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Bologna, Comunale Nouveau – Norma

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Al Comunale Nouveau, nuova sede del Comunale in zona Fiera finché dureranno i lavori alla magica sala del Bibiena, è andata in scena Norma. Con l’occasione dei cent’anni della nascita, c’è stato anche un omaggio a Maria Callas con l’esposizione di due vestiti dalla Norma parigina del 1964 e di molte fotografie e lettere appartenenti alla collezione di Giovanna Lomazzi, amica intima della Divina.
Riprendere un titolo mitico quale il capolavoro belliniano è sempre ardua impresa. Pare poi che anche recensirne una recita stia diventando complicato: una diva dei nostri giorni che ha cantato di recente Norma a New York ha contestato pubblicamente sui social una recensione che non le era favorevole. Proviamoci, dunque. Anche se l’acustica della sala non è ideale…

Si tratta di un nuovo allestimento per la regia di Stefania Bonfadelli, che tutti ricordiamo come ottimo soprano. La vicenda viene collocata in tempi atemporali – mi si perdoni l’ossimoro -, con una banda di disperati che lotta contro un’altra di guerrieri armati già a partire dalla sinfonia, che secondo me non avrebbe bisogno di essere “illustrata”, soprattutto se quello che vediamo non è in sintonia con la musica (e qui la sintonia c’è solo in qualche momento). Peggio ancora la prima scena, che non ha senso né in rapporto al testo del libretto, né per l’atteggiamento di Oroveso. Pollione invece mantiene qualcosa del proconsole romano, mentre i suoi amici (Flavio e altri soldati) sono dei fumatori, bevitori e violentatori molto meno simpatici di quelli dell’armata Brancaleone. Le “vergini alunne” diventano guerriere tipo Odabella con il coltello in mano, alla stregua di Norma, e durante “Casta diva” vengono a loro ritualmente tagliate le lunghe chiome e, tolte le tuniche bianche, restano vestite da combattenti. I “teneri figli” non compaiono mai quando li si nomina (al loro posto si vedono giocattoli o abiti infantili,) ma proprio quando non dovrebbero stare tra i piedi – come nel terzetto “O di qual sei tu vittima” – compaiono giocando. Niente di troppo grave, ma già da questi rilievi si capisce quanto sia difficile aggiornare certi titoli. Scene di Serena Rocco e costumi di Valeria Donata Bettella per niente meravigliosi; luci di Daniele Naldi corrette, coreografia di Ran Arthur Braun dimenticabile.

Pier Giorgio Morandi dirige con esperienza, ma fa suonare la compagine orchestrale del teatro parecchio aspra nella sinfonia e se i tempi sono più o meno quelli di tradizione, nei tutti viene in mente l’espressione “o qual tumulto!”. Bene il coro preparato da Gea Garatti Ansini, molto applaudito dopo l’esplosivo “Guerra, guerra!”.

Debuttava nei panni della protagonista Francesca Dotto. Un soprano molto musicale e tecnicamente a posto che però non ha un timbro, né uno spessore né l’energia (sia vocale, sia di declamazione) adatti alla sacerdotessa druidica. I gravi non sono ben timbrati e l’accento manca d’intensità. Così il finale primo e certe frasi del secondo (“troppo il fellon presume”, “in mia man alfin tu sei”) non sortiscono il dovuto effetto. Meglio i momenti più intimi o elegiaci.
Stefan Pop ha fatto dei progressi dall’ultima volta che l’ho sentito cantare Pollione a Madrid: gli acuti sono sicuri e ben emessi e ha cercato di usare la mezzavoce con risultati che hanno margini di miglioramento. Nel complesso, ho trovato superiore la sua prestazione nel secondo atto.
Nicola Ulivieri continua ad attraversare un momento felice e il suo Oroveso è molto attendibile in tutti i sensi. Tra i comprimari, più interessante la Clotilde di Benedetta Mazzetto del Flavio di Paolo Antognetti.
E no, non dimentico Adalgisa. Era la terza volta che ascoltavo in questa parte Veronica Simeoni, un’artista rara che non so se sia valutata come merita. Tecnica e stile da manuale, fraseggio mai scontato, con ogni parola carica di senso, musicalità mai a scapito del momento teatrale ma nemmeno “effetti” al posto della musica, padronanza scenica. È meglio non parlare di perfezione, ma devo dire che per me si è trattato della sua prova più completa in questo ruolo. I duetti con Dotto sono stati applauditissimi (in particolare il secondo), ma vorrei segnalare l’arioso di sortita del personaggio, uno dei grandi momenti della partitura, di una modernità pari solo al grande monologo di Norma all’inizio del secondo atto, “Dormono entrambi”.
Molto pubblico con applausi scroscianti per tutti alla fine.

Comunale Nouveau – Stagione d’opera 2023
NORMA
Opera in due atti
Libretto di Felice Romani
Musica di Vincenzo Bellini

Norma Francesca Dotto
Adalgisa Veronica Simeoni
Pollione Stefan Pop
Oroveso Nicola Ulivieri
Clotilde Benedetta Mazzetto
Flavio Paolo Antognetti

Orchestra, Coro e Tecnici del Teatro Comunale di Bologna
Direttore Pier Giorgio Morandi
Maestro del coro Gea Garatti Ansini
Regia Stefania Bonfadelli
Scene Serena Rocco
Valeria Donata Bettella
Luci Daniele Naldi
Coreografia Ran Arthur Braun

Nuova Produzione del TCBO con Opera Carlo Felice di Genova
Bologna, 21 marzo 2023

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