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Napoli, Teatro San Carlo – Concerto di Rosa Feola e Dan Ettinger

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Una cornice serrata sul doppio Mozart sinfonico in sol minore (K. 183 e K. 550) e a tutto gas, così come a pedale spinto ridisegnato dal neo nominato direttore musicale Dan Ettinger nei tempi esterni dall’agogica sfrecciante e di natura iterativa, haydniana se non addirittura barocca, più dinamiche a contrasto di potenza ultra beethoveniana. Al centro, invece, intensità e bel respiro con tre arie da concerto sempre dello stesso compositore e dallo stesso direttore accompagnate fra podio e pianoforte, pronte a brillare come tre gioielli per lega e pietre di autenticità preziosa in virtù della mirabile fattura canora ed espressiva del soprano Rosa Feola, in questi mesi in dolce attesa.

Su pari linea e dunque non smentendo la sua peculiare visione staccata in velocità paratattica con il Mozart teatrale ascoltato e recensito nel parallelo e contestuale Così fan tutte al Teatro San Carlo di Napoli, il direttore israeliano Ettinger confeziona, per la sua prima prova concertistica di quella che dal prossimo anno sarà la sua Orchestra, una propria lettura sinfonica. Una lettura in vertigine tanto estrosa per singolarità di tempra e vivacità di piglio – lui stesso sembra uscito dall’Amadeus di Miloš Forman – quanto difficilmente destinata a lasciare traccia nelle orecchie degli ascoltatori, così come a sortire reali benefici in termini di affondo analitico e cesellature varie fra gli strumenti in campo.

D’altra parte l’Allegro “con brio”, sin dall’incipit da lui tradotto “con fuoco”, svela subito stacco e sviluppi in ascolto della cosiddetta Piccola Sinfonia in sol minore, scritta a diciassette anni da Mozart. Nelle premesse, è vero, c’è tanto fervore giovanile, un’attenzione spiccata per le inedite tinte pre-romantiche e per le ombreggiature drammatiche che saranno di Beethoven rispetto ai lavori da lui fin lì compiuti. Ma, dalla rilettura a memoria e a mani sciolte di Dan Ettinger, ne esce altra cosa. Il primo movimento presenta un incedere meccanico e veloce che, pur dilatando d’improvviso e in eccesso i valori già larghi del canto in piano dell’oboe dalla diciassettesima battuta, prosegue spedito a mo’ di studio, marziale, cupo, teutonico. Né cambia il taglio con l’alleggerimento delle dinamiche al successivo Andante, pur sempre battuto sul ritmo e quindi con esiti che, saltando a piè pari archi di tensioni e legati, indietreggiano finendo, piuttosto, in uno stile galante di maniera. Niente colori tantomeno nel rustico Minuetto e, nonostante l’attacco in delicato pianissimo, l’Allegro finale vira con gusto più moderno in rimbalzi dal sapore addirittura jazzy, tornando a esaltare ritmo e netti contrasti.

Molto diverso, invece, il tracciato di stile a segno con l’arrivo, in sontuoso abito giallo e oro, del soprano casertano Rosa Feola, interprete di una terna di celebri Arie da concerto scritte su misura nel secondo Settecento da Mozart, rispettivamente, per le tre rinomate voci di Josepha Duschek, Louise Villeneuve e per Nancy Storace.
La prima aria lega, in qualche misura, Mozart alla Napoli di Jommelli, Vanvitelli e dell’evirato Giuseppe Aprile entro le opulenti celebrazioni festive organizzate nell’autunno del 1772 dal duca d’Arcos con tanto di Serenata teatral-musicale a Palazzo Perrelli, oggi Berio, in via Toledo per celebrare il battesimo della prima infantina Reale di Ferdinando IV e Maria Carolina che, nel sangue e nel nome (Maria Teresa Carolina), andava a riunire le dinastie coronate d’Austria e di Spagna. Dalla Cerere placata su testo del medico Michele Sarcone risulta infatti estratta una delle più belle pagine “staccate” di Mozart, “Bella mia fiamma, addio” – “Resta, oh cara”, aria di prigionia intonata dal primo uomo soprano Aprile nei panni del re dell’Iberia e sposo di Proserpina, Titano, alla quinta scena della II Parte. Già alle origini, nella versione di Jommelli, il brano costituiva il punto più alto per peso drammatico e polifonia affettiva dell’intero lavoro andato in scena nel teatro effimero da 1600 posti costruito e dopo tre mesi smantellato da Luigi Vanvitelli nei luoghi retrostanti all’odierna funicolare di piazzetta Augusteo. Di qui le ragioni del repêchage mozartiano, scritto nella stessa Villa Bertramka della Duschek alla periferia praghese, residenza dove fu composta la Sinfonia del Don Giovanni in scena per la prima volta a Praga proprio nei giorni dell’Aria da concerto. L’idea di riscrittura sembra sia dunque nata non solo per l’estrema notorietà in Europa della pagina ma, innanzitutto, per l’ostinata richiesta della nuova interprete. Al figlio di Mozart si deve infatti il racconto che in via aneddotica narra di come la cantante avrebbe rinchiuso il compositore in un padiglione della Bertramka per ottenere la rielaborazione dell’aria di Titano. Il che avrebbe portato Mozart a ripagarla con una buona dose di asperità tecniche lavorando, soprattutto, su una maggiore pressione psicologica andata a convertire la destinazione scenica, con relativo scavo prossemico, in soluzione più intima e dolorosa, dando pieno risalto ai colori dell’anima. Una differenza sostanziale chiarissima nella tornitura profonda e nelle articolazioni espressive a taglio che Rosa Feola ha infatti nell’occasione puntualmente colto e saputo porgere al meglio, ben poggiando e proiettando le sezioni del testo in differente esposizione, dosando e variando di volta in volta gli attacchi, i suoni, gli accenti e le vette all’acuto lungo le pieghe di una scrittura di ampia e sfaccettata estensione.

Purezza timbrica, forza, sensibilità e sapienza di stile hanno dato parimenti forma all’aria K. 583 “Vado, ma dove? Oh Dei!” tratta dal ruolo di Lucilla nell’opera Il burbero di buon core su libretto di Lorenzo Da Ponte e musica di Martìn y Soler, quindi in rielaborazione mozartiana per Louise Villeneuve, futura prima Dorabella del Così fan tutte. Infine all’apice, per verità di affetti e una tecnica di bravura dalla Feola sempre intimamente connessa all’eloquio, c’è il grande Recitativo e Rondò K. 505 “Ch’io mi scordi di te?” – “Non temer amato bene”, aria composta per l’addio alle scene dell’italo-britannica Nancy Storace (prima Susanna delle Nozze), su testo eseguito nel marzo 1786 per la versione privata dell’Idomeneo nella residenza degli Auersperg. Qui Dan Ettinger siede al pianoforte per dirigere e accompagnare ottimamente e con gran fervore la bella pagina di Mozart. Tanti infatti gli applausi per lui accanto ai vivissimi entusiasmi per la radiosa Feola. Purtroppo, niente bis.
Infine, in chiusa, il ritorno al Mozart prettamente strumentale, quello più noto della Sinfonia n. 40 e, con esso, la ripresa di una visione ritmico-dinamica rapida e compatta, in scansione senz’altro travolgente ma scarna sul fronte concertante e con fiati (di cui ben conosciamo potenzialità e meriti) a ripetizione meccanica, per varietà espressiva non lontani dalla risposta di una tortora.

Teatro di San Carlo / Stagione di concerti 2021/22

Direttore Dan Ettinger
Soprano Rosa Feola
Orchestra del Teatro di San Carlo

Musiche di Wolfgang Amadeus Mozart

 Sinfonia n. 25 in sol minore K. 183
“Bella mia fiamma, addio”, Aria da concerto per soprano ed orchestra, K. 528
“Vado, ma dove? Oh Dei!”
Aria da concerto in mi bemolle maggiore per soprano e orchestra, K. 583
“Ch’io mi scordi di te?… Non temer, amato bene”
Recitativo e aria in mi bemolle maggiore per soprano, pianoforte e orchestra, K. 505
Sinfonia n. 40 in sol minore K. 550

Napoli, 26 marzo 2022

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