All’inizio la favola racconta di una ragazza avvenente e canterina che lava i pavimenti del Mariinskij, allora Kirov, di San Pietroburgo. Qui viene notata dal direttore Valery Gergiev che diventa il suo mentore. Nel 2000, o giù di lì, l’immagine indomita di Anna Netrebko (accanto a quella del basso uruguaiano di Erwin Schrott), monopolizza l’attenzione del Festival di Salisburgo dove ogni riferimento a lei è proibito, Verboten: vederla di persona, avvicinarla, intervistarla. Ma quel festival è il suo vero trampolino di lancio. La vogliono tutti. Con il passare del tempo, ma assai rapidamente, dal suo repertorio operistico e da camera, nulla è escluso, da Purcell a Mozart e da Mozart a Wagner. Lavora con i direttori più prestigiosi nei teatri più celebrati. Vanno a ruba i CD incisi per la Deutsche Grammophon. La ammira e supporta Renata Scotto.
Solo due giorni fa Netrebko era alla Suntory Hall di Tokyo. Ieri sera al Teatro alla Scala, dove è di casa e ha inaugurato varie stagioni. Fuori, forse suggestionati dal recente rifiuto del Metropolitan e dalla sua presenza in teatro il giorno del ripudio di Gergiev da parte del sindaco Sala (con il Boris d’apertura, russo Musorgskij e russi tutti gli interpreti, ogni cosa filò liscia) contestano. Sebbene Anna sia cittadina austriaca e viva a Vienna da quindici anni (Mosca allora se ne ebbe a male, ma presto avvenne la riconciliazione).
Il recital programmato alla Scala accanto alla splendida pianista Elena Bashkirova, inizia un po’ in ritardo. Ma nessuno fiata. Poi ecco l’apparizione. Avvolta in una nuvola bianco-avorio-rosato tutta veli e luccichii, la Nostra appare socievole, tranquilla, soave. Canterà con stupefacente facilità e inedita teatralità. L’atteggiarsi delle braccia, la posa delle mani, il fermo immagine girata di schiena. Alla fine giocherà addirittura a nascondino con il gran coda e, anzi, si esibirà in una serie di tours, di quelli che si fanno in diagonale. Già, perché, nata a Krasnodar nella Russia meridionale, come tutti i bambini deve aver frequentato le scuola di danza folkloristica. Intanto, i lunghi capelli neri da principessa nipponica oscillano sul volto e la voce suadente e sussurrata arriva alla platea come fosse un omaggio a ciascuno di noi. Nella seconda parte del programma, via le trasparenze e al loro posto lunga sottana fiorata e corpetto scuro. Armonia della lingua russa, tuttavia incomprensibile per assenza di display, e fascino della musica e della sua interprete, trasformano Netrebko in un miracolo della natura che regala tutto quello che ha per studio e istinto.
La scelta della locandina cade su un repertorio russo diviso in tre parti: pagine cameristiche di Rimskij-Korsakov, la sezione più ricca, Rachmaninov e Čaikovskij, magistralmente resi anche dal piano della Bashkirova. Il folklore, o più propriamente la tradizione, diventa l’anima segreta di partiture differentemente elaborate dall’inclinazione dei rispettivi autori, sebbene Rimskij sia nome autorevole del cosiddetto Gruppo dei Cinque, quelli della scuola nazionale che non intendono assolutamente accogliere le contaminazioni della musica occidentale. Armonia e modalità devono nascere nella loro terra. Pensiamo al recente Boris Godunov che ha aperto la stagione scaligera: non poteva che essere emanazione diretta della volontà di Musorgskij. Appunto autorevole cuore dei Cinque. Adesso invece, permanendo orientalismo cosacco e accenni di monodia, il canto fluisce intessuto di occidente. La nazionalità semmai è da cercare nei testi che ispirano i canti, da Puškin a Tolstoj. Sono fiori, notti, amori, nostalghia, senso di morte. Linee vocali declamatorie tanto che qualcosa è addirittura recitato dalla Nostra. Čaikovskij (1840), il più occidentalizzato dei tre, è maggiormente vicino alla sensibilità occidentale. Sebbene poi malinconia, ombre, incombere dell’idea di morte, notti e soli costituiscano altrettante anime popolari.
Anna canta. Il timbro è quello di un violino, un luminoso Stradivari piuttosto che un sensuale Guarneri del Gesù, l’intonazione è perfetta come l’uso del vibrato, i suoni che poggiano sempre sul fiato, le smorzature, l’ampiezza dell’estensione, la musicalità, il senso della misura, i gorgheggi caucasici di lei che tra l’altro è caucasica. Alla fine ancora dei bis, l’ultimo dei quali il motivo di un’operetta tedesca.
Il teatro è in delirio. Giocano anche la magica avvenenza e sapienza scenica di Anna. Che pure, sui social, ama mostrarsi al mondo madre e moglie, nella sua quotidianità. Che dire? Una donna concreta e determinata che in scena diventa farfalla, sogno, allucinazione, desiderio e soavità. Desiderio e soavità che, assieme all’arte, fanno impazzire di eccitata felicità gli spettatori.
Teatro alla Scala – Stagione 2022/23
RECITAL DI CANTO
Musiche di Andreevič, Rimskij-Korsakov,
Rachmaninov, Čaikovskij
Soprano Anna Netrebko
Pianoforte Elena Bashkirova
Milano, 19 marzo 2023