La pianista canadese Angela Hewitt, tra le ospiti stabili della Stagione 2022-23 della Wigmore Hall di Londra, ha voluto accanto a sé per uno dei suoi concerti il mezzosoprano italiano Anna Bonitatibus, co-protagonista di una serata che, senza alcuna pausa strumentale, ha visto proporre al pubblico un programma raffinatissimo per voce e piano, composto da pagine di Berlioz, Viardot, Liszt e Rossini. La cantante originaria di Potenza era reduce da un tour europeo di Alcina dove ha debuttato il ruolo di Ruggiero, come da noi riferito in una recente intervista a cui rimandiamo (qui il link), per chi volesse conoscere più a fondo l’artista.
Come spiegato dalle note al programma di sala, firmate da Katy Hamilton, il filo conduttore del repertorio proposto è la figura di Pauline Viardot (1821-1910), figlia minore del tenore e maestro di canto Manuel García, sorella della ben più celebrata ma anche sfortunata Maria Malibran (1808-1836), morta precocemente a soli 28 anni a seguito di una caduta da cavallo. Pur non essendo stata interprete delle pagine proposte, Viardot è stata legata ai compositori scelti per questo concerto o lei stessa compositrice, come nel caso della sua Scène d’Hermione. Pianista allieva di Lizst, cantante, insegnante, mecenate, amica di Rossini, Viardot è stata una presenza influente della cultura musicale europea, ammirata da molti compositori, tra cui Berlioz che la diresse nel 1859 in una versione riarrangiata per mezzosoprano dell’Orphée di Gluck.
È proprio Berlioz ad aprire il programma con la versione originale de Les nuits d’été del 1840-41 per voce e pianoforte, meno nota e eseguita di quella orchestrale, completata dal compositore a metà degli anni ’50 dello stesso secolo. La voce si deve ancora scaldare del tutto ma “Villanelle” è cantata con espressione e soffici mezzevoci; “Le spectre de la rose” viene arricchita di colori e sfumature e rimane intimistica con un finale quasi sospirato; “Sur les lagunes” è caratterizzata da un’amara consapevolezza che vocalmente trova riflesso in toni piacevolmente bruniti (come quando sottolinea “Sur moi la nuit” o quando affonda di petto su “que le ciel entend seul”); “Absence” con sospirata dolcezza è un’invocazione al ritorno dell’amato; “Au cimetière” rimane forse più generica nella resa interpretativa ma mai algida, mentre “L’île inconnue” viene restituita con grande piglio musicale e varietà di fraseggio.
Si cambia decisamente atmosfera con una scena per voce e pianoforte che ben si addice al temperamento della cantante, dopo un inizio di concerto all’insegna delle sottigliezze intimistiche: si tratta della Scène d’Hermione, composta dalla stessa Viardot su testo tratto dal quarto atto della tragédie Andromaque di Jean Racine, dedicata a Madame Franck-Duvernoy, cognata della figlia di Viardot. Dopo un recitativo dall’alta caratura drammatica segue un’oasi di quiete che dura poco però, perché si costruisce una progressiva tensione musicale e drammatica che entrambe le interpreti rendono molto efficacemente; Bonitatibus lo fa incalzando e gestendo le dinamiche sì, ma anche sottolineando con cura il testo e le parole chiave o esclamazioni come “Perfide!” e “Je ne te retiens plus!”. Sul finire il tutto diventa molto teatrale, con la rabbia di Ermione contro Pirro che raggiunge il climax sfogandosi su un si bemolle acuto ben sonoro e centrato.
Dopo l’intervallo si prosegue con i Tre sonetti di Petrarca nella seconda versione S270, quella per mezzosoprano o baritono che ebbe una gestazione di quasi vent’anni (1864-82) prima della sua pubblicazione. Finalmente Bonitatibus può cantare nella sua lingua madre, con un’attenzione al testo che è stata colta anche da chi l’italiano non lo conosce. “Benedetto sia ’l giorno” si caratterizza per una sensibile cantabilità, “Pace non trovo” fonde tormento, dolore e riflessione introspettiva, ma è “l’ vidi in terra angelici costumi” ad affascinare veramente per l’eleganza della cantante nell’accarezzare il testo poetico, dove ogni parola viene pesata con colori differenti e con dei fiati magistrali che creano un bellissimo effetto di sospensione nell’ascoltatore.
Se è vero che nonostante tutto quello che accade durante un concerto o un’opera, lo spettatore medio si ricorderà soprattutto di quello che viene cantato al termine, il recital viene saggiamente chiuso con la cantata Giovanna d’Arco di Rossini, nella sua versione originaria per pianoforte del 1832 su testo anonimo, prima delle trasposizioni orchestrali fatte in tempi moderni (Sciarrino 1989/Taralli 2011). Bonitatibus ha modo di mettere a frutto la sua esperienza di rossiniana di lungo corso. Sfoggia un bel velluto scuro, abbellisce con morbidezza e colore la linea melodica, sottolinea in senso drammatico le visioni del secondo recitativo e nell’aria finale il tono inizialmente maestoso lascia spazio a una cabaletta (“Corre la gioia”) dalle agilità fluidamente sgranate sul fiato come perle e dove la fierezza di Giovanna, consapevole del suo destino, sfocia nell’esclamazione “Viva il Re, la vittoria è con me”.
Alla tastiera, Angela Hewitt accompagna la cantante con sensibilità e comunione di intenti, senza invasioni di campo ma con chiarezza di tessitura strumentale e sempre sottolineando contrasti dinamici o diversità di carattere, incalzando nei momenti di maggiore drammaticità musicale o prolungando pianissimi o sospiri con un uso oculato dei pedali.
Al termine, applausi calorosi per le due artiste che concedono al loro pubblico due bis: Il Vocalise-étude en forme de Habanera di Ravel e l’ultima composizione di Bellini, Le souvenir present céleste. Il primo valorizzato nei suoi espressivi virtuosismi dai toni evocativi tra staccati, trilli stretti, glissandi e scale cromatiche, il secondo ancora più efficace nella sua elegante e disarmante bellezza e nel suggellare con classe la chiusura di un recital di livello.
Wigmore Hall – Stagione 2022/2023
RECITAL DI CANTO
Pagine di Berlioz, Viardot, Liszt, Rossini
Anna Bonitatibus mezzosoprano
Angela Hewitt pianoforte
Londra, 23 febbraio 2023