Come da tradizione, un concerto della stagione della Filarmonica della Scala è affidato a un’orchestra ospite di rilievo. Approda così, al Teatro alla Scala, a pochi giorni dalla Pasqua, la Czech Philharmonic (Česká filharmonie), illustre compagine mitteleuropea tenuta a battesimo nel 1896 da Antonín Dvořák, già esibitasi su queste tavole nel 1962 e nominata “Orchestra dell’anno” da Gramophone nel 2022. L’Orchestra Filarmonica Ceca, che ha sede presso l’auditorium del Rudolfinum di Praga, nel corso degli anni è stata diretta da artisti della nomea di Rafael Kubelík, Gerd Albrecht, Vladimir Ashkenazy, Jiří Bělohlávek ed Eliahu Inbal. All’appuntamento scaligero si presenta con Semyon Bychkov, suo direttore principale e musicale dal 2018, assente dal Piermarini dal 2012.
Sui leggii troviamo la Sinfonia n. 6 in la minore Tragica di Gustav Mahler, che debuttò a Essen nel 1906. Ben noti sono i legami tra la Czech Philharmonic e il compositore nativo di Kaliště: nel 1908 venne, infatti, diretta proprio da Mahler per la prima esecuzione della sua Settima. Da due anni, poi, l’Orchestra si sta dedicando, assieme a Bychkov, all’integrale mahleriana. La Sesta, il cui epiteto Tragica fu aggiunto in un secondo momento, una delle “Sinfonie senza canto” prive di interpolazioni liederistiche, è pervasa sin dalla prima battuta di un tono apocalittico; in essa coesistono forma classica (è difatti suddivisa nei quattro movimenti canonici) e tono “tragico”.
Con gesto energico e scattante, il maestro nativo di San Pietroburgo propende per una lettura vigorosa, robusta e impetuosa della partitura, improntata a tonalità enfatiche e rutilanti, ottenendo dalla Czech Philharmonic un suono lussureggiante, brunito e avvolgente, che riempie con facilità l’ampia sala teatrale. Ne scaturisce, così, un Mahler eroico e gagliardo, maestoso e imponente, giocato principalmente su sonorità piene e turgide, su di un andamento sostenuto e su di un’interpretazione muscolare e, a tratti, poco sfumata.
Tale solenne veemenza è ben manifesta sin dall’Allegro energico, ma non troppo d’apertura, di monumentale saldezza, dallo spiccato sapore marziale e processionale, reso da Bychkov con marmorea incisività, scolpendo con possanza il primo gruppo tematico e l’appassionato “tema di Alma”. Questo abbondante flusso musicale è, via via, in parte alleggerito dalla comparsa dei campanacci e della celesta.
Il successivo Scherzo è pervaso di una grottesca, inquietante aura spettrale, dal suono sferzante e sinistro imperniato, soprattutto, su di una ritmica ossessiva e sui baluginanti trilli dati dagli interventi dello xilofono e del glockenspiel. Alla violenza dei primi due movimenti fa da contraltare il lirismo rarefatto dell’Andante moderato, quasi un intermezzo di ampie proporzioni, nella parte iniziale contraddistinto da un clima mesto ed elegiaco (come non pensare al celeberrimo Adagietto della Quinta?) che, via via, trascolora in idilliache reminiscenze pastorali e nella densità polifonica che precede la discesa delle ultime battute.
Chiude la sinfonia il vorticoso, drammatico Finale. Allegro moderato, affrontato dal maestro russo e dalla Česká filharmonie con slancio rapinoso, piglio dirompente e un’agogica incessante e travolgente, ritornando a sonorità plastiche e corpose, nelle quali si registrano i tre enigmatici colpi di martello, dal suono sordo, risultato quasi attutito in una simile esplosione orchestrale. Concludono la sinfonia le telluriche mazzate del timpano in fortissimo e il sussultante pizzicato degli archi, sigillati da una decina di secondi di ieratico silenzio, gravido di significato e di angoscia esistenziale.
Teatro esaurito e, al termine, festante e prolungata accoglienza di pubblico, con scroscianti applausi e punte di entusiasmo per Semyon Bychkov.
Teatro alla Scala – Stagione Filarmonica della Scala 2023
Gustav Mahler
Sinfonia n. 6 in la minore Tragica
Czech Philharmonic
Direttore Semyon Bychkov
Milano, 3 aprile 2023