“Non ho mai scritto nulla di simile, nel contenuto e nello stile è qualcosa di completamente diverso dagli altri miei lavori, ed è certamente la cosa più grande che ho fatto. Forse non ho mai lavorato sotto l’impulso di una tale costrizione, è stata come una visione fulminea: improvvisamente tutto stava davanti ai miei occhi e mi è bastato porlo su carta, come se mi fosse stato dettato”. Queste parole di Gustav Mahler ben inquadrano una delle sue composizioni più monumentali, complesse e polisemantiche, la Sinfonia n. 8 in mi bemolle maggiore per orchestra, soli, coro di voci bianche e due cori misti, detta anche la “Sinfonia dei mille” per il suo imponente organico. L’Ottava venne scritta nel 1906, nel “refugium” estivo isolato nel bosco che Mahler si fece costruire a Maiernigg, sulla sponda meridionale del Wörthersee. Debuttò trionfalmente il 12 settembre 1910 all’Ausstelungshalle di Monaco di Baviera con, tra il pubblico, la moglie Alma e personalità del calibro di Richard Strauss, Thomas Mann, Stefan Zweig, Arnold Schönberg, Anton Webern, Alfredo Casella, Bruno Walter e Leopold Stokovski.
Imperniata sulla tematica dell’amore creatore nelle sue molteplici forme, l’Ottava è composta da due colossali parti: la prima si basa sulle parole dell’inno per la Pentecoste Veni Creator Spiritus, attribuito a san Rabano Mauro, erudito carolingio, abate di Fulda e arcivescovo di Magonza; la seconda, invece, si regge sui versi conclusivi del Faust di Goethe.
Assente da più di cinquant’anni, la “Sinfonia dei mille” torna finalmente al Teatro alla Scala (dove, per inciso, è stata proposta solo altre due volte, nel 1962 con Hermann Scherchen e nel 1970 con Seiji Ozawa), come penultimo appuntamento della Stagione sinfonica. Per l’occasione, sul podio dell’Orchestra scaligera troviamo il direttore musicale del Piermarini, Riccardo Chailly, qui alla sua ottava esecuzione del capolavoro mahleriano tra Milano, Berlino, Amsterdam, Lipsia e Lucerna (chi scrive ricorda l’edizione milanese del 2013 con l’Orchestra Verdi, in scena al MiCo – Milano Congressi nel ventennale dell’Orchestra). Servendosi di una gestualità energica e scattante, estremamente coinvolto dall’impetuoso flusso musicale, Chailly opta per una lettura maestosa, solenne e meditata, ferrea nella tecnica, analitica nello scandaglio dei temi, ottenendo dall’Orchestra del Teatro alla Scala un suono compatto e pieno, di puro smalto, privo di sbavature.
Nella Parte I si apprezza il carattere giubilante e fastoso dell’inno Veni Creator Spiritus, dall’agogica incalzante e sfarzosa, sontuoso e rutilante nelle sonorità, marziale e grandioso nella ritmica, sin dalla veemente invocazione iniziale “Veni Creator Spiritus, mentes tuorum visita”. Tale vigoria è smorzata nel lirismo diafano e avvolgente del secondo tema, in corrispondenza della preghiera “Imple superna gratia”, o nella elegiaca malinconia del successivo “Infirma nostri corporis”, in una contrapposizione tra gagliardia e distensione che sfocia nella trionfale chiusura.
Nella Parte II, Chailly dosa con gusto e intelligenza materialità e metafisica, tripudiante allegrezza visionaria e raffinati sprazzi strumentali di impalpabile consistenza Sezessionstil, irruenti bordate di suono e pennellate di tersa luminosità. Si configura, così, come una trascendentale, sfaccettata ascesa al cielo (“in alto ci attira/l’eterna femminea essenza”, come canta in tedesco il Coro mistico nel finale della sinfonia), immersa in un clima via via sempre più sacrale ed etereo, fino alla poderosa conclusione.
All’ottima riuscita della serata concorrono anche gli interventi corposi, incisivi e inappuntabili del Coro del Teatro alla Scala e del Coro del Teatro La Fenice di Venezia, diretti rispettivamente da Alberto Malazzi e Alfonso Caiani con mano sicura e tecnica rifinita, dialogando alla perfezione con orchestra e solisti; tra i momenti più suggestivi, vogliamo ricordare almeno il toccante “Alles Vergängliche ist nur ein Gleichnis”, cantato in pianissimo, quasi a fior di labbra. Vivaci, briose e immacolate le parti affidate al validissimo Coro di voci bianche dell’Accademia Teatro alla Scala, guidato con amorevole dedizione da Bruno Casoni.
Ben amalgamato il cast scritturato, la cui prestazione non è stata minimamente inficiata dalle improvvise defezioni di tre solisti indisposti. A Marina Rebeka subentra, come Magna Peccatrix, Ricarda Merbeth: il soprano tedesco esibisce una vocalità voluminosa, svettante e ben espansa, vigorosa negli acuti ghermiti. L’ungherese Polina Pastirchak sostituisce Krassimira Stoyanova nella parte di Una Poenitentium, distinguendosi per musicalità e buona tenuta vocale. Luminosa, cristallina e aggraziata è la Mater gloriosa del soprano svizzero Regula Mühlemann. Il contralto Wiebke Lehmkuhl (Mulier Samaritana) spicca per uno strumento vellutato, duttile e morbido. Il mezzosoprano tedesco Okka von der Damerau (Maria Aegyptiaca) emerge per una voce di tinta ambrata, omogenea e malleabile nell’emissione. Al posto di Andrè Schuen, come Pater ecstaticus troviamo Michael Volle, icastico nel fraseggiare, in possesso di una vocalità tonante, imponente e a tratti ruvida, che corre con facilità nell’ampia sala del Piermarini. Il tenore tedesco Klaus Florian Vogt (Doctor Marianus) dimostra varietà di accenti e una voce dal peculiare metallo di colore argenteo, non sempre a fuoco nella salita alle note alte. Il Pater profundus del basso estone Ain Anger brilla, infine, per lo strumento vocale robusto e di grana scura.
Teatro esaurito e, al termine, entusiastico successo con dieci minuti di festanti e roboanti applausi. Le tre recite dell’Ottava sono anche l’occasione per inaugurare la nuova camera acustica, realizzata dalla ditta specializzata Suono Vivo grazie alla sponsorizzazione di Allianz. Essa è costituita da pannelli multistrato di legno di okumé, un albero diffuso nelle foreste tropicali dell’Africa occidentale molto utilizzato poiché ignifugo e per le sue qualità di densità e fono-riflettenza.
Teatro alla Scala – Stagione sinfonica 2022/23
Gustav Mahler
Sinfonia n° 8 in mi bemolle maggiore (“Sinfonia dei mille”)
Parte I: Inno Veni Creator Spiritus
Parte II: Scena finale dal Faust
Orchestra e Coro del Teatro alla Scala
Coro del Teatro La Fenice di Venezia
Coro di Voci Bianche dell’Accademia Teatro alla Scala
Direttore Riccardo Chailly
Maestro del coro del Teatro alla Scala Alberto Malazzi
Maestro del coro del Teatro La Fenice di Venezia Alfonso Caiani
Maestro del Coro di voci bianche dell’Accademia Teatro alla Scala Bruno Casoni
I Soprano (Magna Peccatrix) Ricarda Merbeth
II Soprano (Una Poenitentium) Polina Pastirchak
Soprano (Mater gloriosa) Regula Mühlemann
I Contralto (Mulier Samaritana) Wiebke Lehmkuhl
II Contralto (Maria Aegyptiaca) Okka von der Damerau
Tenore (Doctor Marianus) Klaus Florian Vogt
Baritono (Pater ecstaticus) Michael Volle
Basso (Pater profundus) Ain Anger
Milano, 19 maggio 2023