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Novara, Teatro Coccia – Il paese dei campanelli

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Il Teatro Coccia di Novara, che già nel mese di luglio aveva messo in scena una godibilissima rarità, la zarzuela La zia di Carlo, ha ripreso l’attività, dopo la pausa agostana, mettendo a segno, sulla linea del teatro musicale “leggero”, un altro bel traguardo artistico della stagione 2023. Questa volta è toccato a un’operetta celeberrima, della quale si festeggia il centenario della composizione, Il paese dei campanelli di Carlo Lombardo e Virgilio Ranzato. Occasione celebrativa che il teatro novarese ha onorato proponendo un allestimento di gran pregio, nato in coproduzione con il Festival della Valle d’Itria e già ammirato nel luglio scorso a Martina Franca.

Questo titolo divenne da subito simbolo, grazie a Lombardo e Ranzato, di un genere operettistico capace di affrancarsi dai modelli viennesi e austro-danubiani o da quelli francesi offenbachiani per assumere un’identità autoctona, decisamente italica per cantabilità e immediatezza, condendo divertimento e sensualità in grado di captare subito i favori del pubblico e fondendo le effusioni liriche con i ritmi scatenati di una musica che si rifaceva alle influenze del tempo in cui nacque. Il suo disimpegno, oltre che la schietta godibilità, si sposano alla perfezione con la surreale vicenda ambientata in un villaggio olandese dove ogni casa è dotata di campanelli che fungono da guardiani della fedeltà delle coppie. Se una donna o un uomo pensano di tradire il proprio partner ecco che l’infedele viene subito smascherato, motivo per cui nel paesello si vive nell’illusione che i tradimenti non siano possibili perché facilmente smascherabili, finché nel vicino porto attracca una nave da guerra con marinai dagli ormoni a mille che creano scompiglio e non esitano a sedurre mogli annoiate provocando scampanellate a catena. La commedia è così assurda, anche per i successivi sviluppi della trama che danno vita ad altrettanti tradimenti e rivalse dei mariti, che trattarla con l’ingenuità paradossale che la caratterizza sarebbe stato banale.

Ecco perché il regista Alessandro Talevi, con splendide scene e costumi di Anna Bonomelli, la coreografia di Anna Maria Bruzzese e il disegno luci di Ivan Pastrovicchio, realizza uno spettacolo ambientato nel tempo in cui nacque questa celeberrima operetta. Alla favolistica Olanda da Figurine Liebig, tutta tulipani, zoccoletti e mulini a vento, si sostituisce una altrettanto immaginaria isola che non c’è che pare uscita da un mondo in bilico fra l’esotismo colonialistico novecentesco e richiami allo stile art déco degli anni Venti, con un palcoscenico che ospita tavoli di un locale di svago immerso fra verdi palmizi, con al centro un palco dove si danza e ci si diverte a più non posso a suon di Foxtrot e Charleston. È il locale-sala da ballo adiacente alle case munite di campanelli anti-adulterio dove si intrattengono e passano il tempo gli annoiati abitanti di un paese in cui la forzata fedeltà coniugale sembrerebbe garantita da un codice morale e dove l’unico modo per godersi la vita è passare il tempo ad assistere a spettacoli di pura evasione scacciando la noia fra danze scatenate e futili chiacchiericci finché, dall’altro lato della scena, dalla parete che raffigura la nave inglese, fanno il loro ingresso i marinai che rompono le certezze dei paesani.

Il contenitore scenico è perfettamente funzionale alla vicenda, anzi ne potenzia, con i richiami al tempo in cui fu composta questa operetta, i sottintesi e l’evocazione di uno spazio scenico che diventa riflesso di un esotismo visto come evasione dalla quotidianità. Il resto lo fa l’animatissima regia di Talevi, che non ha un momento di sosta e talvolta si concede anche qualche voluto abbandono surreale nel far apparire sulla scena una zebra e un gorilla nei momenti in cui la musica rompe, nella sua sovreccitazione ritmica danzante, i legami con la realtà. Eppure, in quella che il regista definisce una “satira dei valori patriarcali”, viene ben delineata la diversità fra i personaggi, connotando con puntualità la frivolezza sopra le righe di Bombon, contrapposta alla femminilità grottesca di Pomerània (la donna più brutta del villaggio, non a caso interpretata da un attore en travesti) e al sentimentalismo emotivo ed effusivo di Nela, che insieme ad Hans danno vita alle pagine in cui prevale un acceso lirismo amoroso che fa da contraltare all’allegro fluire degli altri numeri musicali e dei dialoghi fra i personaggi che incarnano il côté più brillante.

Anche la compagnia di canto, diretta dalla bacchetta di Roberto Gianola con impeto gioioso e debordante alla guida dell’Orchestra Filarmonica Italiana e del Coro As.Li.Co istruito da Massimo Fiocchi Malaspina, è affiancata da un bel comparto di coreografie e affiatati ballerini. Fra le voci si segnala la bravissima Francesca Sassu (Nela), voce che si espande nella sala con involo lirico sopranile intenso e con quel tocco di patetismo che la pervade quando vede infranto il proprio sogno d’amore per Hans, il tenore Norman Reinhardt, elegante nel canto sentimentale, aitante e anche simpatico quando nei parlati non riesce a nascondere la sua pronuncia italiana un po’ british e quindi più che utile alla bisogna, essendo il capitano dei cadetti inglesi seduttori. Spassosissima e vocalmente croccante la Bombon del soprano Maritina Tampakopoulos, davvero un prodigio di temperamento, ora frivolo, ora scaltro; è lei che nel secondo atto intona, assai bene, il popolarissimo motivo “Luna, tu non sai dirmi cos’è?”. Ben in evidenza anche l’altro tenore, Francesco Tuppo, nei panni del marinaio pasticcione La Gaffe e ottimo il mezzosoprano Silvia Regazzo in quelli di Ethel, moglie di Hans.
Vanno infine citati tutti gli attori-cantanti che danno rilievo massimo alle loro parti recitando e divertendosi un mondo, a partire dal bravissimo attore Federico Vazzola nei panni en travesti di Pomerània, Stefano Bresciani (Attanasio Prot), Fabio Rossini (Tarquinio Brut), Pasquale Buonarota (Basilio Blum) e Leonardo Alberto Moreno (Tom).
Teatro affollato di pubblico e successo finale festosissimo, con punte di entusiasmo anche durante i numeri d’assieme più attrattivi di un’operetta che ha cent’anni sulle spalle ma continua a essere amata dal pubblico.

Teatro Coccia di Novara – Stagione 2023
IL PAESE DEI CAMPANELLI
Operetta in tre atti
Libretto di Carlo Lombardo
Musica di Carlo Lombardo e Virgilio Ranzato

Bombon Maritina Tampakopoulos
Nela Francesca Sassu
Ethel Silvia Regazzo
Pomerània Federico Vazzola
Hans Norman Reinhardt
La Gaffe Francesco Tuppo
Attanasio Prot Stefano Bresciani
Tarquinio Brut Fabio Rossini
Basilio Blum Pasquale Buonarota
Tom Leonardo Alberto Moreno

Orchestra Filarmonica Italiana
Coro As.Li.Co
Direttore Roberto Gianola
Maestro del coro Massimo Fiocchi Malaspina
Regia Alessandro Talevi
Scene e costumi Anna Bonomelli
Disegno luci Ivan Pastrovicchio
Coreografie Anna Maria Bruzzese

Coproduzione Fondazione Teatro Coccia di Novara,
Fondazione Paolo Grassi e 49° Festival della Valle d’Itria
Nel centenario della composizione
Novara, 29 settembre 2023

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