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Bologna, Comunale Nouveau – Madama Butterfly

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Il trasferimento è definitivo. Con la chiusura del Teatro Comunale di piazza Verdi per l’inizio del lungo cantiere di restauro, le produzioni sono state inizialmente spostate all’EuropAuditorium, un palazzo dei congressi adiacente all’ingresso del quartiere fieristico. Adesso viene aperta la nuova sede temporanea dell’opera a Bologna, il Comunale Nouveau, allestito nella Exhibition Hall della Fiera, con ingresso condiviso con l’Auditorium. Al netto degli spazi comuni che appaiono leggermente sottodimensionati rispetto a una nutrita affluenza di pubblico come in occasione della prima rappresentazione di Madama Butterfly, la sala è costituita da una grande platea digradante che offre una buona visuale a tutto il pubblico; il palco invece è largo e basso e certo non permette grandi portenti scenotecnici. In compenso l’acustica appare piuttosto buona e assai meno dispersiva e sorda rispetto all’Auditorium, segno evidente di una oculata progettazione.

Tale qualità appare evidente soprattutto se sul podio troviamo un direttore tecnicamente ferratissimo come Daniel Oren, la cui sintonia con l’Orchestra del Teatro Comunale è palpabile ed evidente fin dalle prime battute della Madama Butterfly che inaugura il nuovo spazio. Oren infatti dosa i piani sonori con sagace maestria, in una direzione che esplode in schianti dove ogni componente risulta sempre ben bilanciata con le altre. Allo stesso tempo sostiene i cantanti in modo impeccabile e sa far emergere i dettagli infiniti della partitura, senza perdere la visione d’insieme, coagulata in tempi serrati che conferiscono un avanzare in crescendo del dramma. Tuttavia la lettura di Oren appare a tratti permeata di retorica, in una visione di Butterfly ormai superata che sembra dover per forza muovere a commozione attraverso il sapiente gioco di effetti orchestrali grandiosi un po’ fine a sé stessi. Ciò non toglie che si tratti di una direzione tecnicamente impeccabile, frutto di una bacchetta espertissima.

Il cast si dimostra di qualità, pur con qualche distinguo, a partire dalla protagonista. Latonia Moore, al debutto italiano nel ruolo, non sembra trovarsi sempre a proprio agio nella vocalità di Cio-Cio-San. La voce, non enorme ma ben emessa, possiede un timbro piuttosto aspro, soprattutto nei passaggi in cui la tessitura spinge verso il registro acuto: quando accade, i suoni tendono a sbiancarsi soprattutto nei tentativi di smorzatura. Nonostante questo e alcuni limiti nel canto di conversazione, il soprano sa sfruttare le proprie caratteristiche vocali per costruire un personaggio convincente, anche grazie ad alcune soluzioni di fraseggio azzeccate e a una espressività assai sincera.
Luciano Ganci costruisce un Pinkerton piuttosto ruffiano, grazie alla sua seducente voce tenorile, omogenea e corposa, e a un fraseggio assai curato, eseguendo un “Addio fiorito asil” partecipe e morbido. Aoxue Zhu non ha un timbro estremamente personale, ma la voce ben emessa e la parola scolpita ne fanno una Suzuki razionale ma partecipe. Allo stesso tempo Dario Solari è uno Sharpless accorato e premuroso, dagli accenti quasi paterni; grazie a uno strumento ampio e di bel colore che sa ben piegare in un fraseggio variegato, firma una lettura della lettera di Pinkerton, assai riuscita.
Cristiano Olivieri è un Goro poco rifinito negli accenti e nell’emissione. Convincono invece il Principe Yamadori di Paolo Orecchia, l’autorevole Zio Bonzo di Nicolò Ceriani e il commissario imperiale di Luca Gallo. Encomiabile infine risulta la Kate Pinkerton di Claudia Ceraulo, dal bel timbro e con un fraseggio molto curato pur nei suoi brevi interventi, in perfetta sintonia col disegno registico. Puntuale  e compatto il Coro preparato da Gea Garatti Ansini.

Gianmaria Aliverta infatti firma una regia il cui fulcro drammatico è la voracità di Kate nei confronti del figlio di Pinkerton. Durante l’ultimo atto la nuova moglie si aggira quasi come un rapace e tenta di strapparlo direttamente dalle braccia di Butterfly, fino all’apparizione sulle note finali: mentre Dolore abbraccia la madre ormai morta, Kate riesce a prenderlo e trascinarlo via, mentre lui rimane fermo col braccio proteso verso il cadavere. Una immagine finale di impatto, che conclude uno spettacolo curato ma che si muove fondamentalmente nel segno della tradizione. La scelta è sicuramente dettata anche dall’uso di scenografie e costumi di un allestimento che vide la luce a Bologna nel 2009 per gli allievi della Scuola dell’Opera e che è stato poi ripreso da vari registi come Fabio Ceresa, in altri teatri, tra cui Jesi e Firenze. Il palco è occupato da una pedana su cui sono collocati vari elementi stilizzati che ricordano alla lontana il Giappone, fino a rimanere totalmente spoglio nel finale: la fanno da padroni dunque gli stessi interpreti e le luci di Daniele Naldi, ben riprese da Paolo Liaci.
Date le circostanze, e al netto di qualche scena che cade nel cliché del cantante fisso al proscenio a guardare il direttore, si può dire che l’operazione sia tutto sommato riuscita. E così sembra pensarla anche il pubblico, che alle chiamate finali accoglie i realizzatori della messa in scena con cordialità, mentre riserva applausi entusiastici a Zhu, Ganci, Moore e Oren.

Comunale Nouveau – Stagione 2023
MADAMA BUTTERFLY
Tragedia giapponese in tre atti
Libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa
Musica di Giacomo Puccini

Cio-Cio-San Latonia Moore
Suzuki Aoxue Zhu
Kate Pinkerton Claudia Ceraulo
F. B. Pinkerton Luciano Ganci
Sharpless Dario Solari
Goro Cristiano Olivieri
Il principe Yamadori Paolo Orecchia
Lo zio Bonzo Nicolò Ceriani
Il commissario imperiale Luca Gallo
L’ufficiale del registro Enrico Piccinni Leopardi

Orchestra, Coro e Tecnici del Teatro Comunale di Bologna
Direttore Daniel Oren
Maestro del Coro Gea Garatti Ansini
Regia Gianmaria Aliverta
Scene e costumi Teatro Comunale di Bologna
Costumi ripresi da Stefania Scaraggi
Luci Daniele Naldi riprese da Paolo Liaci

Produzione del Teatro Comunale di Bologna
Bologna, 19 febbraio 2023

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