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Milano, Teatro alla Scala – Dawson/Duato/Kratz/Kylián (con Roberto Bolle)

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Dopo la lezione di Vaziev e dell’attuale direttore Manuel Legris il Ballo della Scala appare forgiato in modo esemplare, come dimostra in questi giorni la serata di danza contemporanea articolata in quattro titoli. Bravissimi tutti nello spericolato Anima Animus di David Dawson su musica di Ezio Bosso (un dovuto e commosso omaggio con fascio elettronico e accenni al Vivaldi delle Stagioni). È un bianco-nero con donne in punta sviluppato davanti a un riquadro chiaro sebbene non si noti traccia di Yung cui il titolo (sessualità maschile e femminile) è indirettamente riferito. Remanso dello spagnolo Nacho Duato vorrebbe alludere al mondo poetico di Lorca, ma in realtà è un gioco plastico e acrobatico sviluppato attorno a un piccolo paravento grigio. Tre i protagonisti, Nicola Del Freo, Mattia Semperboni e l’eroe mondiale Roberto Bolle che non è privilegiato dalla coreografia e non possiede caratteri tali da essere riconosciuto da una certa distanza. Problema risolto durante il diluvio di applausi che gli casca addosso quando si presenta da solo in proscenio. La musica, melodica, piacevole e non spagnoleggiante, è un Granados eseguito egregiamente dal pianista Takahiro Yoshikawa.

Quattordici danzatori danno vita a Solitudes Sometimes del tedesco Philippe Kratz, pregevole astrazione su affascinanti proiezioni colorate. Dovrebbe alludere alla mitologia egizia che non si coglie. Tuttavia la serata inedita e di classe affidata a splendidi interpreti si sublima nel finale, in Bella Figura del ceco Jiří Kiliăn cittadino del mondo, titolo già visto con leggere modifiche. Vari ballerini si muovono al limite del sogno con tecnica, dubbi, vulnerabilità. Coreografia sospesa, elegante, inquietante, psicologica. Strutturata in un’alternanza di corporeità surreale alla Magritte e silenzi alternati a esplosioni delle musiche più amate: l’oboe di Alessandro (Benedetto?) Marcello, la colonna sonora del film Anonimo veneziano, i due mandolini di Vivaldi, lo Stabat di Pegolesi….E intanto nudità, luci, ombre, sipari aperti e semi calati, momenti marionettistici e spaccati di sospesa sensualità priva di corpo, senza peso e senza peccato. Sebbene la due fanciulle che fluttuano a seno scoperto siano poi il tableau di un anonimo della Scuola di Fontainebleau: Gabrielle d’Estrées e sua sorella. Omosessualità virginale, maliziosa, innocente. Bella Figura? Un sogno magnifico e forse poco compreso che a parer nostro, assieme ai protagonisti, fa tutto lo spettacolo.
Teatro esaurito e applausi e non finire specie a Roberto Bolle.

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