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Cagliari, Teatro Lirico – Gloria

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Il Teatro Lirico di Cagliari continua fedele alla tradizione di iniziare ogni stagione con un titolo raro, ritenuto degno di una nuova opportunità. Negli ultimi anni si è interessato in particolare al repertorio italiano, soprattutto quello a cavallo fra le due guerre mondiali. È il caso anche di Gloria di Francesco Cilea, proposta in apertura di stagione nell’ultima versione approntata dal compositore nel 1932 per il San Carlo di Napoli, con revisione anche del libretto scritto da Arturo Colautti per la prima assoluta del 1907, data alla Scala sotto la direzione di Toscanini, con Krusceniski, Zenatello, Amato e De Angelis.

Ultima opera del non molto folto catalogo lirico di Cilea, e a quanto pare la sua preferita, Gloria vanta certamente molti momenti di bella musica, fra cui i duetti tra i protagonisti e qualche aria del soprano, dove non manca qualche ricordo di Adriana Lecouvreur e perfino della Butterfly pucciniana. Purtroppo il libretto è – almeno per chi scrive – di un dannunzianesimo tra l’assurdo e l’insopportabile (se non addirittura ridicolo), del tutto privo di una vera azione drammatica e quella che ci potrebbe ancora essere viene distrutta o sommersa da parole più che altisonanti (il libretto di Adriana, dello stesso autore, non sarà il massimo ma in confronto a questo è un capolavoro). Non siamo certo sotto i livelli di guardia di Palla de’ Mozzi di Marinuzzi vista in loco un paio di stagioni fa, ma è chiaro che se Cilea aveva una vena lirica e intimista notevole, i momenti epici o coturnati non gli venivano facili (bella però la scrittura per il coro, in particolare il Magnificat dell’atto finale).

Il risultato è un’opera breve (anche più della versione originale), ma che sembra nondimeno lunghissima e il cui pregio maggiore è forse la scrittura orchestrale che la compagine del Teatro Lirico, in buona forma, restituisce al meglio grazie alla concertazione del maestro Francesco Cilluffo, che non lesina nel volume e tuttavia non perde di vista le esigenze del palcoscenico. Molto bene anche il coro preparato come al solito da Giovanni Andreoli.

Per quanto riguarda l’allestimento di Antonio Albanese, non c’è molto da dire: la scelta di piazzare il coro su gradinate, con un’unica apertura parecchio stretta nel bel mezzo, serve solo a sottolineare il carattere “oratoriale” dell’opera e la mancanza di una vera azione teatrale. I costumi di Carola Fenocchio – una rivisitazione del Medioevo – sono buoni per le signore ma quelli per gli uomini risultano quanto meno goffi. Le scene di Leila Fleita e le luci di Andrea Ledda hanno un effetto neutro. I personaggi, se così li possiamo chiamare, si presentano in modo assolutamente convenzionale.

Sul palco si alternano due compagnie di canto complessivamente buone, specie se si considera la difficoltà dei ruoli principali. Anastasia Bartoli, protagonista, ha una bella prestanza e un organo vocale di tutto rispetto (forse affonda troppo nei gravi per essere un soprano così giovane), ma dovrebbe fare più attenzione all’articolazione perché non si capisce tutto del testo. Ottiene un bel trionfo e anche un applauso a scena aperta nell’aria del secondo atto. Carlo Ventre è un autentico tenore spinto, molto valido anche se non raffinato, e ha il timbro e lo squillo negli acuti che Lionetto richiede, mentre centro e gravi sembrano meno timbrati. Pure Franco Vassallo ha una voce ideale per il “cattivo” Folco de’ Bardi, fratello di Gloria, e si muove come tale. Voce un po’ spigolosa ma importante quella del basso Ramaz Chikviladze, impegnato come Aquilante de’ Bardi (padre di Bardo e Gloria) che, nonostante sia relegata nel primo atto, è una parte importante.

I quattro ruoli principali sono affidati nel secondo cast ad altri artisti. Valentina Boi è una Gloria capace di emettere bei piani; i mezzi vocali forse non sono così rigogliosi come quelli della Bartoli ma è comunque sicura e ha una dizione ottima. Denys Pivnitskyi ha un bel timbro di tenore lirico, ma spinge parecchio negli acuti: ruoli come quello di Lionetto in questo momento sono forse un po’ troppo pesanti per la sua voce. Ivan Inverardi è un Bardo tonitruante e Mattia Denti un Aquilante corretto. Nei ruoli minori cantano Elena Schirru (la Senese), Alessandro Abis (il Vescovo) e Alessandro Frabotta (il Banditore). Pubblico scarso alla recita del 16 febbraio, più numeroso il 17.

Teatro Lirico – Stagione 2023
GLORIA
Opera lirica in tre atti
Libretto Arturo Colautti,
dalla commedia La Haine di Victorien Sardou
Musica Francesco Cilea
Versione 20 aprile 1932

Aquilante de’ Bardi Ramaz Chikviladze (17/2)/ Mattia Denti (16/2)
Gloria Anastasia Bartoli (17/2)/ Valentina Boi (16/2)
Folco de’ Bardi Franco Vassallo (17/2)/ Ivan Inverardi (16/2)
Lionetto Ricci Carlo Ventre (17/2)/ Denis Pivnitsky (16/2)
Il Vescovo Alessandro Abis
La Senese Elena Schirru
Un Banditore Alessandro Frabotta

Orchestra e Coro del Teatro Lirico di Cagliari
Direttore Francesco Cilluffo
Maestro del coro Giovanni Andreoli
Regia Antonio Albanese
Scene Leila Fteita
Costumi Carola Fenocchio
Costumista collaboratore Marco Nateri
Luci Andrea Ledda

Nuovo allestimento del Teatro Lirico di Cagliari
Cagliari, 16 e 17 febbraio

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