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Napoli, Teatro San Carlo – Concerto di Maria João Pires

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Un tocco pianistico sublime, limpido e dolcissimo, che nella sua rara verità d’espressione, a pari quota con l’autenticità dello stile e il pieno senso dato al segno come alla forma, è fuoco cinetico, intimità cantabile, plastico gesto coreutico, reminiscenza adamantina e impalpabile. Praticamente un mondo e un mito già solo nell’esatto scontorno di un incipit, nella fluidità rilucente di un passaggio di note, nello scatto al cesello della sgranatissima tecnica vicina, nella piena sensibilità timbrico-musicale di un movimento come di un’intera architettura sonora. Resta così impresso fra i momenti più alti e memorabili degli ultimi tempi il bellissimo recital della pianista portoghese Maria João Pires scelta per inaugurare con la sua prima volta al Teatro San Carlo nell’arco di una leggendaria carriera la seconda edizione del Festival Pianistico promosso – con merito e lode – dal Lirico guidato da Sthéphane Lissner. Nelle serate a seguire, fino al 3 maggio, la locandina a staffetta contempla ancora Alexandre Kantorow, Yulianna Avdeeva, Filippo Gorini, Jean-Paul Gasparian e Arcadi Volodos.

Un esordio, quello della Pires, che in realtà è un debutto assoluto in regione in qualità di solista considerato che la sua prima presenza sul territorio campano nell’agosto 1992, dovuta alla notevolissima “Estate Musicale Sorrentina” artisticamente diretta da Maurizio Pietrantonio, fu al fianco del violinista Augustin Dumay e che, su Napoli, il suo arrivo ebbe luogo nel novembre 2013 grazie all’Associazione Alessandro Scarlatti parimenti in formazione da camera, a Castel Sant’Elmo, accanto al violoncellista Antonio Meneses.

Entrata sorridente dinanzi alla sala praticamente piena e a passo veloce con il suo taglio di capelli sbarazzino, in abito (più maglia in filo) lungo ma semplicissimo, la pianista amatissima siede al gran coda e stacca subito con decisione uno Schubert terso e rotondo che sgorga soave nella centrata essenza in equilibrio fra il rigore del modello classico e l’incedere “wanderer” prettamente schubertiano e romantico. La Sonata prescelta, fra i brani miliari in ascolto, è la giovanile (su un’esistenza comunque di appena trentun’anni) opera 120 in la maggiore, D. 664, composta nell’estate 1919 e pubblicata postuma dieci anni più tardi. Considerata “piccola” per costruzione, condotta tematica e serenità di respiro rispetto alla superba triade degli ultimi anni, l’opera acquista nella sua semplicità tratti e accenti grandiosi fra le minute e magiche mani della magnifica interprete Pires: l’Allegro moderato iniziale, nitido e ben “camminato”, svela tinte e tratti inusitati nel pieno governo e dosaggio delle linee in gioco fra la destra e la sinistra, svettando in acuti leggeri e luminosissimi. E parimenti l’Andante, in posizione centrale, con la sua cantabilità genuina ma dalla varia tavolozza di colori e tonalità, si distingue per un peculiare affondo meditativo che è sguardo in avanti e speranza, per poi virare con colpo d’ala al tema d’attacco su un Allegro disegnato nella sua celebrità come un capolavoro a sé, di spiccata verve mozartiana quanto, al contempo, di piena sostanza salottiera viennese.

Con un salto in avanti di circa settant’anni e puntando sulla Francia del primo periodo pianistico di Claude Debussy si ascolta, al centro del recital, la Suite bergamasque, scrigno quadripartito ispirato allo stile clavicembalistico di Rameau o, meglio, a un Settecento incipriato e galante in raffinata evocazione “alla Verlaine” ai cui versi riconducono, d’altra parte, le suggestioni del più noto Clair de lune. Anche in tal caso, nella sempre mirabile precisione di suoni e di stile, Maria João Pires ne lascia un’impronta personalissima, basque più che bergamasque (aggettivo, quest’ultimo, comunque neanche radicato nell’opera), conferendo modernità e intelligenza raffinatissima a ogni nota lungo un tracciato espositivo fatto di rubati preziosi, di inseguimenti e di reciproche rifrazioni, di sfumature e di rimandi. L’attacco del Prélude è nella sua luminescente liquidità raveliano, nel successivo Menuet imprime smalto speciale fra il polposo staccato, i ritmi di danza e le iridescenze di cristallo che anticipano impressioni alla de Falla (Notti nei giardini di Spagna) o degli stessi debussyani Préludes. Sospeso come un sogno arcano e impalpabile è quindi il Clair de lune mentre alla luce di una logica giustamente bachiana dal Passepied saltano fuori, sul fondo del moto perpetuo alla sinistra e come in un ordito a più voci, tutti i fili, i colori e le articolazioni dell’antica danza bretone mista alla fascinazione del gamelan.

Infine, l’apice scultoreo alla raccolta delle trentadue Sonate di Beethoven, con l’op. 111. Solo due movimenti, un Maestoso-Allegro con brio e appassionato seguito da un’Arietta con variazioni all’interno di una grandiosa architettura concepita come un unico blocco che, nell’interpretazione della Pires, diventa ponte fra mondi culturali diversi, viennesi in primis, e tra le distinte fasi creative del compositore stesso. Fra le sedici battute d’introduzione e l’Allegro elaborato su un solo tema pari a un soggetto di fuga convergono infatti, come in sonatistica dialettica, Classicismo e Romanticismo, fase eroica e visionarietà dell’ultimo Beethoven. E così nell’Arietta, germinano in serrata sequenza la tranquillità trasfigurata e ieratica, il controtempo che nei velocissimi colpi di pedale suona addirittura come “jazzy”, la tarantella in cristallino e remoto ologramma, le limpide e strette cascate di trilli.

In sintesi, una serata realmente memorabile con trionfo d’obbligo d’applausi e pubblico in piedi al termine, fasci di fiori dalle quinte ma anche dalla platea. Il tutto ripagato da due magnifici bis a specchio esemplare con il programma: l’Adagio cantabile dalla Sonata op. 13 “Patetica” di Beethoven eseguita con delicatezza romantica nelle corde di Schubert e il Debussy della dolcissima prima Arabesque.

Teatro San Carlo / Festival Pianistico

Pianoforte Maria João Pires

Franz Schubert
Sonata in la maggiore per pianoforte, D. 664
Claude Debussy
Suite bergamasque
Ludwig van Beethoven
Sonata n. 32 in do minore, op. 111

Napoli, 21 aprile 2023

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