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Napoli, Teatro San Carlo – Romeo e Giulietta

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Il Romeo e Giulietta di Prokof’ev secondo il segno coreografico firmato MacMillan, serrato per tecnica e fibra drammatica quanto umanissimo per gesti e caratteri, è arrivato brillando dalla nascita a oggi solo in tre differenti battute sulle assi del Teatro San Carlo di Napoli. Nell’ultimo mezzo secolo variabile è stata infatti la scelta, fra le molteplici declinazioni esistenti (Vinogradov, Lifar, Cullberg, Ashton, Cranko, Neumeier, Pistoni, Fascilla, Nureyev, Grigorovič e fino al più recente Fabrizio Monteverde), operata con consistenti stacchi di stagione dal Lirico partenopeo puntando sulla versione Beriozov nell’estate 1972 all’Arena Flegrea con la coppia Schuller-Romanelli, sull’edizione Fascilla in teatro con Gheorghe Iancu e Carla Fracci nel marzo 1987, sulla miliare rilettura coreografica del sudafricano con cittadinanza britannica John Cranko nel 1997 con il tandem Iancu-Lendvai e, nel giugno 2016 per i 400 anni dalla morte di Shakespeare, sulla versione di Mikhail Lavrovskij dal modello sovietico anni Quaranta in svolta drammatica del padre Leonid proposto nell’allestimento capitolino, con la coppia Sarafanov-Novikova in alternanza con il binomio Macario-Toromani. Senza contare l’omonimo balletto creato da Amedeo Amodio, ma sulle note di Berlioz, in scena nel 2011 con Roberto Bolle e Lucìa Lacarra.

La scansione partenopea della rilettura di Kenneth MacMillan conta dunque due precedenti, entrambi importanti: l’ormai leggendario esordio applaudito a pochi mesi dal varo britannico e con gli stessi interpreti, nell’ottobre 1965 con il Romeo del tartaro Rudolf Nureyev e la Giulietta di Margot Fontayn alla testa del Royal Ballet di Londra; la ripresa ad alta fedeltà nel febbraio 2003, curata da Derek Deane, con un poker di giovani astri (Giuseppe Picone con l’allora prima ballerina interna Giovanna Spalice e, in secondo cast, lo scaligero Bolle accanto a una straordinaria Ambra Vallo, napoletana e prima ballerina al Birmingham) divisi fra le recite nei ruoli del titolo, con la vedova Deborah MacMillan e la figlia Charlotte presenti in sala. Fermo restando l’immutato interesse della ripresa attuale, corre l’obbligo di sottolinearne il differente merito perché, stavolta, si è inteso per la prima volta andare a premiare l’intero Corpo di Ballo, mostrandone sia l’ottimo livello artistico complessivamente raggiunto, sia rinunciando all’ospitalità da vetrina di una super coppia di star come nelle occorrenze sinteticamente citate. Il tutto addirittura promuovendo “in diretta” e a fine première, fra gli applausi, la magnifica coppia di solisti interni Alessandro Staiano e Luisa Ieluzzi al luminoso rango di étoiles, secondo una modalità d’annuncio a nostra memoria senza precedenti al San Carlo, effettuata dagli stessi vertici Stéphan Lissner e Clotilde Vayer al proscenio tra commozione, abbracci, ballerini festanti e vivi entusiasmi del pubblico.

A riprendere a trent’anni dalla morte la creazione più celebre ed eseguita del ballerino e coreografo scozzese nominato baronetto nel 1979 dalla regina Elisabetta, sono stati Julie Lincoln e Robert Twesley, quest’ultimo anche maître de ballet e a sua volta già interprete magnifico al San Carlo nel 1996 e nel 2000 per il Čajkovskij, rispettivamente, del Lago dei cigni in stagione a pochi mesi dal Werther cantato dal mitico Kraus e, fra un raro ventaglio di titoli d’opera del Novecento europeo, della Bella addormentata.
In premessa, ora come allora, funziona a meraviglia il colpo d’occhio dell’allestimento del Birmingham Royal Ballet, splendido nell’impatto rinascimentale di scene e costumi fra il Mantegna e un Piero della Francesca, realizzati da Paul Andrews, artista scomparso venticinquenne nel ’97 per un incidente d’auto, ingaggiato anche sul set del Robin Hood con Kevin Costner ma reso celebre proprio da Kenneth MacMillan grazie al progetto scenografico affidatogli per il suo Romeo e Giulietta dopo averne visto i disegni della tesi di laurea. Nell’arco dei tre atti e al passaggio delle tredici scene – efficacissimi i cambi a vista – resta infatti assolutamente intatto, oltre il tempo, lo smalto nello scontorno ora vivido, ora segreto, lieto o drammatico dei personaggi come dei singoli quadri, nelle scene di combattimento (ben curate dal maestro d’armi Renzo Musumeci Greco), nei due deliziosi cammei con complesso di mandolini guidati dall’ottimo Mauro Squillante, negli affollati esterni come nella tesa intensità dell’azione nei luoghi interni. E così la narrazione drammaturgico-coreutica della triste vicenda dei giovani amanti di Verona, di sapienza antica ma assolutamente al passo nel legare ritmi, piani lessicali e dati espressivi entro il solco di un’unica sensibilità filmica e teatrale traducendosi, sul fronte pratico, in una sintassi coreutica al confine esemplare fra il limpido stile neoclassico e una fisicità moderna dalle linee rigide e angolari, presente fra scavo psicologico e fuoco sul carattere, variazioni complesse, sospensioni drammatiche, fra passi a due di bellezza intensa ed estatica.

Un gioco raffinato quanto al contempo di grande complessità in primo luogo attoriale cui devono concorrere – e difatti concorrono – in pari misura tutti gli artisti in palcoscenico attestando, oltre il gran lavoro di squadra messo a segno in sala prove, l’impegno e il valore garantito dalla compagine di ballo della Fondazione. Meno apprezzabile invece, seppur in linea metrica corretta, l’apporto dell’Orchestra del San Carlo diretta nell’occasione da Vello Pähn, maestro in passato più volte presente sullo stesso podio. Al di là dell’indiscutibile precisione degli stacchi di tempo e dei pallini in pentagramma, la musica – fra le più potenti del Novecento coreutico – resta in realtà per lo più ancorata a una mansione narrativo-didascalica, vale a dire più da Pierino e il lupo che da ferale scontro fra Capuleti e Montecchi, tanto che il rumore dei passi sul palco sovrasta al primo atto il suono degli strumenti e di lì a seguire, fra scena e buca, la spiccata plasticità resa dalla danza non trova troppi agganci empatici dalla partitura, percussioni e ottoni gravi esclusi, né in termini di identità, né di particolare forza o affondo.

Quanto agli interpreti, si loda oggi più che mai la straordinaria crescita artistica di Luisa Ieluzzi all’interno dell’organico della Fondazione. La sua Giulietta s’impone per la perfezione delle punte, la bellezza delle linee e lo scatto dei passi anche di maggiore difficoltà e tensione, per la flessuosa eleganza delle braccia, per una sensibilità interpretativa abile nel restituire della giovanissima Capuleti la delicata ingenuità adolescenziale, il timido erotismo, la ferrea volontà, il disperato coraggio, l’intensità drammatica.
Di statura nobile più che di passione è il Romeo di Alessandro Staiano, apprezzato da sempre per la cura dello stile e per la solidità di una tecnica qui in bel cimento oltre che calibrata come in linea con quel Christopher Gable che, nell’iniziale progetto di Sir MacMillan, avrebbe dovuto dar vita e corpo al suo Romeo accanto alla musa Lynn Seymour.
Fenomenale per la vivace prestanza e l’estrema precisione il Mercuzio, ideale e difficile demi-caractère, di Carlo De Martino e di notevole efficacia teatrale sia la nutrice di Ottavia Cocozza di Montanara, sia il Frate Lorenzo di Marco Spizzica. Alto inoltre il profilo garantito per Tebaldo da Ertugrel Gjoni, bravo il Benvolio di Ferdinando De Riso (perfetto il trio delle maschere) e apprezzabili nei rispettivi ruoli Salvatore Manzo (Primo Mandolino), Annalina Nuzzo con Giuseppe Ciccarelli (Lady e Lord Capuleti), Fabiana Isoletta con Massimo Sorrentino (Lady e Lord Montecchi), unitamente agli altri tersicorei impegnati nelle diverse formazioni.
Teatro pieno e, al termine, lunghi applausi per tutti.

Teatro San Carlo – Stagione 2021/22
ROMEO E GIULIETTA
Coreografia di Kenneth MacMillan
Musica di Sergej Prokof’ev
Coreografi per la ripresa Julie Lincoln e Robert Tewsley
Scene e costumi Paul Andrews
Luci John B Read
Maîtres de Ballet Robert TewsleySoimita Lupu
Maestro d’armi Renzo Musumeci Greco
Assistente ai costumi Anna Verde

Giulietta Luisa Ieluzzi
Romeo Alessandro Staiano
Tebaldo Ertrugel Gjoni
Mercuzio Carlo De Martino
Benvolio Ferdinando De Riso
Lady Capuleti Annalina Nuzzo
Lord Capuleti Giuseppe Ciccarelli
Lady Montecchi Fabiana Isoletta
Lord Montecchi Massimo Sorrentino
Nutrice Ottavia Cocozza di Montanara
Frate Lorenzo Marco Spizzica
Paride Daniele Di Donato
Danza Mandolini Salvatore Manzo

Orchestra e Balletto del Teatro di San Carlo
Direttore Vello Pähn
Direttore del Balletto Clotilde Vayer
Produzione del Birmingham Royal Ballet

Napoli, 22 maggio 2022

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