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Valencia, Palau de les Arts Reina Sofía – Anna Bolena (con Eleonora Buratto)

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Standing ovation per Eleonora Buratto, al debutto quale protagonista di Anna Bolena di Gaetano Donizetti al Teatro Reina Sofía di Valencia, prima tappa di un percorso che la porterà a cantare su quello stesso palco nei prossimi anni le altre due regine donizettiane. Un successo meritato per un’artista che sta attraversando un momento felicissimo della sua carriera e che la vede oggi tra le più grandi interpreti del panorama operistico internazionale. Si tratta del secondo debutto nell’arco di poche settimane, dopo la magnifica prova al Rossini Opera Festival di Pesaro nei panni di una dolente Desdemona e poco prima di un ulteriore importante appuntamento: in novembre, al Metropolitan di New York, per la sua prima Elisabetta nel verdiano Don Carlo.

Bolena, si sa, è opera da primadonna. E Eleonora Buratto primadonna lo è. Anzitutto per la tornita bellezza di uno strumento vocale privilegiato per colore, ampiezza, omogeneità in tutti i registri, da quello centrale così cremoso e ricco di armonici, a quello grave, consistente e sonoro, sino agli acuti, luminosi e sempre centratissimi. Strumento che l’artista piega con straordinaria facilità, dosando il peso vocale coerentemente con l’esigenza del momento. C’è poi la sensibilità dell’interprete, che fa certamente leva sulla malia timbrica per intercettare la verità profonda della protagonista di questo difficile capolavoro: dunque, una regina restituita nella sua nobile fierezza, ma pure una amante appassionata (per Percy) e un’amica sincera (per Seymour). Un ritratto raffaellesco per la levigata perfezione di un belcanto che non ha nulla di artificioso, ma che anzi stempera nella sua sorgiva purezza il travaglio interiore che lo muove. “Come innocente giovine” riluce di un fraseggio di morbida rotondità, così come la preghiera (e in Bolena ce ne sono due) possiede una concentrazione di rara intensità. Tuttavia, come è facile attendersi, è nella lunga scena conclusiva che Eleonora Buratto scrive una pagina memorabile. Anzitutto, emerge la cangiante varietà di accenti con cui illumina il lungo recitativo, accompagnandosi a una interpretazione attoriale fortemente interiorizzata, ove la gestualità non ha nulla di enfatico o “melodrammatico” nel senso deteriore del termine. Il sublime cantabile “Al dolce guidami”, poi, è eseguito con la dolcezza strumentale di un violoncello e con la lancinante malinconia interpretativa di chi guarda al passato ormai pienamente consapevole della irrimediabilità del tempo perduto. È il luogo di agnizione della insuperabile infelicità che caratterizza l’esistenza umana, paradossalmente pieno di struggente amore per la vita – come è nell’estetica donizettiana e non invece in quella belliniana, che sublima sovente le passioni in una contemplazione quasi metafisica. La cabaletta “Coppia iniqua” scioglie la tensione in un canto virtuosisticamente precisissimo, puntuto, premiato da un’ovazione del pubblico.

Dicevamo della notevolissima efficacia scenica del soprano. Certamente anche merito della lettura della regista Jetske Mijnssen, che trova una chiave interpretativa originale e convincente per un titolo ostico sotto il profilo drammaturgico. Mijnssen – che ambienta la vicenda in un Ottocento pienamente romantico – lavora molto sulla recitazione dei protagonisti, attenti a restituire con sobrietà le passioni e i tormenti che li agitano. Molto si deve all’elegante impianto scenico disegnato da Ben Baur: una lunga sala sviluppata in orizzontale, con due porte monumentali sui lati corti, dalle quali entrano ed escono i personaggi, e la parete di fondo che scivola per rivelare altre grandi porte. Un ambiente stretto, dove i cantanti agiscono spesso soli – entro il perimetro di quello che sembra quasi un dramma borghese – e il coro invece si nasconde, anche quando magari dovrebbe essere in scena (così, ad esempio, nella scena finale, che viene raccontata come un lungo, solitario delirio mentale della regina). L’iniziale essenzialità registica si arricchisce nel corso dell’opera, secondo una condotta narrativa efficace, grazie anche alla presenza di un gruppo di ottimi mimi/ballerini, i cui movimenti sono curati da Lillian Stillwell. I costumi di Klaus Bruns sono magnifici, elegantissimi, con i lucidi colori pastello degli abiti femminili che creano un’armonia visiva equilibratissima e di rara finezza; perfette le luci firmate da Cor van der Brink.

Dal podio, Maurizio Benini offre una lettura originale della partitura donizettiana. Anzitutto, non si limita al semplice accompagnamento delle voci (rischio che si corre quando si è alle prese con simili titoli), ma ottiene dall’orchestra spagnola una pregevole varietà di colori e imprime alla narrazione un passo teatrale capace di esaltare le oasi liriche e di far vibrare la tensione quando opportuno.

Di livello anche il resto del cast vocale, dove si impone anzitutto l’Enrico VIII altero e sprezzante di Alex Esposito: il basso bergamasco, non nuovo al ruolo, non solo esibisce una voce ampia e tonante, ma come sempre è anche attore di vaglia e fraseggiatore sopraffino, sia nella morbida curvatura melodica dei cantabili che nel fulmineo guizzo dei recitativi. Ismael Jordi disegna il ritratto di un Percy romanticamente sognante, grazie a un timbro chiaro e agile, che affronta con buona facilità il temibile registro acuto. Silvia Tro Santafé è una Giovanna precisa per musicalità e gusto, apprezzabile anche sotto il profilo interpretativo, così come si fa apprezzare lo Smeton di Nadezhda Karyazina, anche se non ha il colore vocale scuro a cui siamo abituati per questo ruolo. Molto bene hanno fatto le parti minori (Gerard Farreras quale Rochefort e Jorge Franco come Hervey), nonché il coro, istruito da Francesc Perales, intonato e compatto nelle varie sezioni (tanto da meritarsi un applauso a scena aperta).

Palau de les Arts Reina Sofía 
ANNA BOLENA
Tragedia lirica in due atti
Libretto di Felice Romani
Musica di Gaetano Donizetti

Enrico VIII Alex Esposito
Anna Bolena Eleonora Buratto
Giovanna Seymour Silvia Tro Santafé
Lord Rochefort Gerard Farreras
Lord Riccardo Percy Ismael Jordi
Smeton Nadezhda Karyazina
Hervey Jorge Franco

Orchestra della Comunità Valenciana
Coro della Generalitat Valenciana
Direttore Maurizio Benini
Maestro del coro Francesc Perales

Regia Jetske Mijnssen
Scene Ben Baur
Costumi Klaus Bruns
Luci Cor van den Brink
Coreografie Lillian Stillwell

Nuova coproduzione Palau de les Arts, Dutch
National Opera di Amsterdam

e Teatro San Carlo di Napoli
Valencia, 1 ottobre 2022

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