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Spoleto, Teatro Caio Melisso – La porta divisoria (prima assoluta)

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Da Michelangelo in poi, l’incompiutezza vibra di un fascino particolare. Ne sanno qualcosa al Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto che ha promosso un’operazione di alto profilo, recuperando e mettendo in scena un lavoro importante, di fatto iconico per la vita musicale e teatrale di un certo momento storico della cultura italiana – e segnatamente milanese – degli anni Cinquanta. Si tratta dell’opera La porta divisoria, su libretto di Giorgio Strehler, ispirato a La metamorfosi di Kafka, e musica di Fiorenzo Carpi. Annunciata per ben due volte nel cartellone della Piccola Scala – nel 1957 e nel 1958, su commissione di Victor De Sabata – non andò mai in scena, per ragioni che restano ancora sostanzialmente ignote. Va dunque dato merito all’ente spoletino, e ai suoi direttori artistici Michelangelo Zurletti ed Enrico Girardi, per aver restituito al pubblico un’opera davvero interessante, molto ben scritta e ottimamente realizzata. Dicevamo dell’incompiutezza: Carpi non musicò il quinto e ultimo quadro dell’opera, lasciando peraltro incompleto il quarto. Il Teatro Lirico Sperimentale ha affidato ad Alessandro Solbiati (allievo di Donatoni, il cui linguaggio presenta talune affinità con quello di Carpi) il compito di completare la partitura, mentre Matteo Giuliani ha curato la riduzione per ensemble dell’organico originario (una sessantina di esecutori) che Carpi aveva immaginato per la Piccola Scala.

La musica, anzitutto. Come noto, quello tra Carpi e Strehler fu un sodalizio umano e artistico durato cinquant’anni (dal 1947 al 1997, quando la morte li coglie a una manciata di mesi di distanza): ne sortirono spettacoli memorabili, ove la musica aveva un ruolo fondamentale nella restituzione del senso profondo del teatro. Con La porta divisoria, tuttavia, siamo di fronte a qualcosa di diverso: l’occasione per Carpi di mettere alla prova il suo talento nella cosiddetta musica pura. Un talento luminoso, che si ha modo di apprezzare in una scrittura colta, densa, timbricamente ricca, molto libera dai vincoli del serialismo al quale si era pur formato. Soprattutto, abbiamo trovato incisivo il legame con il libretto di Strehler, nel segno di una forte teatralità che fa leva su un originale “parlato cantato” che serve benissimo la parola, rendendola sempre intellegibile. Molto ben sottolineata la dimensione emotiva, con una varietà di scrittura che attinge pure alla rumoristica, per creare il giusto contesto entro il quale far procedere il racconto.

Netto lo stacco tra i primi quattro quadri e l’ultimo, firmato da Solbiati, che sceglie di servire la parola ma rimanendo fedele a sé stesso (del resto, non avrebbe avuto senso una scrittura “alla maniera di Carpi”). Una scena lirica autonoma, dunque, che entra a far parte del catalogo del compositore milanese, nel segno di cellule musicali che possiedono caratteristiche espressive proprie, ricombinate tuttavia in modo caleidoscopico, in una forma che tradisce un’organizzazione interna non esibita, comunque abbastanza libera, e, soprattutto, mai cerebrale.
Molto bene ha fatto l’ensemble strumentale diretto da Marco Angius, capace di rendere ragione della multiforme ispirazione di Carpi (e di Solbiati), evidenziandone al contempo l’intima coerenza e la forte teatralità.

Singolare l’approccio di Strehler/Carpi alla fonte kafkiana: non è il tema dell’alienazione a emergere, quanto quello della marginalizzazione del diverso, di chi non può essere iscritto nei rigidi schemi sociali di un vivere borghese e di un gretto conformismo fondato sul denaro e sull’apparenza. Restituzione plastica di tale idea è, nell’allestimento scenico di Andrea Stanisci, la porta (evocata dal titolo), che chiude la quarta parete del palcoscenico, oltre il quale si immagina la presenza inquietante e tormentata del povero Gregorio Samsa. Nel sobrio ed efficace disegno registico di Giorgio Bongiovanni, paradossalmente, sono i familiari dell’uomo tramutato in scarafaggio a serrarsi dietro quella porta – e quindi a escludersi dal mondo – incapaci di accettare il diverso. Gli eleganti costumi di Clelia De Angelis aiutano a collocare la vicenda in una casa borghese di inizio Novecento, ove i protagonisti si muovono illuminati dalle belle luci di Eva Bruno, fondamentali per creare la giusta atmosfera e per lo sviluppo narrativo.

Tutti all’altezza della sfida i giovani interpreti, molti dei quali sono i vincitori del concorso di canto indetto dallo stesso Teatro Lirico Sperimentale. Eccellenti la prove di Davide Romeo (un Gregorio di intensa espressività), Giacomo Pieracci (padre di Gregorio dalla bella voce di basso), Simone van Seumeren (madre di Gregorio, mezzosoprano dal timbro prezioso), Antonia Salzano (sorella di Gregorio). Molto bravi anche Davide Peroni (il gerente), Elena Salvatori (prima domestica), Federica Tuccillo (seconda domestica), Oronzo D’Urso (primo pensionante / voce di Gregorio ), Davide Peroni (secondo pensionante), Giordano Farina (terzo pensionante), Elena Finelli (voce di Gregorio).
Operazione perfettamente riuscita, dunque, che meriterebbe di circuitare. La durata, circa 60 minuti complessivi, e la relativa semplicità dell’allestimento lo consentono e Milano (il Piccolo?) dovrebbe essere la prossima, doverosa tappa.

Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto
LA PORTA DIVISORIA
Atto unico in cinque quadri di Fiorenzo Carpi
Libretto di Giorgio Strehler da La metamorfosi di Franz Kafka
Completamento di Alessandro Solbiati e trascrizione di Matteo Giuliani

Gregorio Davide Romeo
Voce di Gregorio Elena Finelli/Oronzo D’Urso/Davide Romeo
Padre di Gregorio Giacomo Pieracci
Madre di Gregorio Simone van Seumeren
Sorella di Gregorio Antonia Salzano
Il gerente Davide Peroni
Prima domestica Elena Salvatori
Seconda domestica Federica Tuccillo
I pensionante Oronzo D’Urso
II pensionante Davide Peroni
III pensionante Giordano Farina

Ensemble del Teatro Lirico Sperimentale
Direzione Marco Angius
Regia Giorgio Bongiovanni
Scenografia Andrea Stanisci
Costumi Clelia De Angelis
Luci Eva Bruno
Aiuto regia Biancamaria D’Amato

Spoleto, Teatro Caio Melisso, 4 settembre 2022

Foto di Copertina: Ludovica Gelpi

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