Formare un cast equilibrato per un’opera come Il turco in Italia di Rossini è già di per sé un’impresa, metterne insieme due quasi dello stesso livello pare quasi impossibile: il Teatro Real di Madrid ci ha provato ed è riuscito a vincere la sfida. Complimenti. Visto che allestimento, direzione musicale, coro, orchestra e l’interprete di Albazar erano gli stessi recensiti alcuni giorni fa (qui il link) e non ci sono state tra una recita e l’altra differenze degne di nota, questo resoconto si occuperà solo dei nuovi cantanti.
Non ho potuto ascoltare Sara Blanch nei panni di Fiorilla, di cui ho sentito dire meraviglie, perché per una indisposizione di Lisette Oropesa è passata al primo cast per due recite e le è quindi subentrata Sabina Puértolas. Originario di Navarra, questo soprano ha fatto una bella carriera soprattutto in Spagna e le sue caratteristiche vocali sono quelle di una soubrette (si pensi alla grandissima Graziella Sciutti, straordinaria Fiorilla e non solo). Puértolas si è presentata preparatissima, avendo già cantato la parte, ha adoperato i suoi mezzi vocali in modo intelligente, ha fatto le sue variazioni ed è arrivata a note che mai in precedenza le avevo sentito fare. È anche una donna avvenente, oltre che una valida artista, e ha riscosso un bel successo, soprattutto dopo il terribile “Squallida veste e bruna’”, ottenendo il maggior applauso della serata. A fine spettacolo le è stata tributata una vera e propria ovazione, con tanto di pubblico in piedi, e lei si è molto commossa.
Il Selim di Adrian Sampetrean, di bella figura e bravo attore, aveva dalla sua una voce ben timbrata ma assolutamente baritonale, e quindi i gravi erano insufficienti. Don Geronio era Pietro Spagnoli, che con questo ha messo in repertorio i tre personaggi di registro grave del Turco. Anche lui baritono e non basso buffo di tradizione, con una lunga esperienza in questi ruoli, ha esibito bella tecnica e stile ottimo, si è calato nella grande tradizione italiana (della quale ricordo l’indimenticabile Bruscantini) e ha presentato un personaggio quasi antitetico a quello di Kiria nel primo cast, un uomo diffidente, tormentato, sempre sulle spine, strappando un grande applauso nel suo assolo del secondo atto.
Ottima la Zaida di Chiara Amarù, che ha messo in luce una voce di colore intenso e scuro e un’interpretazione molto comica di donna tradita, furiosa ma sempre innamorata. Il Narciso di Anicio Zorzi Giustiniani risultava invece alquanto pallido. Non applaudito nell’aria di sortita, lo è stato invece – discretamente – in quella più difficile del secondo atto “Tu seconda il mio disegno”, dove è risultato tuttavia al di sotto delle aspettative: hanno pesato in particolare le agilità modeste e i limiti in acuto. Anche dal punto di vista scenico, è stato meno interessante degli altri colleghi.
Non ho dimenticato Prosdocimo, il poeta. Se non erro, Mattia Olivieri aveva debuttato il ruolo alla Scala per una sola recita prima che il teatro chiudesse le porte per la pandemia. Non mi risulta che l’abbia rifatto dopo. Con questa regia complicata, in cui lui è un poetastro trasandato, sempre in ciabatte e vestito alla meno peggio, sigaretta e bicchiere in mano, dire che è perfetto è poco. Canta con spontaneità, un timbro bello, pastoso e omogeneo (con qualche variazione e puntature di tutto rispetto) e si muove con un’agilità e padronanza del palcoscenico davvero notevoli. Perfino nei saluti è stato estroso. Se proprio dovessi scegliere un momento da ricordare, indicherei il terzetto “Un marito scimunito” ma anche tutti i recitativi, espressivi e pieni di umore. Si è divertito un sacco e ha fatto divertire.
Madrid, 3 giugno 2023