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Milano, Teatro alla Scala – Gala Fracci

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Questo secondo, affettuoso e sommesso ricordo della nostra Carlina, scomparsa due anni fa tra lo sgomento e l’incredulità di tutti, l’abbiamo chiamato “Cammina sempre nel teatro della sua vita”. Perché lei, Carla Fracci, mito dei miti, sogno dei sogni, eternità dell’eternità, è sempre viva nell’inconscio collettivo: sinonimo di danza allora e sinonimo di danza ora. Che certo, chissà dove, continua a declinare il suo corpo trasparente, a volare nel palpito delle braccia che parlano, a fluttuare tra i suoi veli e le coroncine fiorite che poggiano sulla chioma corvina. Non intendiamo con ciò limitare le tante esperienze artistiche che punteggiarono la sua vita. Ma per il mondo Carla è sostanzialmente quel medaglione d’epoca.

La Scala, il teatro dove è nata e in qualche modo s’è spenta, si identifica in quel nome che spesso non le appartenne. Ma era il teatro del cuore di lei, dunque una sintesi perfetta. A ogni anniversario la ricorrenza verrà celebrata anche in seguito. Alla seconda edizione del Gala Fracci, il teatro come sempre affollatissimo, sempre molti gli stranieri, si entusiasma a scena aperta e chiusa. Solisti e prime parti del Ballo sono eccellenti con alcune punte che citiamo a caso: Nicoletta Manni, Timofej Andrijashenko, Maria Celeste Losa, Mattia Semperboni, Jacopo Tissi (per un qualche motivo meno presente dei tempi della sua gloriosa rentrée da Mosca), l’eccezionale Claudio Coviello e quel Davide Dato che nella Danse Siamoise da Le Pavillon d’Armide di Neumeier mostra importante teatralità. Del resto, nel Ballo scaligero diretto da Manuel Legris difficile trovare pecche.

Lo spettacolo ripropone il vecchio genere del Gala con tanti titoli, alcuni notissimi e altri meno. Passano Le Spectre de rose, Fokin su Weber, debutto di Carla e momento clou del romanticismo. La Dame aux camélias, Neumeier su Chopin, vede splendere la Manni accanto a un Roberto Bolle offuscato dal dettato coreografico. L’Aprés-midi d’un faune su un sospeso Debussy e qui nella versione di Amedeo Amodio resta sempre un titolo di speciale suggestione. Raymonda di Petipa su Vikharev è un gioiello della Russia zarista. Il lago dei cigni che non necessita di illustrazione.

Verdi Suite di Legris è un divertissement che coinvolge l’intera compagnia. Meno diffusi Le Pavillon ripreso da Legris o Le Loup di Roland Petit. Lo stupefacente After the Rain su Arvo Pärt del coreografo britannico Christopher Wheeldon per il New York City arriva, debutta in teatro e chiude con un intenso e drammatico pas de deux che impegna, uno più stupendo dell’altro, Alessandra Ferri e un Roberto Bolle finalmente in ruolo. Veramente una sorpresa, un giusto tributo all’arte dei due interpreti e al magico carisma della nostra immortale Carlina.
Ancora una volta ovazioni calorosissime che coinvolgono anche gli ottimi direttore d’orchestra Kevin Rhodes e direttore del Ballo Manuel Legris.

Milano, 7 giugno 2023

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