim e alle suppliche dell’amante. Dal canto suo, efficace il tenore nell’assolo appassionato del secondo atto (“Come di rose un cespo”), cesellato con voce suadente e ben timbrata.
Divertentissimo il Njegus di Max René Cosotti che, tra gag e battute in grado di suscitare il riso del pubblico, nel terzo atto ci delizia anche con un’esibizione di canto. Divertente il suo “duettare” comico con il Barone Mirko Zeta interpretato da Dario Giorgelé. Si distingue poi la Diva italiana impersonata da Daniela Mazzucato. Bene il resto della folta compagine di cantanti: Stefano Consolini (il Marchese Raoul De St. Brioche), Askar Lashkin (Visconte Cascada), Alessandro Busi (Capitano Kromow), Gabriele Nani (Bogdanowitsch), Antonio Feltracco (Pritschitsch), Silvia Celadin (Sylviane), Giovanna Donadini (Olga Kromow), Alice Marini (Praškowia).
Buona direzione dell’Orchestra Regionale Filarmonia Veneta da parte di Francesco Rosa, anche se, a tratti, l’orchestra tende a coprire le voci; corretto il Coro Lirico Veneto. Il Corpo di Ballo Padova Danza Project si disimpegna nelle coreografie, strappando un bis al pubblico per l’esecuzione entusiasta del Can Can dall’Orphée aux Enfers di Offenbach. Sfortunatamente, a volte le coreografie danno una certa sensazione di disordine nella coordinazione con i cantanti e lo spazio scenico.
Nel complesso, lo spettacolo è stato molto apprezzato da parte del pubblico, che ha salutato festosamente tutti gli interpreti.
Teatro Verdi – Stagione Lirica di Padova 2022
LA VEDOVA ALLEGRA
Operetta in tre atti
Libretto Victor Léon e Leo Stein
Musica: Franz Lehár
Hanna Glavari Claudia Pavone
Conte Danilo Danilovich Alessandro Safina
Valencienne Rosalia Cid Tarrio
Camille de Rossillon Matteo Roma
Barone Mirko Zeta Dario Giorgelé
Njegus Max René Cosotti
Marchese Raoul De St. Brioche Stefano Consolini
Visconte Cascada Askar Lashkin
Capitano Kromow Alessandro Busi
Bogdanowitsch Gabriele Nani
Pritschitsch Antonio Feltracco
Sylviane Silvia Celadin
Olga Kromow Giovanna Donadini
Praškowia Alice Marini
La Diva italiana Daniela Mazzucato
Orchestra Regionale Filarmonia Veneta
Coro Lirico Veneto
Direttore Francesco Rosa
Regia, scene, costumi, coreografie e luci Paolo Giani Cei
Corpo di Ballo Padova Danza Project
Padova, 29 dicembre 2022