Alla Scala, Andrea Chénier va in scena per alcune recite con una compagnia di canto parzialmente rinnovata. Qui si parlerà solo delle “novità”, visto che, per quanto mi riguarda, sono fondamentalmente d’accordo con quanto scritto da Fabio Larovere in occasione della “prima” (qui la recensione). Poi si sa che una recita non è mai uguale a un’altra e quindi è normale che le prestazioni di tutti, protagonisti ma anche comprimari, non risultino esattamente uguali.
Ambrogio Maestri, assente alle prime recite, ha potuto finalmente sostenere il ruolo di Gérard. Ha esibito una voce calda e ampia, anche se con un’emissione problematica in acuto, dimostrandosi visibilmente commosso dopo gli applausi che hanno salutato il suo “Nemico della patria” nel terzo atto. Sul versante scenico, niente di particolare da segnalare.
Atteso con molto interesse, il debutto di Chiara Isotton nella parte di Maddalena di Coigny si è rivelato il vero punto di forza di questa replica. In possesso di una voce imponente, di pari bellezza, omogeneità e sicurezza in tutti i registri, il soprano veneto si è imposto fin dal primo atto, ma ovviamente la prima prova del fuoco si è avuta nel secondo con il grande duetto “Ora soave, sublime ora d’amore”, dove ha sfoggiato una padronanza assoluta nel pericoloso attacco della frase iniziale, ma si è fatta valere anche per l’articolazione chiara e precisa del testo, l’abilità nel rendere naturale il recitativo e il parlato (notevole la frase all’arrivo di Maddalena “ancor nessuno…ho paura”). L’esecuzione della sua grande aria consente poi di esprimere un giudizio definitivo: in “La mamma morta”, acclamatissima dal pubblico, Isotton si è dimostrata infatti degna erede di una lunga tradizione di gloriose voci sopranili italiane che parevano ormai cosa del passato. E non mi riferisco solo agli acuti, che non sono mai forzati, ma anche ai gravi possenti e naturali, mai aperti, e alle mezzevoci (forse ancora un po’ da perfezionare, per quanto possibile considerata l’importanza della voce). Dulcis in fundo, la cantante non ha avuto bisogno di inserire una puntatura non scritta per finire “in bellezza” (?) l’aria e raccogliere applausi. Fondamentale il suo contributo anche nel grande duetto finale, dove ha davvero brillato scatenando un’ovazione, proseguita poi a ogni apparizione da sola in proscenio. Non direi che sia nata una stella, perché Chiara Isotton ha lavorato molto e ha fatto una gavetta forse troppo lunga prima di arrivare a tali risultati, ma sicuramente questa recita ha consacrato una cantante e un’interprete eccellente.
Nelle ultime recite di questo Chénier scaligero, si esibiranno Jonas Kaufmann nel ruolo del titolo (24, 27 maggio) e Amartuvshin Enkhbat in quello di Gérard (21, 24, 27 maggio).
Milano, 11 maggio 2023