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Milano, Teatro alla Scala – Recital di Vittorio Grigolo

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Il tenore che fa cantare la Scala. Come prevedibile, il recital milanese di Vittorio Grigolo si è trasformato in qualcosa che è molto di più di un semplice concerto per voce e pianoforte. Al momento del bis, il tenore romano, ha coinvolto il pubblico invitandolo a cantare il ritornello di “Non ti scordar di me” e il pubblico ha risposto con entusiasmo. Così come con calore lo aveva applaudito nel corso di una serata che, sulla carta, presentava un programma davvero accattivante, con pagine molto note tratte da grandi capolavori dell’opera italiana e francese. Prima di affrontare l’ultimo brano (“Pourquoi me réveiller?”), Grigolo si è rivolto agli spettatori per raccontare la sua emozione di essere alla Scala e per spiegare che nei giorni scorsi è stato colto da un mal di gola che ha messo in forse il recital, ma che lui ha fortemente voluto esibirsi. A un certo punto, qualcuno gli ha gridato di “mettersi a studiare” e lui, molto elegantemente, ha commentato che “non si finisce mai di studiare”. Ha poi continuato facendo riferimento alla sua carriera, al fatto di aver faticato ad affermarsi (ha lavorato anni in Svizzera, dove ha la residenza) e – giusto per non farsi mancare nulla – ha citato la mamma, sempre in apprensione per lui. Tutto ciò è stato l’esito di una serata che ha visto il cantante esibire tutte le qualità e tutti i vezzi che ne fanno un personaggio invero singolare nel panorama operistico odierno, in un certo qual modo perpetuando e arricchendo la già doviziosa mitologia del tenore.

Iniziamo dalle qualità, dunque: Grigolo vanta un timbro di notevole bellezza, morbido, ampio, rotondo, di colore inconfondibile, omogeneo in tutti i registri. Una di quelle voci “baciate dagli dei”. L’immediata empatia che è capace di stabilire con gli ascoltatori non nasce solo dal carattere dell’uomo ma anche dalla particolarità di una voce seducente, che potremmo definire italiana nella schietta comunicativa di cui è portatrice. Voce davvero grande, peraltro, che corre e riempie la sala, ma che il tenore è capace di modulare con estrema perizia. Tuttavia, proprio qui cominciano i problemi: nel gioco dell’assottigliare e dell’alleggerire, a volte la voce quasi non si sente o si perde in stimbrature francamente non gradevoli. Soprattutto quando Grigolo apre eccessivamente i suoni. Gli acuti, poi, nel corso della serata non erano particolarmente squillanti e a fuoco, ma crediamo che ciò fosse dovuto alla non perfetta forma fisica. Sul piatto dei vezzi della metaforica bilancia vanno anche messi il suo continuo ammiccare al pubblico e quella costante agitazione che, alla lunga, non può che distrarre e nuocere alla efficace resa di ciò che si canta. Tanto più che la proiezione del suono colpisce ora a destra ora a manca, ora financo il fondo del palco (quando si gira in direzione dell’eroica pianista che lo accompagna), con buona pace di chi siede in platea e nei palchi. Ancora, probabilmente al fine di creare una più intensa concentrazione emotiva, Grigolo adotta pause lunghissime e, per contro, allunga infinitamente le corone. La sua innegabile musicalità, infine, ha un che di istintivo che tuttavia talvolta gli fa perdere di vista la precisione (forse proprio per questo arriva il poco gentile invito a tornare a studiare).

Sul piatto delle qualità – oltre alla già citata malia timbrica – non possiamo non mettere quel talento innato per cui, appena Grigolo apre bocca, si capisce che è perfetto per personaggi come quelli le cui arie ha cantato. Fernando dalla donizettiana Favorita, anzitutto, con quel suo sognante involo lirico, e poi il verdiano Corsaro con i suoi tormenti. Rodolfo (Luisa Miller) vibra di palpitante umanità nel recitativo e scorre con lucida musicalità nella stupenda aria. Ma quando arriva il momento di Riccardo (Un ballo in maschera) l’emozione è forte: sembra davvero di trovarsi di fronte al nobile diviso tra l’amore per Amelia e l’amicizia per Renato, con quell’intimo struggimento che Verdi ha così ben saputo tratteggiare nella scena che precede il fatale ballo. L’aria di Manrico dal Trovatore, che chiude la prima parte, porta con sé l’eco di un romanticismo eroicamente malinconico.

Nella seconda parte, tutta francese, Grigolo trova accenti più misurati dando saggio delle sue notevolissime qualità di interprete. Così è in “Salut, demeure chaste et pure” (Faust), tersa nel pregevole controllo di emissione e intenzioni, mentre l’aria “Instant charmant … En fermant les yeux” (Manon) risulta un tantino manierata. Meglio in “Ah, fuyez, douce image”, ancora da Manon, e nell’aria del fiore da Carmen, dove inizia con un filo di voce ma poi si lascia prendere un po’ troppo la mano (e alla fine si inginocchia pure davanti al pubblico). Il programma ufficiale si chiude con un “Pourquoi me réveiller” (Werther) che una volta di più ripropone la tensione tra un timbro perfetto per il ruolo e un interprete troppo carico emotivamente.
Un plauso merita la pianista Mzia Bachtouridze che segue con amorevole cura le oscillazioni del cantante e si produce in ispirate esecuzioni di alcune pagine pianistiche. Vivo il successo di pubblico.

Teatro alla Scala – Stagione 2022/23
RECITAL DI CANTO
Musiche di Donizetti, Verdi, Puccini,
Gounod, Massenet, Bizet

Tenore Vittorio Grigolo
Pianoforte Mzia Bachtouridze

Milano, 26 febbraio 2023

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