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Barcellona, Gran Teatre del Liceu – Manon (con Nadine Sierra)

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L’ultima recita della Manon di Massenet al Gran Teatre del Liceu è stata affidata a un nuovo maestro concertatore e direttore. Romain Dumas, assistente di Marc Minkowski, è salito sul podio dopo che il titolare (annuncio fatto dal direttore artistico del teatro) aveva diretto con problemi all’omero e alle spalle tutte le rappresentazioni ma, dopo la penultima, si era sentito talmente male da dover rinunciare all’ultima serata. Molto applaudito, il giovane maestro sembrava muoversi, come ovvio, seguendo le linee di Minkowski ma con un fragore orchestrale ancora più pronunciato nell’atto dell’Hôtel de Transylvanie e anche nel quartetto del secondo atto e nei momenti finali dell’opera. Del nuovo allestimento di Olivier Py ho già riferito (qui il link); aggiungo solo che, visto per la terza volta, mi è sembrato ancora più irritante.

Quanto al cast, con l’eccezione di Laurent Naouri, che ha esibito una voce più salda e timbrata, tutti gli altri hanno ripetuto la loro prestazione precedente (soprattutto i comprimari). Michael Fabiano, come Des Grieux, è risultato invece ancora più inadeguato nelle mezzevoci e nel suo modo particolare di emettere gli acuti, ma nel ‘Sogno’ del secondo atto questa volta ha ricevuto un applauso discreto. Anche il francese recitato risultava più manierato e meno fluido. Alexandre Duhamel era un Lescaut più che estroverso e parecchio tonitruante.

Finalmente ho potuto vedere e sentire Nadine Sierra, osannata da tutti nel ruolo della protagonista. Premetto che in altre occasioni l’ho trovata brava ma non straordinaria, a parte la sua commovente Gilda. Manon è un altro dei ruoli nei quali Sierra fa e farà sensazione. Certo, bisognerebbe vederla in un altro allestimento, perché in questo che sceglie la via esteriore tra il procace e il volgare, la sua interpretazione non riesce a superare il ricordo di Dessay o di Fleming. Della prima non ha le sfumature, della seconda le mancano la sontuosità e la luminosità del timbro. Essendo un soprano lirico leggero, l’aspetto meno interessante è appunto il colore: non è una di quelle voci che si riconoscono subito. Canta  e fraseggia bene (in qualche momento, come nel finale della scena del grande duetto a Saint Sulpice, il modo di dire l’ultimo “Manon” e “Enfin!” fa ricordare piuttosto il gusto tutto americano di Beverly Sills), non ha problemi di estensione (sopracuti compresi) e se la gavotte dell’atto terzo è il momento più impressionante e applaudito, non sono da meno la commossa resa di “Adieu, notre petite table”, preceduta da un ottimo recitativo, il dialogo con Des Grieux père e la scena finale dell’opera. L’atto primo è buono o molto buono vocalmente, ma l’interpretazione mi è sembrata troppo maliziosa (o smaliziata) e un po’ impertinente. La bellezza e l’eleganza, malgrado i costumi, sono altri elementi decisivi nella costruzione del personaggio.
Grandi ovazioni durante la recita, ma soprattutto alla fine.

Barcellona, 3 maggio 2023

 

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