Venerdì 3 novembre al Teatro Comunale Pavarotti Freni di Modena è andata in scena la prima rappresentazione del Don Carlo di Verdi nella “versione di Milano”, in quattro atti, del 1884. Allestire un capolavoro come questo è un’impresa che richiede grandi sforzi su tutti i fronti, da quello visivo alla selezione del cast, alla direzione dell’orchestra e del coro.
Verdi concepisce quest’opera secondo il modello del grand-opéra francese, che rispetto al melodramma italiano ottocentesco prevede una maggiore complessità nella trama, soggetti storici di rilievo e l’esplorazione di forti contrasti passionali e di potere, confluendo in una costruzione armonica estremamente complessa che sfrutta motivi ricorrenti che si ripropongono e si intrecciano durante la narrazione come a voler far percepire nell’aria i sentimenti dei personaggi e la loro evoluzione.
Oltre agli aspetti musicali, i canoni grand-operistici richiedono sontuose scene d’insieme, in cui il coro è protagonista di primo piano, sfruttando anche figuranti per arricchire ulteriormente il quadro e garantire così un impatto visivo suggestivo e immersivo. Uno tra i momenti che meglio racchiudono questa prospettiva è la scena dell’autodafé, in cui è richiesta una compagine di coristi numerosa, che a Modena è mancata, e il superamento di difficoltà tecniche nella direzione come quella di coordinare orchestra e strumentisti dietro le quinte.
Al Teatro Comunale, l’opera viene riproposta nel medesimo allestimento che aveva inaugurato la stagione lirica 2012/13 con la differenza che in quell’occasione era stata eseguita la versione del 1886, la cosiddetta “versione di Modena”. La regia è stata ripresa dallo stesso Joseph Franconi-Lee, che sfruttando sapientemente tutti gli spazi del palcoscenico e giocando in maniera efficace con effetti di chiaroscuro è riuscito a creare uno spettacolo di ottimo livello valorizzando al meglio la scenografia. Di particolare rilievo una delle scene cardine dell’opera, il già citato autodafé, dove in fondo al palco, separato da un velo con un effetto ‘’vedo non vedo’’, si scorge l’incoronazione del Re, mentre contestualmente sul proscenio si dispongono i popolani che inneggiano a Filippo II, interrotti dalla sfilata dei frati domenicani che con note ben più cupe conducono i condannati del Santo Uffizio al “giusto rigor dell’Immortal”. Un particolare apprezzamento va ai costumi di Alessandro Ciammarughi per la raffinatezza e la ricchezza dei dettagli.
Passando al lato musicale, come sottolineato molto impegnativo, la direzione dell’Orchestra dell’Emilia-Romagna Arturo Toscanini è affidata al maestro Jordi Bernàcer, che offre una lettura compatta e scorrevole mantenendo però, a volte, un volume particolarmente alto. Certi eccessi evidenziano per contrasto la carenza di suono del coro, dovuta a un numero ristretto di elementi, privando così il gran finale del secondo atto dell’intensità necessaria. Ciononostante, si percepisce nel complesso il buon lavoro del maestro Giovanni Farina nel preparare il Coro lirico di Modena.
Il cast è di altissimo profilo e contribuisce in maniera decisiva al successo della produzione. Il pubblico che riempie la sala del Vandelli dimostra un particolare apprezzamento per il basso Michele Pertusi che tratteggia magistralmente il personaggio di Filippo II. L’interpretazione è frutto di un lungo lavoro di scavo sul personaggio, come dimostra il fraseggio curato e nobile, in particolare nei recitativi, capace di evocare con chiarezza tutti i tratti caratteriali del Re. Pertusi si conferma un eccellente interprete verdiano, e il pubblico modenese lo premia con una lunga ovazione al termine dell’aria “Ella giammai m’amò”.
Anna Pirozzi debutta nel ruolo di Elisabetta di Valois, ottenendo pure lei intensi e meritati applausi. Il soprano delinea un personaggio raffinato, seppur capace di sprigionare la forza richiesta da alcune situazioni drammatiche. L’emissione è sicura e capace di piegarsi a piani delicati, mentre nelle emissioni a voce piena il volume ampio riempie la sala senza mai far percepire suoni forzati. Il personaggio della Regina aderisce bene alle caratteristiche vocali e interpretative della cantante.
Il ruolo del titolo è sostenuto dal tenore Piero Pretti, che esibisce una linea di canto omogenea, caratterizzata da particolare brillantezza nel registro acuto. Il Marchese di Posa è invece Ernesto Petti: dotato di voce stentorea e dal bel timbro brunito, il baritono delinea un’interpretazione accesa, appassionata, e affronta con successo la scena della morte, dove mette in luce una tecnica salda e, in particolare, una grande tenuta dei fiati.
Anche Teresa Romano nei panni della principessa Eboli esce vincitrice. Particolarmente apprezzata per il timbro caldo e i centri pieni, risulta molto efficace sia nel canto che nell’interpretazione, riuscendo a conquistare il pubblico in sala soprattutto con l’esecuzione di “O don fatale”. Non particolarmente incisivo il Grande Inquisitore di Ramaz Chikviladze, che manca di forza interpretativa; efficace e musicale Michela Antenucci, Tebaldo e Una voce dal cielo. Da ricordare anche Andrea Pellegrini, Un frate, e Andrea Galli, conte di Lerna e araldo reale.
Buon successo di pubblico e lunghi applausi per tutti i protagonisti.
Teatro Comunale Pavarotti Freni
DON CARLO
Opera in quattro atti
Libretto di Achille De Lauzières e Angelo Zanardini
tratto dall’omonima tragedia di Friedrich Schiller
Musica di Giuseppe Verdi
Filippo II re di Spagna Michele Pertusi
Don Carlo, infante di Spagna Piero Pretti
Elisabetta di Valois Anna Pirozzi
Rodrigo, marchese di Posa Ernesto Petti
Il grande Inquisitore Ramaz Chikviladze
Un frate Andrea Pellegrini
Tebaldo e Una voce dal cielo Michela Antenucci
La principessa Eboli Teresa Romano
Il Conte di Lerma e L’araldo reale Andrea Galli
Orchestra dell’Emilia-Romagna Arturo Toscanini
Coro Lirico di Modena
Direttore Jordi Bernàcer
Maestro del coro Giovanni Farina
Regia Joseph Franconi-Lee
Regista collaboratore e movimenti scenici Daniela Zedda
Scene e costumi Alessandro Ciammarughi
Luci Claudio Schmid
Assistente ai costumi Letizia Parlanti
Coproduzione Fondazione Teatro Comunale di Modena,
Fondazione Teatri di Piacenza, Fondazione I Teatri di Reggio Emilia,
Teatro Galli di Rimini
Modena, 3 novembre 2023