Il sapore malinconico estraneo alla tragedia esteriore rende La rondine un titolo perfetto da programmare in chiusura di stagione, con le sue riflessioni sul tempo che passa e i suoi bilanci, ma anche con la consapevolezza che ogni conclusione lascia spazio a nuovi inizi. Ecco dunque che questa replica della commedia lirica andata per la prima volta in scena a Montecarlo nel 1917 si pone come ideale compimento di un festival artisticamente di successo.
L’allestimento interamente firmato da Denis Krief in tutte le sue componenti arriva a Torre del Lago dopo essere stato visto a Firenze nel 2017 e nel 2020. Il palcoscenico all’aperto sul lago permette un allargamento spaziale quasi scontato, senza che ciò pregiudichi la resa di uno spettacolo che, invece di uscire snaturato, risulta quasi arricchito dal nuovo ambiente, grazie agli improvvisi squarci sul panorama retrostante che regala anche fuochi di artificio verso il finale secondo. Rimangono le strutture che delineano prima gli spazi della casa e poi vengono scomposte per creare i vari ambienti di Bullier, come la casetta rifugio nel finale in cui Magda quasi si auto-esilia mentre una rondine vola lentamente sullo schermo sul fondo del palco (dettaglio un po’ naïf). Non va poi persa la fluida gestione dei movimenti dei singoli interpreti, caratteristica principale di questo allestimento, mentre la gestione delle masse del secondo atto risulta piuttosto statica, anche per facilitare il coordinamento buca-palco.
Al netto di ritrovare uno spettacolo assai gradevole che non ha deluso le aspettative dal punto di vista scenico, il vero motivo di interesse consiste soprattutto nella componente musicale a partire dalla direzione d’orchestra. Robert Trevino è infatti una bacchetta molto lanciata al momento, come testimoniano i suoi numerosi incarichi, incluso quello di direttore ospite principale dell’Orchestra della Rai. La sua direzione evita i sentimentalismi, propendendo per una impronta più analitica, e talvolta avara di sensualità, ma che si slancia verso il Novecento europeo. Tuttavia sa trovare i suoi momenti di effetto come la splendida introduzione al terzo atto, dove sembra veramente di sentire le onde infrangersi sulla battigia della Costa Azzurra, le inflessioni cameristiche nella strofa di Prunier de “Chi il bel sogno di Doretta”, o in certe scelte di sonorità che fanno assaporare bene il sapore viennese, quasi straussiano, di certi pezzi, vedi il valzerino di Bullier. Il direttore dimostra inoltre di sapere interagire col palco, recuperando anche gli eventuali scollamenti, e ha dalla sua un’Orchestra del Festival Pucciniano in discreta forma che lo segue puntualmente nelle sue evoluzioni, attraverso un suono non sempre seducente ma efficace. Meno a fuoco risulta il Coro della Fondazione il quale, tuttavia, dopo un inizio poco brillante, recupera in un secondo atto tutto sommato corretto e ben calibrato.
Il cast, omogeneo e di buon livello, vede molti debutti, a partire da Jacquelyn Wagner nel ruolo della protagonista. La voce è piuttosto omogenea e contraddistinta da un timbro leggermente metallico, ma comunque interessante. Ottimo e pieno risulta il registro acuto, con cui la cantante sa destreggiarsi senza problemi, in smorzature e salite affrontate senza difficoltà, compresa la smorzatura sul La bemolle conclusivo. Per quanto riguarda l’interpretazione, Wagner offre una prestazione in crescendo: parte da un primo atto leggermente algido, ma arriva a un quadro conclusivo appassionato e coinvolgente, anche grazie a un fraseggio che si fa via via più frastagliato e venato di incertezza. Il soprano disegna quindi una Magda centrata, non più giovanissima ma elegante e conscia di quello che vuole, attraverso una prestazione decisamente convincente.
Ivan Ayon Rivas dal canto suo è un Ruggero semplicemente perfetto. Il ruolo sembra tagliato sulle sua vocalità, connotata da un timbro seducente, schiettamente tenorile. L’interprete sa anche ben cesellare il fraseggio, come dimostrano certe titubanze quando confessa a Magda che ha scritto al padre, un momento in cui la voce si fa estremamente screziata, dimostrando quindi uno studio approfondito del personaggio che in scena si dimostra estremamente efficace.
Mirjam Mesak è una Lisette precisissima nei suoi rapidi interventi del primo atto, ma sa anche piegare lo strumento nei momenti più distesi dove si può apprezzare il timbro non chiarissimo ma dotato di un bel colore. Non meno a fuoco risulta il Prunier di Didier Pieri: ottimo fraseggiatore e dalla voce chiara, disegna un poeta d’altri tempi, semplicemente inappuntabile.
Vincenzo Neri è un Rambaldo fin troppo giovanile, ma dotato di un apprezzabile strumento brunito, che ben risalta nei suoi interventi. Tra i vari comprimari si segnalano il maggiordomo dalla voce ben timbrata di Ivan Caminiti e il gaio affiatato terzetto femminile iniziale composto da Eva Maria Ruggieri (Susy), Ayaka Kiwada (Bianca) e Ginevra Gentile (Ivette), la quale brilla in particolare per gestione del fraseggio e la bella vocalità.
Il pubblico non lesina applausi a scena aperta a questo titolo non così frequentato sulle sponde del lago, tanto che la serata si conclude in un franco e deciso successo finale.
Teatro Puccini – 68° Festival Puccini
LA RONDINE
Commedia lirica in tre atti su libretto di Giuseppe Adami
Musica di Giacomo Puccini
Magda Jacquelyn Wagner
Lisette Mirjam Mesak
Ruggero Ivan Ayon Rivas
Prunier Didier Pieri
Rambaldo Vincenzo Neri
Périchaud Zhihao Ying
Gobin Francesco Lucii
Crebillon Davide Battiniello
Ivette Ginevra Gentile
Bianca Ayaka Kiwada
Susy Eva Maria Ruggieri
Un maggiordomo Ivan Caminiti
Un cantore Goar Faradzhian
Orchestra e Coro del Festival Puccini
Direttore Robert Trevino
Maestro del coro Roberto Ardigò
Regia, scene, luci e costumi Denis Krief
Allestimento del Maggio Musicale Fiorentino
Torre del Lago, 27 agosto 2022