Bergamo, Donizetti Opera 2023 – Lucie de Lammermoor

Due soprani per Lucie. Doveva essere il titolo di punta dell’edizione 2023 del Donizetti Festival e si è risolto in una serata poco riuscita la prima di Lucie de Lammermoor, versione francese del capolavoro donizettiano (approntata nel 1839 per il parigino Théâtre de la Renaissance), andata in scena sul palco del Teatro Sociale di Bergamo. A inizio recita, il direttore artistico Francesco Micheli ha annunciato che la protagonista Caterina Sala, nonostante un’indisposizione, avrebbe ugualmente cantato. Purtroppo, il giovane soprano ha sin da subito palesato evidenti difficoltà, tali da indurla a rinunciare a cantare nel terzo atto dell’opera, quando è rimasta in scena solo per “recitare” la parte mentre a un lato del palco, con tanto di leggio a vista, la musica veniva cantata da Vittoriana De Amicis. In tutta onestà, non ci sentiamo in grado di esprimere un giudizio sulla prestazione di Caterina Sala; per quel che concerne invece Vittoriana De Amicis, nonostante il fallace acuto finale nella cabaletta corrispondente a “Spargi d’amaro pianto”, ha assolto con onore al suo impegno, esibendo un bel timbro chiaro e agile e una pregevole attenzione al fraseggio. Delude Patrick Kabongo nei panni di Edgard: la voce è estesa e gradevole nel colore, usata certamente con una certa eleganza, ma è piccola, leggera e sostanzialmente inadatta al ruolo dell’amante appassionato e tormentato. Per non parlare della maledizione del secondo atto, davvero poco credibile. Più efficace, sia per incisività vocale che di interprete, il sir Arthur di Julien Henric, che in questa versione dell’opera ha un ruolo più esteso. Lo stesso dicasi per il terzo tenore della locandina, David Astorga, interprete dell’inedito ruolo di Gilbert che, nella versione francese, di fatto assomma in sé quelli che sono Alisa e Normanno nell’originale italiano. Con la differenza che Gilbert si finge amico di Edgard e Lucie, facendo da tramite ai loro incontri furtivi, ma in realtà li tradisce alleandosi col fratello di lei. Che a Bergamo aveva la presenza scenica proterva di Vito Priante, dotato di uno strumento timbrato e di bel colore; Roberto Lorenzi ha ben figurato nei panni di Raimond, personaggio qui ridimensionato (manca tutto il duetto con Lucie).

Note dolenti vengono dalla direzione di Pierre Dumoussaud, alla guida dell’orchestra Gli Originali. Purtroppo, il direttore francese non ha saputo trovare una lettura convincente: al di là di diversi problemi di intonazione, si sono notati attacchi sporchi, un non compiuto equilibrio tra le varie parti e una certa qual avarizia di colori. Il gesto impreciso del maestro non consentiva ai musicisti e agli interpreti di trovare quell’esattezza di esecuzione che è quanto mai necessaria quando si ha a che fare con strumenti antichi. Ne ha fatto le spese anche il coro dell’Accademia del Teatro alla Scala, istruito da Salvo Sgrò, non all’altezza della prova del giorno precedente ne Il diluvio universale.

Ciò che invece abbiamo apprezzato è stata l’impostazione registica di Jacopo Spirei, purtroppo tragicamente attuale. Lo ha ricordato lo stesso Micheli all’inizio, quando ha voluto dedicare un pensiero commosso alla povera Giulia Cecchetin, il cui corpo straziato era stato ritrovato da poche ore. Unica figura femminile dell’opera (ricordiamo, come detto, che la confidente Alisa qui non c’è), Lucie è la vittima designata in un mondo di soli uomini, dove vigono dinamiche tipicamente maschili, cameratesche e violente. L’opera si apre così con una volutamente sgradevole “caccia alla donna” da parte del coro maschile guidato da Henri, affiancato dal bieco Gilbert. Lucie, donna che prende in mano la propria vita ribellandosi al percorso che la società e la famiglia hanno deciso per lei, è subito tacciata di essere isterica, disturbata, folle. L’omicidio del marito, per Spirei, è dunque un atto catartico, risolutivo, nel quale la protagonista ritrova la sua verità. Le scene semplici ed efficaci di Mauro Tinti, con il light design di Giuseppe Di Iorio, trasportano l’azione in un luogo non naturalistico, surreale, un luogo della mente che è anche un’ambientazione neutrale, contemporanea, novecentesca. Sul piccolo palco del Teatro Sociale si vede così una foresta che ha al centro l’albero presso il quale, secondo una tradizione scozzese, gli amanti si scambiano promesse per la vita: nella Lucie, come noto, non c’è la fonte con i suoi infausti presagi, anche perché la protagonista non canta una traduzione di “Regnava nel silenzio”. Canta invece “Que n’avons nous des ailes”, un’aria di sognante leggerezza, traduzione francese della cavatina di Rosmonda d’Inghilterra che già Fanny Tacchinardi-Persiani, la prima interprete dell’opera, aveva iniziato a introdurre nella Lucia italiana.
Al termine dell’opera, il pubblico applaude tiepidamente i protagonisti, ma non mancano alcune contestazioni per la regia. [Rating:2.5/5]

Teatro Sociale – Donizetti Opera 2023
LUCIE DE LAMMERMOOR
Opera in tre atti di Alphonse Royer e Gustave Vaëz
Musica di Gaetano Donizetti
Prima esecuzione: Parigi, Théâtre de la Renaissance, 6 agosto 1839
Revisione sulle fonti originali a cura di Jacques Chalmeau © Ricordi

Henri Ashton Vito Priante
Edgard Ravenswood Patrick Kabongo
Lord Arthur Bucklaw Julien Henric
Gilbert David Astorga
Raimond Roberto Lorenzi
Lucie Caterina Sala / Vittoriana De Amicis

Orchestra Gli Originali
Direttore Pierre Dumoussaud
Coro dell’Accademia Teatro alla Scala
Maestro del coro Salvo Sgrò
Regia Jacopo Spirei
Scene Mauro Tinti
Costumi Agnese Rabatti
Light designer Giuseppe Di Iorio
Assistente alla regia Alessandro Pasini

Nuovo allestimento della Fondazione Teatro Donizetti
in coproduzione con la Fondazione Teatro Comunale di Bologna
Bergamo, Teatro Sociale, 18 novembre 2023