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Alessandro Mormile – “Opéra de Monte-Carlo” (LiberFaber edizioni)

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Biografia è la narrazione di una vita ritenuta degna di essere raccontata per prolungarne la memoria o per redigerne un bilancio, fine non disgiunto, talora, da un intento celebrativo che di quell’esistenza faccia un exemplum. Ma si può scrivere la biografia di un luogo, senza cadere nel rischio insito nel genere stesso, di limitarsi a redigere una sterile cronologia di avvenimenti?

L’idea di trovarsi fra le mani una biografia nasce sin dal titolo scelto da Alessandro Mormile per la sua ultima pubblicazione, uscita in due volumi per i tipi di LiberFaber: Opéra de Monte-Carlo. Storia e ricordi di un teatro leggendario. Forse perché un teatro, per la sua peculiarità connaturata al nome stesso che lo riconnette etimologicamente alla vista e, pertanto, alla memoria (Mnemosine, Memoria, nella mitologia greca è madre delle Muse custodi delle arti e della cultura), è a tutti gli effetti luogo di ricordi e porta in sé le tracce delle vite che in esso e con esso si sono incontrate e che sul suo palcoscenico sono state agite, vorremmo dire, con termine italiano che reca solo una minima memoria del latino agere, che fra i molteplici significati aveva anche quello di passare la vita e di esporre, recitare. L’aggettivo leggendario rimanda esso stesso all’atto del leggere e a un genere di breve narrazione, originariamente della vita dei santi. Dunque, in quanto custode e spettatore di vite, un teatro può essere raccontato, sia per tramandarne, come si diceva, la memoria, sia per tracciare un bilancio della sua storia e farne un esempio. Per Mormile, che ce ne parla, ma anche per i frequentatori e in generale per chi segue il mondo dell’opera e di quegli spettacoli ha ascoltato almeno l’eco, non può che essere un bilancio oggettivamente positivo, come del resto attesta, oggi, il nome prestigioso di Cecilia Bartoli che dal 2023 è direttore dell’Opéra de Monte-Carlo e le cui parole fanno da epigrafe al volume.

Memoria, dicevamo e racconto, sono anche i due termini che danno forma all’ampia materia: è in primis una memoria soggettiva quella di Mormile, che parte proprio dai suoi ricordi di spettatore e critico teatrale, un racconto di sé, in cui la biografia di un luogo contenitore di vite si fa autobiografia. È questo l’espediente con cui l’autore evita di rischio di farsi semplice redattore di cronache, sorta di Pimen prestato al principato monegasco. Entra con garbo nella sala Garnier, conducendo il lettore fra i suoi stucchi come farebbe un discreto padrone di casa, presentandogli talora alcuni amici che gli camminano accanto; lascia, tuttavia, che a parlare siano altre voci che rivivono attraverso la sua memoria e la sua cultura. Perché, se è vero che il primo volume, intitolato I ricordi, è una raccolta di rapide ma puntuali recensioni degli spettacoli ivi allestiti dal 1989 a oggi, è pur vero che, nelle impressioni che hanno lasciato in chi ebbe la fortuna di ascoltarle, noi ascoltiamo l’eco della voce degli interpreti. Il lettore diviene spettatore di una lunga teoria di nomi che hanno impresso una traccia indelebile nel mondo della musica ed è trascinato, in virtù di una narrazione lieve e scorrevole, in un luogo in cui la storia si fa leggenda e assume i tratti del meraviglioso.

Mormile riesce a inserire nelle sue pagine accenni a fatti apparentemente marginali rispetto alla vita del teatro stesso e che pure ne hanno segnato il corso dell’esistenza, come, ad esempio, la morte improvvisa di Stefano Casiraghi, o l’inaugurazione nel 2000 del Grimaldi Forum: non sono solo pagine di cronaca di società, quanto un tentativo, riuscito, di offrire un’interpretazione e una lettura di un principato di cui, come l’autore scrive nell’introduzione, si ha spesso un’idea errata, quanto meno parziale. Già nello scorrere le pagine di questo primo volume si coglie poi un altro aspetto che rende l’impresa interessante: come, nel corso di pochi decenni, e dal passaggio da uno Stato a un altro, siano cambiate le programmazioni dei teatri e l’offerta culturale. Accanto ai capolavori della storia dell’opera, comparivano con maggior frequenza titoli come Uno sguardo dal ponte di Rossellini, Le portrait de Manon e Thérèse, Cléopatre, Amadis di Massent; Il segreto di Susanna di Wolf-Ferrari, con un “fascinosissima Katia Ricciarelli”; Hamlet di Thomas “che vide il debutto, nei panni del protagonista, del grande baritono americano Thomas Hampson”, The Consul di Menotti e via dicendo: tutti titoli che sembrano via via scomparire dal repertorio, sempre più relegati al ruolo di autentiche rarità. Del resto, l’organizzazione del volume è inoltre costruita intorno ai nomi dei direttori che si sono avvicendati negli anni in cui Mormile lo ha affidato: John Mordler dal 1984 al 2007, Jean-Louis Grinda dalla stagione 2007/8 al 2022. Ecco, dunque, che questa prima parte diventa l’occasione per riflettere sulla diversa impronta che un direttore dà alla vita di un teatro: “se Mordler era stato direttore attento a mettere in scena opere legate alla storia del teatro monegasco, al belcanto e al Novecento Storico (…), Grinda, invece si orientò (….) all’opera verista italiana, ai cosiddetti “anni di galera” verdiani e all’opera russa”. Ma dalle pagine, dall’elenco inesauribile di nomi di cantanti, direttori, registi e scenografi essi stessi leggendari e sui quali si è costruita la leggenda non solo del teatro ma della storia dell’opera che in esso, e in queste amabili pagine, rivive, emergono anche nomi e lumi di vite che in questo magico mondo si muovono spesso dietro le quinte o a margine di esse: responsabili dell’ufficio stampa, critici musicali, fra cui Giorgio Gualerzi citato fra i primi da Mormile.

Se il primo volume intreccia memorie oggettive a memorie soggettive, il secondo, Storia di un passato leggendario, ha un taglio prettamente storico: lo si nota anche dal diverso impaginato che si arricchisce di note a piè pagina e di immagini a margine del testo, mentre nella prima parte le ricche e belle foto a colori segnavano il passaggio da un direttore al successivo. Non si spaventi chi si accinga alla lettura del libro, tuttavia, perché la narrazione scorre veloce e – a partire dal 1879, anno dell’inaugurazione – si fa storia della musica, perché in queste pagine incontriamo l’ormai anziano Massenet presenziare alla prima di Roma, nel 1912, anno della prima europea di Fanciulla del West di Puccini; “ascoltiamo” Chaliapin cantare Boris Godunov, leggiamo del disappunto di Fauré la cui Pénélope fu eseguita in prima assoluta a pochi giorni di distanza da un’altra prima, Venice di Gunsbourg; del divieto della famiglia Wagner all’esecuzione, prima europea, al di fuori di Bayreuth del Parsifal, in ottemperanza ai voleri testamentari del Maestro. Particolarmente interessante è di fatti il capitolo dedicato agli anni della direzione di Gunsbourg, dove, accanto alle “Grandi prime e serate leggendarie”, è dato ampio spazio sia a “Massenet a Monte-Carlo” sia ai “Grandi Cantanti”, da Caruso al ricordato Chaliapin, da Tamagno alla Patti e molte altre stelle della lirica per i quali accanto ai titoli interpretati a Monte-Carlo, si riportano stralci di recensioni dell’epoca. Un capitolo a parte non poteva non essere dedicato alla stagione dei Balletti Russi. La terza parte del secondo volume è dedicata alla costruzione e alle caratteristiche della Salle Garnier, a cui fa seguito un’appendice di rara precisione e completezza che include la cronologia degli spettacoli sino all’esecuzione in forma di concerto di Lakmé nel dicembre 2022.

Una rara biografia, pertanto, questa poderosa opera di Mormile, quasi 600 pagine: sia perché è vita di un teatro e di uomini e donne di teatro, sia perché rara e preziosa è la qualità e la forma della narrazione. Una biografia che continua ora sotto la guida di Cecilia Bartoli e che ci offre un vivido quadro non solo della vita culturale e artistica di un piccolo Stato, ma di un secolo e mezzo di storia della musica; un’originale storia della musica, della cultura e delle arti (delle Muse), che grazie alla penna dell’autore viene riaffidata alla loro mitologica madre Mnemosine, perché ne rimanga traccia.

Alessandro Mormile
Opéra de Monte-Carlo.
Storia e ricordi di un teatro leggendario

LiberFaber 2022
Pag. 578, 2 voll.

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