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Milano, Teatro alla Scala – Lucia di Lammermoor

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È una Lucia di Lammermoor cupa e drammatica, quella magistralmente diretta e concertata da Riccardo Chailly al Teatro alla Scala. Una Lucia nella quale il senso di smarrimento e catastrofe finale che travolgerà i due protagonisti del romanzo di Walter Scott, efficacemente condensato e tradotto in versi da Salvadore Cammarano, è ben percepibile fin dal Preludio iniziale, nel lugubre riecheggiare dei corni, nell’eccitazione febbrile del coro che apre l’opera “Percorriamo le spiagge vicine”.

A far da cornice a tali presagi di morte vi è la bella scenografia creata da Yannis Kokkos (firmatario anche della regia dello spettacolo scaligero) che evoca certi impressionanti dipinti di Caspar David Friedrich, con i suoi neri alberi stagliati contro i bagliori del tramonto. In sintonia con il regista-scenografo, Chailly sembra voler enfatizzare proprio la dimensione “romantica” della divina partitura di Donizetti, alternandola a oasi di lirismo: l’arpa che introduce Lucia, il malinconico duetto tra Lucia ed Edgardo, lo struggente violoncello che accompagna il suicidio di quest’ultimo. Altrove il direttore milanese scatena marosi orchestrali pre-verdiani, come nella furente cabaletta di Enrico o nella stretta che chiude il concertato del secondo atto. Impressionante, durante il sublime sestetto “Chi mi frena”, anche il metaforico uso delle luci di Vinicio Cheli, che improvvisamente virano verso un colore rosso lacerante come una ferita.

Chailly è sempre attentissimo alle ragioni del canto, sostenendo e soccorrendo amorevolmente i cantanti nei momenti più perigliosi. Ad averne bisogno è soprattutto il tenore, il sempre bravo e professionale Juan Diego Flórez , qui impegnato in un ruolo forse al di sopra delle sue possibilità. Il tenore peruviano, in virtù di un canto limpido e di un fraseggio accuratissimo, sottolinea da par suo la giovinezza dello sventurato Edgardo, ma a tratti fatica a superare la massa orchestrale. La vasta dimensione della sala scaligera certo non lo favorisce. I suoi momenti di gloria sono la pregevole esecuzione di “Fra poco a me ricovero”, con alternanze dinamiche suggestive, e il tono tenero e affettuoso del suo fraseggio nel celebre duetto con Lucia (bellissimo il suo “Io di te memoria viva sempre o cara serberò”).

A lui fa da contraltare una Lucia ben più donna e consapevole del consueto; Lisette Oropesa, infatti, libera Lucia da quel virginale infantilismo che per decenni ha caratterizzato questo ruolo quando affidato a soprani di “coloratura”, così come a suo tempo già fecero una Callas e una Gencer (lasciamo Joan Sutherland nel suo empireo). Non per questo la cantante cubano-statunitense rinuncia a tutto l’armamentario della virtuosa. Scale cromatiche, nitidi trilli, filati e smorzature sono presenti all’appello. La scena della pazzia (accompagnata dalla glassarmonica, come voleva Donizetti, e non dal flauto come da tradizione) la trova interprete immedesimata e coinvolgente. Ma bisogna citare anche il suo pateticissimo “Soffriva nel pianto”, il suo tenero “Deh! Ti placa, deh! ti frena”, l’allucinata esecuzione di “Spargi d’amaro pianto”.

La saggia scelta di Chailly di eseguire integralmente la partitura donizettiana consente a Michele Pertusi, che interpreta il ruolo di Raimondo, di sfoggiare le sue ben note qualità di fraseggiatore, tratteggiando un personaggio ben più ambiguo e prevaricatore di quanto la versione tradizionalmente tagliata facesse presagire, pur con meno velluto e risonanza nel registro grave di un tempo. Allo stesso modo l’ambivalente atteggiamento di Enrico, un gagliardo Boris Pinkhasovich non ancora del tutto padrone del frastagliato fraseggio donizettiano, nei confronti della sorella Lucia emerge come non mai dalla sapiente concertazione di Chailly e dall’attenta regia di Kokkos.
Sottolineata la magnifica prova offerta dall’orchestra scaligera e dal coro (istruito da Alberto Malazzi), non resta che accomunare in un unico plauso le prove offerte da Leonardo Cortellazzi (Arturo), Valentina Pluzhnikova (Alisa) e Giorgio Misseri (Normanno).
A fine serata trionfo per Chailly e Oropesa, e successo caloroso per tutti gli altri, tranne che per il regista, a cui sono stati indirizzati ingiustificati mugugni provenienti dal loggione.

Teatro alla Scala – Stagione 2022/23
LUCIA DI LAMMERMOOR
Dramma tragico in tre atti
Libretto di Salvadore Cammarano
Musica di Gaetano Donizetti

Enrico Boris Pinkhasovich
Lucia Lisette Oropesa
Edgardo Juan Diego Flórez
Arturo Leonardo Cortellazzi
Raimondo Michele Pertusi
Alisa Valentina Pluzhnikova*
Normanno Giorgio Misseri
*Allieva dell’Accademia Teatro alla Scala

Orchestra e Coro del Teatro alla Scala
Direttore Riccardo Chailly
Maestro del coro Alberto Malazzi

Regia, scene e costumi Yannis Kokkos
Luci Vinicio Cheli
Video Eric Duranteau
Collaboratrice del regista
e drammaturga Anne Blancard

Nuova produzione Teatro alla Scala
Milano, 13 aprile 2023

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