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Napoli, Teatro San Carlo – La Cantata per San Gennaro

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Da un lato, il respiro europeo di una sontuosa allure corale di matrice händeliana. Dall’altro, una riconoscibile identità espressiva di scuola spiccatamente partenopea che, a Barocco musicale compiuto e in era ormai classica, si ritrovano magnificamente a convivere nei pentagrammi sacri di un compositore meridionale del secondo Settecento di gran vaglia e, neanche a dirlo, finito del tutto fuori dal giro. È il caso di Pasquale Cafaro, allievo alla Pietà de’ Turchini e miglior erede di Leonardo Leo, primo maestro della Real Cappella e dello stesso teatro a un passo dall’avvento di Paisiello, maestro di canto e di cembalo della regina Maria Carolina, fertile autore di musiche per la liturgia e per l’opera seria, all’epoca stimato da tutti e anche da Mozart conciliando l’alta dottrina armonica e contrappuntistica con una plasticità di scrittura dalle esplicite radici teatrali. E, non a caso, artista sepolto accanto alle spoglie di Alessandro Scarlatti nella Cappella dei Musici di Santa Cecilia nella Chiesa di Montesanto, nel cuore della Pignasecca e a pochi passi dalla centralissima via Toledo di Napoli.

Ebbene, a restituirne dagli archivi all’ascolto due partiture (il Dixit Dominus del 1771 e la Cantata per la Translazione del Corpo del Glorioso Martire San Gennaro per soli, coro, organo e orchestra del 1775, e non del 1788 come da scivolata in copertina del programma di sala), unitamente a un assai peculiare lavoro sempre sacro del parimenti pugliese Giacomo Insanguine detto Monopoli (il Quoniam tu solus Sanctus per soprano con oboe, tromba e fagotto concertanti, archi e continuo), è stato il Teatro San Carlo con le sue compagini corale e orchestrale, accanto alle voci di tre allieve dell’Accademia di Canto interna, diretta da Mariella Devia. A offrirne l’occasione, i 285 anni dalla fondazione e l’omaggio slittato di un paio di mesi al Santo Patrono mentre, a curarne recupero e revisione, è stato il maestro Ivano Caiazza, già violinista dell’Orchestra della Fondazione e da anni consulente impegnato in concreto nel Dipartimento di ricerca, editoria e archivio storico del Lirico napoletano, in tal caso operando sulle fonti primarie conservate fra la Biblioteca del “San Pietro a Majella” e la Bibliothèque nationale de France.

A garantirne e a restituirne invece la più felice tempra è stato dal podio José Luis Basso, maestro del Coro purtroppo uscente e direttore di grande efficacia per il programma proposto in prima moderna stando alla vigorosa vitalità da lui impressa ai profili ritmici, allo smalto delle dinamiche, al rigore dei passaggi in canone, alla compattezza delle sezioni omoritmiche. Certo, in special modo con il repertorio settecentesco, saltano fuori e a nervi scoperti i difetti di fibra della sezione femminile del Coro (a fronte dell’impeccabile metallo delle corde maschili), così come in taluni passaggi degli archi. Ma, nel complesso, la potenza è quella händeliana e l’impronta canora è quella di scuola partenopea con la singolare idea in più, per la Cantata, di differenziare recitativi e arie affidandone rispettivamente il sostegno all’organo quindi, in soluzione più teatrale, al clavicembalo.

Quanto alle parti soliste tutte sopranili, una nel Quoniam e poi in alternanza per le quattro prime del Coro, ciascuna delle tre allieve dell’Accademia di Canto Lirico sancarliana ha posto in luce diverse qualità e tante promesse ma, anche, un retaggio tecnico ben riconoscibile nella cifra di coloratura di una belcantista assoluta qual è stata fino a tempi recentissimi la Devia. Laura Ulloa sia in Insanguine al fianco dell’originale gruppo di fiati concertanti (Hernan Garreffa all’oboe, Giuseppe Cascone alla tromba, Mauro Russo al fagotto) quanto nella Cantata di Cafaro sfodera, ad esempio, notevoli abilità virtuose e una bella luce mozartiana ma le resta, ancora, da perfezionare il controllo dei suoni più acuti. Singolare pasta lirica, prestanza tecnica e una viva sensibilità musicale presenta quindi Chiara Polese, figlia d’arte, che ha invece da sistemare un migliore appoggio sul fiato e una maggiore attenzione all’intelligibilità delle parole. Infine Maria Sardaryan, artisticamente la più matura, dalla voce bella, agile e ben sapiente nel gestire trilli, diminuzioni e le più svariate articolazioni espressive.
Poco pubblico (ma è pur vero che c’era allerta meteo), tanti applausi e, a sigillo fuori programma, l’Alleluja del più celebre Händel.

Teatro San Carlo – Stagione concertistica 2021/22
PROGETTO SAN GENNARO
Pasquale Cafaro, Dixit Dominus (1771) per coro, organo e orchestra.
Giacomo Insanguine, Quoniam tu solus Sanctus per soprano, oboe concertante, tromba concertante, fagotto concertante, archi e basso continuo
Pasquale Cafaro, Cantata per la Translazione del Corpo del Glorioso Martire San Gennaro œ (1775) per soli, coro, organo e orchestra.
Ricerca e revisioni critiche a cura di Ivano Caiazza
(prima esecuzione moderna)

Laura Ulloa soprano
Chiara Polese soprano
Maria Sardaryan soprano
Allieve dell’Accademia di Canto Lirico del Teatro di San carlo

Direttore José Luis Basso
Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo

Napoli, venerdì 4 novembre 2022

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