Orfano di opera, il 65° Festival dei due mondi di Spoleto presenta come sempre un cartellone ricchissimo e sovente trasversale e “contaminato” tra musica, teatro, danza. Grande successo ha accolto la prima nazionale de L’appuntamento, ossia la storia di un cazzo ebreo di Katharina Volckmer, per la regia di Fabio Cherstich, una produzione del Teatro Franco Parenti di Milano. Si tratta della restituzione in forma di monologo, adattato dalla stessa autrice e dal regista, del fluviale romanzo pubblicato in inglese lo scorso anno e tradotto in italiano da Chiara Spaziani per “La nave di Teseo”.
Testo torrenziale e provocatorio, a tratti fastidioso nella sua ironia corrosiva e maleducata, L’appuntamento è una spiazzante riflessione sui temi dell’identità, della conoscenza e dell’accettazione di sé, ma anche del passato e del presente, della storia personale e collettiva. Un testo che chiama pesantemente in causa gli spettatori, mettendo in discussione molti luoghi comuni e usando l’arma affilata dell’ironia per scavare nel vissuto e anche per ferire. Si sorride – non tantissimo, in verità – e quando accade, ci si sente anche un po’ in colpa. Tutto è molto fisico in questo testo: “hai bisogno di un corpo da amare per capirti – scrive l’autrice – altro che un’anima!”. Scorrono così davanti allo spettatore immagini e situazioni concrete, anche sgradevoli, che riguardano l’immaginario sessuale della protagonista, in crisi di identità e in cerca di una via d’uscita.
Così, anche la recitazione di Marta Pizzigallo, pur se inserita in un contesto scenografico asettico – siamo nello studio di un medico o forse di uno psicanalista, illuminato da luci fredde – prende consistenza e vita in un monologo che trasuda fisicità, ove la voce dell’attrice e il suo corpo si fanno veicolo potente per una ricerca di sé che sembra non approdare a nulla, ma che invece, in modo inatteso, porta a un esito spiazzante. Dopo le esperienze limite vissute con un uomo conosciuto in un bagno pubblico maschile – un artista che usa il colore anche per godere sessualmente – la protagonista decide di cambiare genere e lo fa rivolgendosi a un medico ebreo. “Che rende sterile una donna tedesca”: così, il membro maschile citato nel titolo diventa una sorta di Battesimo per una nuova nascita che si spera porti a una più serena accettazione di sé. O forse, semplicemente, si tratterà di un tentativo abortito, perché “non esiste via d’uscita alla solitudine. Siamo tutti nati col cuore infranto”. Facile intuire che le questioni della ebraicità e della “germanicità” hanno un peso in tutto questo – ed è forse la parte un po’ più debole del testo – ma concorrono comunque a comporre un quadro narrativo coerente e teso.
Quasi superfluo dire che la protagonista è straordinaria per la capacità che ha di tenere l’attenzione del pubblico viva e partecipe per quasi un’ora e mezza, sempre in scena e con pochi movimenti, alla presenza muta e inquietante del medico / psicanalista, immobile su una sedia a lato di lei, quasi di schiena rispetto al pubblico. La musica originale di Luca Maria Baldini ha un ruolo importante per scandire il ritmo narrativo dello spettacolo, così come le luci di Oscar Frosio e le immagini proiettate sui fondali, che per poco accendono di colore il palco.
65° Festival dei due mondi di Spoleto
L’APPUNTAMENTO, OSSIA LA STORIA DI UN CAZZO EBREO
Adattamento Fabio Cherstich e Katharina Volckmer
con Marta Pizzigallo
e con Riccardo Centimeri
e Umberto De Angelis
Musiche originali Luca Maria Baldini
Regia, spazio scenico Fabio Cherstich
Assistente alla regia Diletta Ferruzzi
Luci Oscar Frosio
Macchinista Marco Pirola
Fonico Emanuele Martina
Sarto Giacomo Pietro Viganò
Scene costruite presso il laboratorio del Teatro Franco Parenti
Costumi realizzati presso la sartoria del Teatro Franco Parenti
diretta da Simona Dondoni
Spoleto, Auditorium della Stella, 25 giugno 2022