La prima aria dell’opera, “Gelosia d’amore è figlia / ma da quella l’odio nasce”, affronta subito l’argomento centrale dell’opera: la gelosia. A intonarla è la cameriera Carlotta. La trama però si conclude con un inno alla fedeltà, “Ah, non v’è piacer perfetto / più di quello di due sposi, / se gli stringe un dolce affetto, / non incerta fedeltà”; e sulla parola fedeltà cala il sipario su La scuola de’ gelosi, dramma giocoso in due atti su libretto di Caterino Mazzolà (per intendersi il medesimo librettista de La clemenza di Tito di Mozart) e musica di Antonio Salieri che il Teatro Regio di Torino mette in scena nella versione che annovera alcune pagine aggiunte da Salieri e versificate da Lorenzo Da Ponte (autore in seguito del libretto de La scuola degli amanti musicato da Salieri agganciandosi al successo del precedente titolo) quando l’opera fu eseguita a Vienna nel periodo 1783-1786. Ma la prima di quest’opera avvenne al Teatro San Moisè di Venezia, alla fine del 1778, nello stesso anno in cui Salieri, dopo lo scioglimento della compagnia per l’opera italiana a Vienna, si trovava in Italia e aveva già composto l’opera seria Europa riconosciuta per l’inaugurazione del Teatro alla Scala. Dopo la prima, La scuola de’ gelosi ebbe diverse riprese in Europa, con un successo che perdurerà ininterrotto fino ai primi dell’Ottocento.
Il libretto dell’opera è un compendio di situazioni e temi comuni ereditati dal teatro veneziano del Seicento, dal quale prende mossa anche il gusto per quella vena licenziosa e per quel disincanto verso la passione amorosa che dall’opera barocca di stile veneziano passa appunto al dramma giocoso tardo settecentesco portandosi sulle spalle quel bagaglio di provocazioni sessuali che divengono, nell’opera di Salieri, spunto per fare una riflessione sulle diverse declinazioni del tradimento e della seduzione fra coppie appartenenti a classi sociali diverse. In quella nobile, formata dal Conte di Bandiera e dalla di lei moglie, è la Contessa a essere gelosa per l’infedeltà del consorte, mentre in quella borghese, con Blasio e sua moglie Ernestina, è il marito a dubitare della rettitudine della compagna. I servitori, invece, Carlotta e Lumaca, sono amanti ma vivono il loro amore senza farsi troppi problemi, anzi scherzandoci pure su. Alla fine, però, dopo mille articolazioni e sentenze rimate sull’infedeltà (una fra tutte: “Chi vuol nella femmina / trovar fedeltà / la lasci padrona / di sua libertà”), le coppie trovano serenità d’affetti e approdano a una sorta di liberatoria “pace dei sensi” coniugale che pone fine alle schermaglie amorose. Ci si arriva dopo due ore e quarantacinque minuti di spettacolo, con un intervallo fra i due atti di un’opera che probabilmente apparirebbe anche stucchevole se non fosse che i musicologi insistono sulla sua importanza come opera “laboratorio” prima che arrivi il genio di Mozart a far piazza pulita sulle convenzioni dell’opera buffa settecentesca.
Il magnifico spettacolo visto al Regio, proveniente dal Theater an der Wien in der Kammeroper di Vienna, è un meccanismo a orologeria teatrale perfetto. Lo firma Jean Renshaw, con scene e costumi di Christof Cremer. Il mimo che impersona il Carosello Dubbio (il bravo danzatore Martin Dvořák) alimenta fin dalle note della Sinfonia e poi per tutta l’opera, con le sue plastiche movenze a moto perpetuo, il soffio dell’infedeltà che s’insinua nel piccolo palcoscenico dove si svolge la vicenda, calata nella modernità. Pareti a tappezzeria gialla decorata con motivi floreali di colore blu incorniciano il bocca scena e lo riducono a uno spazio ridotto centrale; lì si sviluppa l’azione e concentrici pannelli girevoli, formati da cornici e porte che si aprono e si chiudono, o rimangono serrate e semichiuse, quando si allineano mostrano il nudo artistico più volte dipinto da François Boucher, la Ragazza distesa, metafora maliziosamente erotica delle situazioni amorose imbrigliate all’interno delle quali i personaggi pontificano a lanciano massime sul tradimento e sulla gelosia, con il sarcasmo della commedia degli equivoci, senza però che nessuno – questo non è tuttavia da imputare alla regia bensì all’opera stessa – assuma una fisionomia espressiva profonda.
Tutto appare come un gioco delle parti all’interno del quale l’opera di Salieri declina mille aspetti del medesimo argomento, non costruendo caratteri ma solo situazioni relazionali che determinano l’agire dei personaggi in base al sospetto o al desiderio d’infedeltà. La musica lo fa sposando lo stile buffo, o prendendosi gioco di quello dell’opera seria, come avviene nell’aria del secondo atto della Contessa, “Ah, sia già de’ miei sospiri” (già nota per essere stata incisa da Cecilia Bartoli nel suo cd dedicato a Salieri), composta per la citata versione di Vienna. Per il resto, oltre al bel finale del primo atto e al quintetto del secondo “Ah, la rabbia mi divora”, si ascolta una sequela di arie separate da recitativi quasi tutti secchi; alcune pagine sono assai belle, altre più scontate anche se con interessanti spunti vocalistici. Salieri resta un sapiente artigiano che con fresca scorrevolezza disegna un archetipo di opera poi disegnata da Mozart in Così fan tutte con ben altra sottigliezza e, sia detto senza ritrosia, con vero genio. Lo stesso personaggio del Tenente, definito nel libretto “uomo di spirito”, appare come antesignano di quello che, nell’opera di Mozart, sarà Don Alfonso, perché è lui che istruisce la Contessa sul come far nascere la gelosia nel Conte.
Eppure, come detto, lo spettacolo è così bello, meditato e sinergico da non annoiare mai, neanche quando la musica potrebbe indurre a farlo. Per di più, alla guida dell’Orchestra del Regio c’è un direttore, il giovane Nikolas Nägele, che ritrova il suono trasparente e zampillante già fatto ammirare a Torino quando diresse due anni or sono Il matrimonio segreto. Il tratto fresco, la ritmica incisiva eppure limpida impressa in un’orchestra che suona benissimo fanno da adeguato sostegno ad una compagnia di canto affiatatissima, che gioca d’ensemble in maniera perfetta prima ancora di segnalarsi per le qualità dei singoli.
Il tenore Omar Mancini (Il Conte Bandiera) ha voce ben impostata e, quando è il caso di esserlo, anche sicura in acuto. Più delicata e soffice è quella di Joan Folqué (Il Tenente), anche lui tenore. Il baritono Askàr Lashkin (Blasio) e il basso-baritono Adolfo Corrado (Lumaca) sono entrambi bravi, ma si mette in luce soprattutto il secondo, voce davvero interessante, timbrata e sonora oltre che ammirevole per l’abilità con cui gioca utilizzando il falsetto nell’aria del secondo atto, “Tutto sì, ma moglie no”, ironico elogio alle galanterie amorose dei fidanzatini (si pensi a frasi come “Come fido cagnolino / sarò sempre a te vicino; / verrò sotto i tuoi balconi / a cantar delle canzoni”), pur che avvengano fuori dall’obbligo del matrimonio.
Fra le donne, il mezzosoprano Anna Marshania è una valida e maliziosa Carlotta, mentre Carolina Lippo (Ernestina) e Elisa Verzier (La Contessa), nonostante qualche suono poco rotondo o contrito in acuto, si disimpegnano più che bene, la prima nell’aria “Staremo in pace e in giubilo”, la seconda nella già citata “Ah, se già de’ miei sospiri”.
Lo spettacolo, accolto con applausi finali più che cordiali, è una delle tante sorprese uscite dal cappello di un direttore artistico al quale certo non mancano le idee. Perché Sabastian F. Schwarz, che riscoperse l’opera a Vienna quando era direttore del Theater an der Wien contribuendo a rilanciarne l’interesse, ora la porta al Regio facendosi promotore del miglior spettacolo visto al Regio nella stagione attualmente in corso. Da non perdere, nelle repliche del 18, 20 e 21 maggio.
Teatro Regio – Stagione d’opera e di balletto 2022
LA SCUOLA DE’ GELOSI
Dramma giocoso in due atti
Libretto di Caterino Mazzolà
Musica di Antonio Salieri
Edizione musicale a cura di Ingrid Schraffl – Università di Vienna
nell’ambito del progetto di ricerca “Opera buffa in Wien” (1763-1782)
La versione eseguita al Regio propone pagine sostitutive
musicate da Antonio Salieri e versificate da Lorenzo Da Ponte
eseguite a Vienna nel periodo 1783-1786.
Il Conte di Bandiera Omar Mancini
La Contessa Elisa Verzier
Blasio Askàr Lashkin
Ernestina Carolina Lippo
Lumaca Adolfo Corrado
Carlotta Anna Marshania
Il Tenente Joan Folqué
Caroselllo Dubbio, danzatore Martin Dvořák
Orchestra Teatro Regio Torino
Direttore Nikolas Nägele
Maestro al clavicembalo Jeong Un Kim
Regia e coreografia Jean Renshaw
Coreografo collaboratore Martin Dvořák
Scene e costumi Christof Cremer
Luci Lorenzo Maletto
Direttore dell’allestimento Antonio Stallone
Allestimento Teatro Regio Torino
Produzione originale: Theater an der Wien in der Kammeroper
Torino, 17 maggio 2022