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Napoli, Conservatorio di Musica “San Pietro a Majella” – La zingara

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Un Donizetti ventiquattrenne che, sottopelle, ha ancora tanto dell’allora imperante battito ritmico rossiniano, in special modo se il suo primo cimento per le scene teatrali di Napoli avviene per uno dei luoghi deputati del buffo, con relativi cantanti-attori e in quel genere semiserio che, esattamente trent’anni più tardi, ne avrebbe siglato il primato grazie alla virtù magica di un realmente inossidabile Elisir. Un compositore giovanissimo ma che in ogni caso, pur alla luce dei premiati modelli alla Cenerentola o Barbiere con tanto di strette in crescendo fra cabalette e pezzi d’assieme, non manca di far assaggiare qualche bel tema già pronto per gli incanti della sua futura Lucia o per l’incalzante duetto di Adina e Nemorino (Esulti pur la barbara) nelle arie dei personaggi seri come nei pezzi di mezzo carattere.

È il Gaetano Donizetti del dramma semiserio La zingara, opera scritta per il suo esordio partenopeo “precipitevolissimevolmente” sul libretto dell’allora in voga Andrea Leone Tottola, con tanto di recitativi parlati secondo la recente moda alla francese varata da Giuseppe Palomba con l’annesso giro di vite “au sauvetage” ma condita da svariati sketch vernacolari. Il tutto mentre era sceso a Napoli per controllare l’esecuzione dell’oratorio Atalia del proprio maestro Mayr. La prima rappresentazione dell’opera ispirata alla rocambolesca commedia La petite bohèmienne di Louis-Charles Caignez (autore che, sette anni prima, aveva tra l’altro dato con la sua “pie voleuse” il soggetto alla Gazza ladra rossiniana) ha quindi luogo al Teatro Nuovo di Napoli il 12 maggio 1822, suonando come una sorta di test per il gran salto del compositore bergamasco sulle assi del blasonato Teatro San Carlo. Ma da allora al Sud, esclusa un’illuminata rappresentazione e incisione nel 2001 targata dal Festival di Martina Franca, la Zingara donizettiana non era più tornata. O almeno fin quando, nel bicentenario del titolo e grazie al più che lodevole progetto di riscoperta delle partiture custodite presso la Biblioteca “San Pietro a Majella”, è stata riproposta dallo stesso Conservatorio di Musica di Napoli nella sua Sala Scarlatti, in versione sfrondata, “didattica” e parzialmente scenica ma assolutamente efficace, con doppio appuntamento a ingresso libero e platea sold out, in presenza delle più significative cariche istituzionali, accanto al presidente della gloriosa Istituzione, Luigi Carbone, e al direttore neo-eletto Gaetano Panariello, a riconoscimento della valenza culturale altamente (e finalmente, per il territorio) identitaria dell’iniziativa fortemente voluta dal direttore in carica Carmine Santaniello, assente per motivi di salute. Vale a dire, il ministro per i Beni Culturali Gennaro Sangiuliano, il sindaco Gaetano Manfredi e il Presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca – entrambi invece assenti alla recente presentazione della stagione del Teatro San Carlo, da tempo impermeabile alle proprie radici musicali – più lettera di gran sostegno del previsto ma purtroppo non presente ministro dell’Università e Ricerca, Anna Maria Bernini. Tutti concordi sull’importanza dell’iniziativa giocata in apertura del progetto “Officina San Pietro a Majella” (OSPaM), dopo essere stati guidati fra i tesori della Biblioteca e del Museo del Conservatorio napoletano, hanno rispettivamente espresso parole di entusiasmo e di sostegno per l’impresa. Il ministro Sangiuliano ha tenuto a ribadire ai più giovani «l’importanza di coltivare al meglio la grande triade dell’arte e della cultura, ossia la nostra letteratura, l’arte e la musica»; le dichiarazioni del ministro Bernini, lette nell’occasione, hanno lodato «il pregio formativo dell’esperimento nato all’interno di un’autentica officina di talenti», il sindaco Manfredi ha promesso la massima attenzione su quello che considera «uno dei maggiori tesori della città». Il governatore De Luca, oltre a sollecitare un’accelerazione nei tempi dei lavori di ristrutturazione ormai da tre anni finanziati dalla Regione, ha voluto ricordare della Scuola napoletana i grandi allievi, i direttori e maestri, i compositori del passato da Scarlatti, Pergolesi a Cimarosa, Paisiello e fino a Donizetti, a Cilea, da Roberto De Simone a Riccardo Muti, richiamando attenzione e consapevolezza su un luogo «che con la sua storia, i suoi manoscritti autografi, i dipinti e gli strumenti, è patrimonio dell’umanità, simbolo e immagine della nostra cultura in Europa come nel mondo». Infine ha annunciato il suo impegno per dare finalmente al territorio «un’Orchestra Giovanile della Regione Campania».

Terminato l’ampio prologo istituzionale, i due atti della Zingara “dramma per musica” (stando al libretto a stampa originale) o “melodramma comico” (stando al copione manoscritto conservato nell’Archivio storico Ricordi) hanno preso vita e forma quale frutto virtuoso e sinergico del lavoro di tutti, di vertici, docenti e allievi del San Pietro a Majella, in via trasversale e multidisciplinare fra i dipartimenti. Dunque, a partire dalle fonti conservate in Biblioteca (due partiture manoscritte, il libretto a stampa e un copione teatrale manoscritto), si è lavorato sul progetto e sulla direzione generale di Carmine Santaniello con la cura scientifica di Paologiovanni Maione, sull’adattamento del libretto più ideazione di regia, soluzioni sceniche e costumi di Maria Luisa Bigai, sulla fondamentale revisione musicale di Gaetano Panariello, con la preparazione garantita da Francesco Pareti (maestro collaboratore) e da Carlo Mormile (maestro del coro). In campo oltre ottanta artisti fra cantanti, attori, coristi e, ai piedi del palco, l’orchestra formata da allievi e maestri diretta in soluzione veramente ideale per stile, tempi, colori e dinamiche da Francesco Ivan Ciampa.

Il giovane ma già esperto e ampiamente apprezzato direttore, di ottima preparazione e tempra in special modo per l’opera del nostro Ottocento, ha infatti con intelligenza individuato e valorizzato il peculiare taglio ritmico-timbrico della partitura, esaltandone da un verso lo scatto meccanico e vivace tipicamente rossiniano ma prestando, dall’altro, sempre particolare cura nel restituire il felice e virtuoso smalto melodico del Donizetti futuro. Molto attento nell’accompagnare e guidare le voci, a lui si deve quella continuità narrativa e la verve drammatica non sempre così presente fra testo e partitura vuoi per la natura giovanile della scrittura, vuoi per lo stile composito della pagina.

Interessante anche la moderna chiave scenico-drammaturgica riformulata da Maria Luisa Bigai utilizzando per la connotazione spazio-temporale (un gotico castello in una città dell’Andalusia) soltanto i costumi primo Novecento e un teatrino di marionette, a mo’ di quinta, contenente due pulcinellini (Chiara Imperato e Liza Ulgharaita) che vanno a dar voce alle didascalie sceniche tipo Amfiparnaso di Orazio Vecchi. Oltre che sul palcoscenico della sala, i protagonisti si muovono e saltano in tutti gli spazi possibili dell’auditorium, organo compreso che diventa prigione.

Premessa la dimensione formativa e dunque il diverso grado di maturazione delle ben dodici voci del cast, si premia in special modo la zingara Argilla del mezzosoprano Sabrina Vitolo, di recente entrata a far parte del Coro del Teatro San Carlo. Per il ruolo del titolo, si muove come artefice degli intrighi con grande disinvoltura e mette ottimamente a segno tanto le sue risorse tecniche quanto i pregi lirico-espressivi di un’emissione morbida, sinuosa e potente, evocando spesso l’intensità di tinta della rossiniana Rosina o, ancor meglio, i colori di Angelina. È lei che, lasciando semi in futuro rintracciabili fra Trovatore, Traviata, Carmen e in tante altre storie ottocentesche, gestisce l’amore fra i due giovani di opposta casata Fernando e Ines, che sventa l’assassinio del duca di Alziras, che libera Don Sebastiano Alvarez, che raggira cuore e chiavi del servo sciocco Papaccione, che chiama a raccolta le zingare e che si scopre al termine nobile anche lei, figlia un tempo perduta di Alvarez. In particolare per il belcanto, molto interessante risulta la voce pura e lucente del soprano Sara Di Fusco (Ines), buone prospettive “di grazia” presenta il tenore Antonino Spataro che interpreta Fernando e assai di pregio risulta lo slancio eroico “con catene”, ma anche senza, del baritono Antimo Dell’Omo (Don Sebastiano Alvarez). Bravi, anche se un po’ tutti da maturare, gli altri talenti: Luigi Di Martino per Don Ranuccio Zappador (l’antagonista che ha incarcerato il nobile Don Sebastiano Alvarez per dirottarne l’eredità sul nipote Antonio), Nykyta Sapeshko (Antonio Alvarez), Simone Patrone (Duca di Alziras), Emilia Illiano (Amelia, nutrice della figlia di Ranuccio, Ines), Andrea Mocerino (Sguiglio), Chiara Imperato e Liza Ulgharaita (le zingare Ghita e Manuelita). Bene il coro maschile, d’effetto le zingarelle che irrompono fra il pubblico dall’alto della sala guidate in corteo dalla capo-tammorra Giusy Lo Sapio e gli altri personaggi di contorno, Maria Grazia Scotto di Luzio (Astarotte), Giuseppe Pio Moscatiello (Belzebucco), Giuseppe Malafronte (guardia del corpo del duca). Discorso a sé, infine, per il Papaccione del divertentissimo tenore Carlo Celotti, un ruolo nato in realtà per il mitico basso buffo Carlo Casaccia, da Stendhal iconizzato in Casacciello. Dunque vocalmente un “buffo caricato” che, per quanto nell’occasione schiarito di registro e ridisegnato entro il cliché d’avanspettacolo, per la sua esilarante arguzia dialettale e una solidissima tenuta mimico-canora porta a casa, meritatamente e con lode, successo e applausi in abbondanza.

Conservatorio di Musica “San Pietro a Majella” di Napoli
LA ZINGARA
Dramma semiserio per musica in due atti
Libretto di Andrea Leone Tottola
Musica di Gaetano Donizetti

Argilla, la Zingara Sabrina Vitolo
Don Ranuccio Zappador Luigi Di Martino
Ines, sua figlia Sara Di Fusco
Don Sebastiano Alvarez Antimo Dell’Omo
Antonio Alvarez, suo nipote Mykyta Sapeshko
Duca di Alziras Simone Patrone
Fernando, fratello del Duca Antonino Spataro
Papaccione, servo di Don Ranuccio Carlo Celotti
Amelia, nutrice di Ines Emilia Illiano
Sguiglio, servo di Fernando Andrea Mocerino
Ghita, zingara Chiara Imperato
Manuelita, zingara Liza Ulgharaita
2 pulcinellini Chiara Imperato e Liza Ulgharaita
Capo Tammorra corteo delle zingare Giusy Lo Sapio
Astarotte e Belzebucco Maria Grazia Scotto di Luzio
e Giuseppe Pio Moscatiello
Guardia del corpo del Duca Giuseppe Malafronte

Solisti, coro e orchestra del Conservatorio San Pietro a Majella
Direttore Francesco Ivan Ciampa
Maestro del coro Carlo Mormile
Progetto e direzione generale Carmine Santaniello
Direzione scientifica Paologiovanni Maione
Adattamento e revisione musicale Gaetano Panariello
Adattamento libretto, ideazione scenica
e dei costumi, regia Maria Luisa Bigai
Maestro collaboratore Francesco Pareti

Napoli, Sala Scarlatti del Conservatorio di Musica “San Pietro a Majella”
28 aprile 2023

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