Arriva dritto al cuore, con il suo contrappunto coeso e toccante fra le prospettive moderne e molteplici di suono e di scena, il bellissimo viaggio d’inverno narrato in musica da Ludovico Einaudi unendo razze e destini, voci e coscienze, stili e idiomi distanti, intorno al dramma oggi più che mai doloroso e bruciante delle popolazioni migranti. Un Winter Journey in sette sezioni, ossia stazioni, che attraversa sogni e speranze, affetti e indifferenza rimbalzando con intelligenza dalla koinè romantica della Winterreise schubertiana ai monodrammi delle avanguardie espressioniste, metabolizzando in sintesi modi ecclesiastici, stilemi colti, narrazione afro e visionaria da griot. E per quanto lo spettacolo non sia più arrivato in prima assoluta al Teatro San Carlo di Napoli, come inizialmente previsto per il 2019 ma poi passato di mano per il debutto al Massimo di Palermo partner di coproduzione slittando in tempi di emergenza pandemica fino a giungere sulle assi partenopee con quattro anni di ritardo dopo una scia di proposte tagliate o spesso risolte in forma di concerto, poco importa. Perché quel viaggio, nato come titolo d’ingresso nel mondo dell’opera del campione italiano sul fronte musicale minimalista di cifra americana e per due sere portato sul palcoscenico del Lirico napoletano, è al primo sguardo e sin dalle prime battute capolavoro assoluto e vincente. Intanto, per la folgorante bellezza del libretto affidato al pluripremiato scrittore irlandese Colm Tóibín oltre all’impatto sorprendente di un impianto drammaturgico e scenico a tre dimensioni ideato e realizzato da Roberto Andò, qui nella ripresa di Luca Bargagna. Il tutto ulteriormente valorizzato dagli originali effetti di scene e luci a firma di Gianni Carluccio, dai video mai didascalici di Luca Scarzella, dagli avvolgenti effetti di suono curati da Hubert Westkemper e dai pertinenti costumi di Daniela Cernigliaro.
Tecnicamente e per formule o codici, in sostanza, la rete contrappuntistica sovrappone e attraversa mondi disparati e distanti: sulla scena, affidata a protagonisti generici da Morality Plays (Man, Woman, Child) stretti da un indissolubile amore familiare che è sacrificio e devastante paura a fronte della tracotanza del politico di turno e della folla, giganteggiano le immagini in video del mare, del cielo e dei corpi dei naufraghi sospesi fra le onde e il filo del destino. Sullo sfondo, in trasparenza e in bilico tra il finto e il vero, ci sono le stanze di una città fantasma avvolta nel silenzio e dalle nebbie mentre giù in basso, tagliata a striscia e a luci nette, c’è l’umanità di sempre, contraria all’invasione dei tanti, troppi stranieri. Sul piano della musica, analogamente, i modi del sacro incontrano le diverse strade della vocalità nera, unendo reiterazioni microtonali a velature corali da Kyrie e da Requiem, parola recitata, canto soul e l’improvvisazione dei bardi di tradizione Mali.
Nell’insieme, si scorgono suggestioni che rinviano ad altri spettacoli, come il Kiss and Cry, parimenti sul tema del viaggio ma in presa diretta attraverso la “nanodanse” o, per gli automatismi percussivi, il più vicino Julius Caesar di Giorgio Battistelli dinanzi all’arroganza del politico europeo di punta per portarci tutti e nel muto silenzio delle nostre coscienze, allo sfilare dei volti in video di Trump, Putin, Obama, Callas e di tanti altri noti, dinanzi allo specchio di un’indifferenza paradossale nell’era della libertà massima e del pieno benessere. Paradossale ma soprattutto colpevole al cospetto di una mappa geografica mondiale ogni giorno ferita a morte da guerre, discriminazioni e violenze sempre più feroci, incomprensibili ma soprattutto oltraggiose per una civiltà giunta al suo più alto, o presunto tale, grado di progresso.
Sul piano dell’esecuzione, a garantire forza ed efficacia degli esiti, c’è in primo luogo il maestro Carlo Tenan che, sul podio di orchestra e Coro della Fondazione, calibra con perizia realmente straordinaria stili, timbri, spessori e volumi, Coro compreso (preparato dal maestro aggiunto Vincenzo Caruso) come da magnifico crescendo (This is the sound of Europe’s cry) alla sezione seconda in parallelo alla voce recitante limpida e rotonda della recitante del Coro (una notevolissima Elle van Knoll) a scansione di una memoria sepolta nel cuore e all’urlo a pasta acida improvvisato verso il cielo dal griot. Lodi a parte spettano poi al bravo pianista Roberto Moreschi, all’arpista Elena Vallebona e, nei primi ruoli della sezione degli archi, alla spalla Ruggiero Sfregola, Salvatore Lombardo alla testa dei violini secondi, alla prima viola Luca Improta, all’ottimo violoncellista Alberto Senatore e a Gianni Stocco al primo contrabbasso.
Più di un plauso speciale va infine alla voce calda e potente della cantante soul Malia (Woman), al timbro forte e tagliente del bardo senegalese Badara Sek (Man) coadiuvato fuori scena da Mamadou Dioume, all’emissione chiara e pregnante di Fabio Boateng (Child) con relativo Leslie Nsiah Afryie per il rispettivo Child dietro le quinte, allo sferzante Politician di Jonathan Moore. Bravi i figuranti tutti.
Teatro San Carlo – Stagione 2022/23
WINTER JOURNEY
Libretto di Colm Tóibín
Musica di Ludovico Einaudi
Ideazione drammaturgica Roberto Andò
Woman Malia
Man Badara Seck
Politician e Voce Recitante del Coro Jonathan Moore
Voce Recitante del Coro Elle van Knoll
Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo
Allievi della Scuola del Teatro di Napoli / Teatro Nazionale
Direttore Carlo Tenan
Maestro del coro aggiunto Vincenzo Caruso
Regia Roberto Andò
Scene e luci Gianni Carluccio
Costumi Daniela Cernigliaro
Video Luca Scarzella
Suono Hubert Westkemper
Coproduzione Teatro di San Carlo, Teatro Massimo di Palermo
Prima rappresentazione a Napoli
Napoli, 8 ottobre 2023