Trieste, Teatro Verdi – Otello
Una stanza blu e alabastro che diventa altare, talamo, piattaforma e insieme zattera per due destini alla deriva: Giulio Ciabatti ripropone un impianto scenico essenziale ed elegante, funzionale alla musica e al dramma nell’Otello che ha inaugurato la nuova stagione del Teatro Verdi. Il Moro arriva a Trieste con cadenza quasi decennale: l’ultima volta fu nel 2010 con Walter Fraccaro, Juan Pons, la bacchetta di Nello Santi, per la firma ancora una volta di Ciabatti. Quest’anno la scelta cade su un cast di interpreti nativi delle ex repubbliche sovietiche: un’enclave di voci armene, georgiane e russe molto note nei teatri a est.
Lo Jago di Roman Burdenko domina la scena. Il baritono russo è perfetto nel ruolo del vilain e presta una voce di bel timbro, impeccabile emissione, giusta lama e ottima omogeneità alla caratterizzazione del personaggio. Jago tesse una trama perfetta e angosciante, sa usare accenti suadenti e mefistofelici nei gravi, ha un medio morbido e acuti luminosi e proiettati. È il vero perno di questa produzione. Ottima impressione anche per il Cassio di Mario Bahg. Voce di autentico tenore lirico, bella ed elegante, ottima pronuncia, Bahg esibisce cantabili cesellati e acuti squillanti. Un Cassio total voice il suo, che forse può essere meglio maturato sotto il profilo scenico. La Desdemona di Lianna Haroutounian è senza dubbio nel ruolo e convince negli accenti di caratterizzazione del personaggio, aiutata da una regia controllata che agevola le necessità del canto. Tuttavia non convince interamente la fonazione: i centri sono aperti, mentre in acuto a tratti emerge qualche incertezza d’intonazione (soprattutto nella canzone del Salice e nella successiva Ave Maria). Questo non compromette tuttavia una prova funzionale allo spettacolo.
Non è un mistero che sul ruolo di Otello si concentrino le attenzioni principali del pubblico. E quindi, entrare in scena con un carico di aspettativa importante ha sempre un margine di rischio. Non c’è solo una vocalità necessaria assai rara, con acuti granitici e un medium quasi baritonale. C’è soprattutto lo scavo psicologico nel personaggio a rendere questo un ruolo di approdo, a cui necessitano grande tenuta fisica ma soprattutto dominio emotivo. Arsen Soghomonyan arriva a Trieste sulla scorta dei prestigiosi debutti con Mehta e i Berliner e della grande popolarità nel mondo slavo. Il tenore armeno esibisce un bel colore brunito e acuti sicuri (anche se il volume della voce non è propriamente quello consono al ruolo del Moro e di conseguenza, dopo un “Esultate” di perfetto squillo, si avverte una progressiva fatica), tuttavia a non convincere pienamente è la caratterizzazione del diverso, del selvaggio accolto in un mondo civile che nella fragilità di una condizione che sente sempre minacciata diventa preda della spirale malata della gelosia, dannando se stesso e chi lo ama. Il terzo e il quarto atto, momenti in cui Otello realizza la propria infinita solitudine e pianifica la vendetta, non trovano nella pur disciplinata prova di Soghomonyan gli accenti e l’uso adeguato della parola scenica per connotare la tragedia del Moro.
Prove positive per il Coro del Verdi diretto da Paolo Longo e per le voci dei Piccoli cantori di Trieste diretti da Cristina Semeraro. Si apprezzano anche l’autorevole Lodovico di Giovanni Battista Parodi, il nobile Roderigo di Enzo Peroni, un dolente Montano impersonato da Fulvio Valenti e, al netto di qualche asprezza vocale, la più che appropriata Emilia cesellata da Marina Ogii (con una nota di merito all’Araldo di Giuliano Pelizon).
Francesco Ivan Ciampa (che si avvicenda nelle recite a Daniel Oren, il cui ritorno a Trieste è stato salutato da ovazioni alla prima) propone una lettura – più che positivamente assecondata dall’orchestra del Verdi – che sa ben differenziare i climi emotivi del dramma. C’è il giusto clangore nel primo atto con un un eroico “Esultate” e un dionisiaco Brindisi, poi il racconto musicale si stempera in accetti più sinistri, sino alla sacralità polifonica della fine del terzo e la preghiera del quarto atto. [Rating:3.5/5]
Teatro Lirico Giuseppe Verdi – Stagione 2022/23
OTELLO
Dramma lirico in quattro atti
Libretto di Arrigo Boito
Musica di Giuseppe Verdi
Otello Arsen Soghomonyan
Desdemona Lianna Haroutounian
Jago Roman Burdenko
Cassio Mario Bahg
Emilia Marina Ogii
Lodovico Giovanni Battista Parodi
Roderigo Enzo Peroni
Montano Fulvio Valenti
Un araldo Giuliano Pelizon
Orchestra, Coro e Tecnici del suono della
Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste
Direttore Francesco Ivan Ciampa
Maestro del coro Paolo Longo
I Piccoli Cantori della città di Trieste diretti da Cristina Semeraro
Regia Giulio Ciabatti
Costumi Margherita Platè
Luci Fiammetta Baldiserri
Allestimento della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste
Trieste, 8 novembre 2022