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Londra, Wigmore Hall – Recital di Michael Spyres

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Il baritenore americano Michael Spyres è impegnato insieme al complesso barocco Il Pomo d’Oro (Il pdo), in un breve tour europeo allo scopo di promuovere il suo nuovo album Contra-tenor registrato nell’autunno 2020 e disponibile dal 21 aprile di quest’anno per Erato. Dopo Montpellier è stata la volta di Londra, dove Spyres e il pdo si sono esibiti nella bellissima sala vittoriana della Wigmore Hall. È stato un trionfo tra l’euforia generale dei presenti, consapevoli di aver assistito a qualcosa di memorabile. Il tutto grazie alle doti fuori dal comune (diremo da fuoriclasse) di Michael Spyres, supportate dall’accompagnamento elettrizzante di quello che rimane di fatto l’ensemble barocco più richiesto del momento. Il programma del concerto, dal titolo “Tenore Assoluto” consisteva di una buona parte della registrazione, pagine del repertorio barocco, anche rare (incluse tre prime mondiali di Hasse, Latilla e Galuppi), che mettono in evidenza le possibilità del virtuosismo tenorile nel ‘700, offuscato all’epoca dalla fama dei castrati dell’epoca ma anche da quella delle prime donne. Se la popolarità dei falsettisti oggi ha fatto conoscere ai più i nomi di Farinelli, Carestini e Caffarelli, con questa registrazione il cantante americano ha voluto portare all’attenzione i nomi ben meno noti di Amorevoli, Babbi, Borosini, Fabri, Jélyotte, Legros e Raaf.

Ora con Spyres regna sempre un po’ di confusione sulle classificazioni di registro: baritenore? tenore? tenore assoluto come in questo caso? Una confusione forse amplificata dalla scelta un po’ fuorviante del titolo di questa registrazione: “Contra-tenor”. Scelta che avrà sicuramente fatto storcere il naso ai controtenori-falsettisti. Un’invasione di campo? Decisamente sì in termini di marketing discografico, ma certamente no in termini di repertorio effettivamente eseguito. Lasciando stare il titolo, l’intento di Spyres con questa a registrazione era quella di dare dignità al canto virtuosistico tenorile barocco, passato in secondo piano nel ‘700, ma che di fatto ha rappresentato l’inizio di un processo che avrebbe portato i tenori a occupare poi le parti principali da primo uomo. Un virtuosismo che richiedeva oltre alla coloratura, al fraseggio ecc. un’estensione di circa 3 ottave e mezzo (D2-G5), estensione che Spyres ha acquisito nel tempo. Come avevamo spiegato in una precedente recensione a proposito dell’incisione “Baritenor” per Erato (qui il link) il cantante ha mosso infatti i suoi primi passi da baritono e solo dopo anni di studio ha trovato una sua dimensione come tenore, sfondando poi a livello globale. Non un tenore puro, visto che il colore rimane scuro, ma con un’estensione, falsetto e suoni misti che praticamente gli consentono di cantare da tenore anche ad altezze vertiginose. Non un dono della natura quindi, ma, come tutti i grandi, Spyres fa sembrare questo artifizio acquisito il più naturale possibile. Senza perdere tempo in disquisizioni, si può concludere che quella di Spyres è una voce sui generis che è difficile da chiudere in delle scatole predefinite. Cercare di definirla sarebbe un esercizio scolastico. Conta alla fine la versatilità ed evidentemente lo studio che hanno portato il cantante a raggiungere questi risultati.

All’ascolto dal vivo colpisce l’estensione, la predisposizione all’agilità di forza, alla messa di voce e al canto di sbalzo. Nonostante abbia cantato arie difficilissime tra note, notine e suoni impossibili ai più, abbiamo apprezzato come il cantante sia rimasto sempre composto, senza contorcersi o senza alcun cenno di tensione. Se a questo uniamo un’emissione impeccabile, un suono rotondo, morbido e sempre ben appoggiato, possiamo affermare che l’impostazione di questo cantante è molto sana. Il volume poi ha risuonato spavaldamente in diverse occasioni facendo per così dire tremare le mura dell’intima sala londinese. Un barocco così cantato quasi interamente a voce piena, senza scorciatoie, è raro al giorno d’oggi. In generale il cantante è apparso molto concentrato sul canto e sulla sua pulizia oltre che sull’articolazione dei virtuosismi. Qualcuno lamenterà forse qualche mancanza di intenzioni interpretative in queste arie funamboliche ma il valore di quello che abbiamo ascoltato è comunque di un livello tale che francamente possiamo soprassedere. La voce parla da sé e la tecnica pure: è proprio con il supporto della tecnica che i processi imitativi delle arie di tempesta diventano credibili nella resa e mai “gigioni”. Inoltre, i passaggi dal carattere più spianato o stilisticamente più galanti sono stati eseguiti con la giusta espressività. Per ultimo, e non certo per importanza, va detto che Spyres ha cantato con intonazione ottima e con una tenuta notevole. Insomma non ha fatto rimpiangere l’incisione, anzi, l’ha amplificata rendendola ancora più esaltante dal vivo.

Il programma si è aperto con “Empio, per farti guerra” da Tamerlano di Händel, aria di Bajazet interpretata nel 1724 da Francesco Borosini. Spyres è incisivo nell’uso degli accenti e negli affondi. Rimanendo sul Caro Sassone, è stata eseguita un’aria dall’oratorio Theodora che Spyres aveva portato in tour e inciso sempre con il pdo: si tratta di “Dread the fruits of Christian folly”, aria di Septimius, ben articolata e con una coloratura velocissima, come quella sulla parola “folly”. Da Händel si passa a Vivaldi con l’aria “Cada pur sul capo audace” da Artabano, re de’ Parti composta per il carnevale veneziano del 1718 e dove il ruolo del titolo spettava al tenore Antonio Denzio. L’aria si caratterizza per dei gruppetti discendenti sulla parola “cada” eseguiti da Spyres con un bel supporto e taglio drammatico. “Vil trofeo d’un alma imbelle” da Alessandro nelle Indie di Baldassare Galuppi più galante nel carattere e gentilmente abbellita con una linea di canto gestita sempre ottimamente sul fiato. Si chiude la prima parte del concerto con un’aria che gli inglesi definirebbero showstopper: “Se il mio paterno amore” dal Siroe di Gaetano Latilla messo in scena per il carnevale romano del 1740. Spyres si muove sprezzante per il pentagramma tra salti di intervallo, agilità e ribattuti su una gamma ampia, un virtuosismo che può competere con quello dei castrati.

Dopo l’intervallo, la seconda parte del concerto si è aperta con una breve incursione nel barocco francese con “Cessez de ravager la terre” da Naïs di Rameau, con un canto melismatico ben eseguito anche se magari senza le sottigliezze degli specialisti del barocco francese. Si prosegue con Nicola Porpora e il suo Germanico in Germania di cui viene eseguita “Nocchier, che mai non vide”, con cui torniamo sul virtuosismo puro di un’aria di tempesta. “Fra l’ombre un lampo solo” da Achille in Sciro di Domenico Natale Sarro è elegantemente abbellita nel da capo, tra l’altro con dei bei trilli. “Solcar pensa un mar sicuro” da Arminio di Hasse è un’altra bella aria di tempesta dai lunghi passaggi vocalizzati e sbalzi che si snodano attraverso il pentagramma e imitano “il cangiarsi” del cielo e del mar; la risoluzione finale enfatizza ancor più l’estensione incredibile di Spyres. Chiude il programma del recital “Tu m’involasti un regno” da Antigono di Antonio Mazzoni, dal carattere risoluto e che nel da capo si infuoca negli sbalzi e con una cadenza su tre ottave fino al sol acuto.

Francesco Corti ha diretto con notevole guizzo e inventiva ritmico-musicale. Come avevamo notato in precedenza in un’altra apparizione londinese di questo celebre complesso, il suono del pdo rimane sempre di qualità e compatto, senza diventare troppo metallico o chiassoso. Apprezzabile il perfetto equilibrio tra pulizia e virtuosismo del primo violino Zefira Valova. Non manca qualche colpo “barock” da parte del gruppo del continuo che fomenta il carattere elettrizzante di alcune arie, ma si rimane nei limiti del buon gusto senza sconfinare in eccessi. Il complesso ha avuto modo di emergere come gruppo di strumentisti nell’esecuzione di tre concerti: Il concerto in sol minore RV156 di Vivaldi, il concerto a4 N3 di Galuppi e il concerto grosso Op. 2 n.1 di Giuseppe Sammartini. Ci ha colpito particolarmente il primo.

Ora, se va proprio trovata una pecca di un concerto che ha dell’eccezionale è quella forse della poca varietà di un programma che con un focus sulle arie da tempesta e senza arie patetiche non ha avuto tanto modo di far emergere alcune qualità espressive dell’interprete. A farci assaporare cosa Spyres possa fare in un campo meno funambolico ma emozionalmente più partecipe ci ha pensato il bis. Spyres ha proposto “J’ai perdu mon Eurydice” da Orphée et Eurydice. La resa commovente e intensa della celebre aria di Gluck basta a dimostrare quanto sarebbe ingiusto ridurre Spyres a mero fenomeno di acrobazie vocali circensi. Ma è indubbio che il virtuosismo vocale è stata la firma di questo concerto, terminato tra ovazioni e tripudi dopo un secondo bis, il da capo dell’aria “Se il mio paterno amore”, variata in modo differente rispetto alla precedente esecuzione, anche questa una capacità dei fuoriclasse. I presenti sono usciti dalla sala un po’ euforici e un po’ senza parole. Non capita spesso.

Wigmore Hall – Stagione 2022/2023
RECITAL DI CANTO
Musiche di Händel, Vivaldi, Galuppi, Latilla, Rameau,
Porpora, Sarro, Sammartini, Mazzoni

Michael Spyres baritenore
Francesco Corti direttore e clavicembalo
Il Pomo d’Oro

Londra, 21 maggio 2023

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