Composta da un Wolfgang Amadeus Mozart dodicenne, La finta semplice è un’opera per certi versi problematica: non si sa con esattezza quando avviene la prima rappresentazione (si suppone nella primavera del 1769 nel Palazzo Arcivescovile di Salisburgo), in quanto quella programmata a Vienna l’anno precedente naufraga per l’avversione dell’establishment musicale della capitale, e i giudizi critici su questa che può essere considerata la prima prova organica del Mozart operistico sono sempre molto contrastanti. Un po’ di colpa può averla il libretto di ascendenza goldoniana firmato da Marco Coltellini, che sfrutta tutti i luoghi comuni dell’opera comica del tempo per costruire una trama ingarbugliata e non sempre efficacissima, ma che è comunque piuttosto in linea con la produzione del genere in quel periodo. Tuttavia, la musica è quella di un genio alle prime armi e spesso sembra di udire anticipazioni dai capolavori della Trilogia dapontiana.
Per offrire questa sorta di rarità, mai rappresentata prima a Firenze, il Teatro del Maggio si sposta nel più piccolo Teatro Goldoni in Oltrarno dove offre un banco di prova per giovani cantanti e scenografi. Le scene, assai ben curate, e i costumi sono infatti frutto del lavoro degli studenti del Triennio in Scenografia di NABA, Nuova accademia delle belle arti, con la guida della veterana Margherita Palli, e mostrano la ricostruzione di un palco nudo di teatro dove trovano spazio prima il bancone di un bar e poi una enorme cucina da ristorante di gusto antico. Nell’idea della regista Claudia Blersch, infatti, i fratelli Cassandro e Polidoro gestiscono un luogo di ristorazione, ma assai poco chiari sono i rapporti tra i vari personaggi, tutti abbigliati in foggia moderna, tranne Rosina vestita con abiti settecenteschi, e che emerge dalla platea con la sua prima aria. All’intera rappresentazione assiste il piccolo Mozart, visibile fin dall’ouverture in un palco di proscenio, spesso poi presente a dare le più varie indicazioni teatrali. A un impianto drammaturgico assai confuso, sopperisce una direzione attoriale molto accurata, assecondata dagli interpreti. Le idee quindi non mancano, ma le intuizioni recitative si inseriscono in un disegno registico privo di una coerenza generale, con il risultato di uno spettacolo teatralmente monco.
Le cose vanno meglio sul fronte musicale, dove Theodor Guschlbauer impone una lettura spedita e briosa, in un approccio interpretativo che guarda al Mozart classicheggiante oggi meno in voga, ma che ha pur sempre il suo fascino, se ben eseguito. L’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino parte poco amalgamata per poi acquisire compattezza lungo la serata, dispensando colori e ritmo che danno la giusta vitalità alle arie.
Il giovane cast risulta ben assortito e avvantaggiato dall’ottima acustica della piccola sala. A Benedetta Torre è affidato il personaggio protagonista di Rosina. Il soprano può vantare uno strumento bello e connotato da un timbro riconoscibile, leggermente brunito, che trova i suoi punti di forza in un registro centrale seducente, mentre gli acuti risultano talvolta un po’ fissi. Tuttavia l’interprete sa fraseggiare con gusto e trovare i giusti accenti in ogni aria, in una prova completa e soddisfacente.
Eduardo Martínez Flores è in possesso di voce chiara non torrenziale ma ben proiettata, che sa sfogarsi soprattutto in zona acuta. Il suo Don Cassandro è ridicolo al punto giusto, senza eccedere in cachinni, ma anche pronto a prendersi i suoi momenti sul palco. Lorenzo Martelli si distingue nel ruolo di Polidoro grazie a uno strumento di bella fattura e un’ottima musicalità: il timbro solare e la linea omogenea si piegano senza problemi a giochi di colori e fraseggio che, uniti alla spigliatezza scenica e a una buona espressività, aiutano a caratterizzare in modo perfetto il personaggio.
Xenia Tziouvaras offre una Giacinta in crescendo. Il timbro non particolarmente seducente è compensato da buona musicalità e una linea omogenea. Nella sua aria finale “Che scompiglio, che flagello” (l’unica dell’opera in tonalità minore), sa anche trovare i giusti accenti quasi tragici e giocare assai bene con le dinamiche, offrendo una prova più che positiva. Rosalia Cíd è una Ninetta bene a fuoco, che sa destreggiarsi sia nei momenti più distesi che in quelli più concitati, grazie a uno strumento chiaro, che si trova ben a suo agio anche nei passaggi più alti della tessitura. Luca Bernard disegna un Fracasso piuttosto spaccone con un bel piglio scenico e un buon fraseggio. La voce è piuttosto chiara, ma corposa e pronta agli slanci in acuto. Il ruolo di Simone trova infine un ottimo interprete nella figura disinvolta e nella vocalità brunita e omogenea di Davide Piva, in possesso di buon fraseggio, acuti saldi e agilità ben sgranate.
Il teatro quasi pieno tributa un buon successo allo spettacolo, applaudendo spesso dopo le singole arie e riservando accoglienze calorose alle chiamate finali.
Teatro del Maggio – Stagione 2022/23
LA FINTA SEMPLICE
Dramma giocoso in tre atti
Libretto originale attribuito a Carlo Goldoni
rielaborato da Marco Coltellini
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Rosina Benedetta Torre
Don Cassandro Eduardo Martínez Flores
Don Polidoro Lorenzo Martelli
Giacinta Xenia Tziouvaras
Ninetta Rosalia Cíd
Fracasso Luca Bernard
Simone Davide Piva
Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino
Maestro concertatore e direttore Theodor Guschlbauer
Regia Claudia Blersch
Scene e costumi Studenti del Triennio in Scenografia di NABA,
Nuova Accademia di Belle Arti
con la guida di Margherita Palli
Luci Andrea Locorotondo
Nuovo allestimento
Firenze, 24 gennaio 2023