Renato Bonajuto, nelle brevi note di regia che accompagnano l’andata in scena de Le convenienze ed inconvenienze teatrali di Donizetti nell’allestimento da lui firmato, nato al Municipale di Piacenza e oggi ripreso, in coproduzione, prima al Coccia di Novara e poi al Chiabrera di Savona (riferiamo della recita savonese del 20 novembre), parla per questa farsa in due atti di “Opera allo specchio”. E fa bene ad annotare come sia “opera metateatrale quant’altre mai”, pronta ad essere rimodulata per mettere in scena vizi e inconvenienze teatrali in due ore e passa di spettacolo in cui il compositore e il poeta si dannano l’anima per allestire uno spettacolo d’opera – fronteggiando i capricci divistici dei cantanti, e soprattutto il men che men che strampalato tentativo di Mamma Agata di metter in bella mostra le qualità della propria figliola, la seconda donna, in barba alla prima donna e al suo protettivo marito Procolo, in una gara di rivalità dai tratti esilaranti – fino a che L’Impresario si dà alla fuga e la compagnia, in un fuggi fuggi generale, viene sciolta.
Il modo migliore per far sì che tutto questo abbia oggi un senso, e diverta ancora, è riversare il soggetto nella contemporaneità. Ecco perché, con l’ausilio della drammaturgia spiritosissima di Alberto Mattioli, che riscrive i dialoghi per far sì che la farsa perda ogni retaggio archeologico, la vicenda viene calata ai giorni nostri. Quindi, lo sottolinea Mattioli stesso: “Nel curare la drammaturgia di queste Convenienze, si trattava semplicemente di attualizzarle, posto anche che di opere se ne scrivono meno e quasi tutto il repertorio è costituito da titoli del passato, nel nostro caso anche remoto: la solita rarità barocca riemersa da uno scantinato. Il castrato diventa così un controtenore; il compositore, il direttore d’orchestra; il poeta, il regista; e l’impresario, ovviamente, un sovrintendente alle prese con i consueti problemi sindacalpolitici. Le lettere sono delle mail e si usano i telefonini. La vicenda e la musica di Donizetti rimangono però le stesse; il divertimento, anche. O almeno si spera”.
E il divertimento, lo confermiamo, è assicurato anche quando Mattioli offre un testo aperto alle più svariate possibilità, con citazioni alle prime donne dei nostri tempi, come Cecilia Bartoli, Anna Netrebko e Angela Gheorghiu, o lasciando anche libertà a Mamma Agata, entrando in scena, di salutare Renata Scotto (seduta in sala alla recita alla quale abbiamo assistito); poi si autocita nel testo e, quando Procolo legge le critiche allo spettacolo partendo dal quotidiano La Stampa (dove Mattoli scrive), Mamma Agata gli risponde affermando che “quello” (Mattioli appunto), quando scrive, pensa solo a tre cose: a Verdi, ai gatti e alla regina Elisabetta, omettendo però il quarto “pallino” di Mattioli: le regie d’opera, che talvolta più stravaganti sono e più sembrano piacergli. Citando quest’ultimo aspetto, l’ottimo lavoro di autoironia del drammaturgo sarebbe stato perfetto!
Eppure è innegabile che il corto circuito fra la riuscita rivisitazione drammaturgica (che ovviamente non intacca la musica) e la regia a moto perpetuo di Renato Bonajuto, che conosce quest’opera come pochi oggi, permetta di realizzare con scanzonata comicità, certo a tratti farsesca, ma assai ben congegnata, un allestimento che si avvale anche del bell’apparato scenico di Danilo Coppola e dei costumi sempre puntualissimi di Artemio Cabassi, ai quali si uniscono le spiritosissime coreografie di Riccardo Buscarini riprese da Giuliano De Luca.
Al successo di questo godibilissimo pomeriggio di musica e teatro, assai applaudito dal pubblico, contribuisce la bacchetta di Giovanni Di Stefano, alla testa dell’Orchestra Filarmonica Italiana e del Coro del Teatro Coccia, in perfetta simbiosi con una affiatatissima compagnia di giovani cantanti, capitanata dal divo Simone Alberghini, che veste i panni di Mamma Agata, personaggio che è la quinta essenza dell’en travesti operistico in chiave grottesca. Cadere nel cattivo gusto non è un rischio, ma è un dovere, perché il personaggio ne è il paradossale emblema. Ma Alberghini, che mai si sarebbe creduto capace di tanta bravura scenica oltre che vocale in un ruolo come questo, si cala nella parte divertendosi un mondo e delineando una Mamma Agata da ricordare.
L’intera compagnia che lo attornia è perfetta. Carolina Lippo, Corilla, è una prima donna scenicamente appropriata e si disimpegna con onore quando nel secondo atto intona, come “aria di baule”, la cavatina d’ingresso di Linda, dalla Linda di Chamounix di Donizetti. Eleonora Boaretto, Luigia, è una seconda donna che si impone per la voce fresca, all’occorrenza anche svettante in acuto, così come per la capacità di contrastare con puntuta e stizzita scaltrezza, per di più sostenuta della strampalata protezione della sua improbabile mamma, il protagonismo della rivale.
Nel novero dei migliori, spiccano le prove di Didier Pieri, Guglielmo, che fa il verso al tenore tedesco rimasto senza voce al momento di intonare la sua aria, ma quando la riprende nel corso della recita la canta assai bene e dona al personaggio quel tocco di intontito disincanto che conquista, ma anche dell’altrettanto bravo Paolo Ingrasciotta, Procolo, il marito sempre attento agli interessi dalla sua prima donna, dalla voce chiara e ben proiettata, e dello scatenatissimo Stefano Marchisio, visibilmente divertito nel vestire i panni di Prospero Salsapariglia, che qui diventa regista della scalcagnata messa in scena di Romolo ed Ersilia. Completano ottimamente il cast Andrea Vincenzo Bonsignore, nei panni di Biscroma Strappaviscere, trasformato da maestro di musica in direttore d’orchestra, Lorrie Garcia, Dorotea che da castrato qui si finge controtenore, Dario Giorgelè, L’Impresario che pare, anche nelle fattezze sceniche e nell’accento francese, fare il verso a uno dei sovrintendenti stranieri che guidano oggi i nostri teatri, e Juliusz Loranzi, L’Ispettore del Teatro.
Del successo si è già detto, arriso a uno spettacolo che quest’anno, dopo l’acclamata Tosca, ha visto il Teatro Chiabrera, nella sua programmazione operistica, raggiungere ottimi traguardi artistici.
Teatro Chiabrera – Stagione 2022
LE CONVENIENZE ED INCONVENIENZE TEATRALI
Farsa in due atti
Libretto di Domenico Gilardoni
Musica di Gaetano Donizetti
Drammaturgo Alberto Mattioli
Corilla Carolina Lippo
Procolo Paolo Ingrasciotta
Mamma Agata Simone Alberghini
Luigia Eleonora Boaretto
Dorotea Lorrie Garcia
Guglielmo Didier Pieri
Biscroma Strappaviscere Andrea Vincenzo Bonsignore
Prospero Salsapariglia Stefano Marchisio
L’Impresario Dario Giorgelè
L’Ispettore del Teatro Juliusz Loranzi
Orchestra Filarmonica Italiana
Coro del Teatro Coccia
Direttore Giovanni Di Stefano
Maestro del coro Yirui Weng
Maestro al piano Gianluca Ascheri
Regia Renato Bonajuto
Scene Danilo Coppola
Costumi Artemio Cabassi
Coreografie Riccardo Buscarini
riprese da Giuliano De Luca
Allestimento in coproduzione con
Teatro Municipale di Piacenza e Teatro Coccia di Novara
Savona, 20 novembre 2022