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Monte-Carlo, Salle Garnier – Manon Lescaut (con Anna Netrebko)

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Un’altra serata magica all’Opéra di Monte-Carlo. Il direttore del teatro, Jean-Louis Grinda, per Manon Lescaut di Puccini, aveva previsto il debutto nel ruolo della protagonista di Maria Agresta, ma il suo forfait l’ha spinto, cercando una soluzione alternativa, a puntare al massimo e a garantirsi la presenza, per tutte le quattro recite in cartellone, niente mento che di Anna Netrebko, la quale ha cantato assieme al già previsto Yusif Eyvazov, compagno di vita e spesso al suo fianco anche sulle scene, questa volta nei panni del Cavaliere Des Grieux. Una coppia di protagonisti di lusso, a sigillo di una stagione – l’ultima firmata dal Grinda prima dell’arrivo di Cecilia Bartoli alla guida del teatro – che non termina con questa produzione, quindi come di consueto in primavera, ma proseguirà fino a fine anno con La damnation de Faust di Berlioz e Lakmé di Delibes.

Il glorioso teatro monegasco ha avuto dunque il merito di garantirsi il primo ritorno sulle scene della grande diva russa dopo la sua momentanea decisione di non esibirsi sui palcoscenici mondiali per non aver voluto prendere, come tutti assurdamente si aspettavano da lei, una netta posizione contro la guerra e Putin. A nessun artista si dovrebbe domandare o pretendere simili richieste. Eppure, dopo essersi presa una breve pausa, la posizione ufficiale contro la guerra in corso in Ucraina è arrivata (qui il link), contestualmente all’annuncio di voler tornare a cantare non esitando ad accettare l’invito del Principato di Monaco come primo impegno dopo questo momento di riflessione.

Sul palco della Salle Garnier Anna Netrebko conferma, in questa produzione, un assoluto stato di grazia vocale e artistico. La vocalità pucciniana calza come un guanto su una voce di bellezza e opulenza stupefacenti. Ma questa volta, ancor più che in altre occasioni, non si accontenta di sfoggiare la magia del timbro scuro e morbido nei centri ed insieme luminoso e impavido in acuto, ma fraseggia e sente la parte di Manon veramente come sua. Lungo tutto l’arco dell’opera il temperamento della grande artista ha modo di svilupparsi dalla semplice e fresca ingenuità con la quale si presenta nel primo atto, vestita da suora e già pronta per il convento, alle nostalgie e frivolezze del secondo atto, che la vedono imporsi intonando “In quelle trine morbide” donando ebbrezza alla rimembranza nostalgica del vero amore, vissuto ma scientemente perduto, per poi prestare alle leggerezze dell’ “L’ora, o Tirsi” mirabile flessibilità, addirittura smorzando il do acuto. I vertici della serata sono il duetto con Des Grieux e, nell’ultimo atto, un memorabile “Sola, perduta abbandonata”, dove la carnosità di suoni densi e vellutati e l’intensità lirica sono riflesso perfetto della vocalità pucciniana e, nello specifico della parte di Manon, la vedono imporsi anche come interprete sensibile e partecipe. Tornando al secondo atto, complice lo spettacolo, diveggia in un abito color cammello ricamato in strass e mantello fucsia; si pone con vezzosa ironia dinanzi alle frivolezze di una vita che l’annoia, ma quando arriva Des Grieux il canto assume una carica di passionalità assolutamente travolgente, fino al momento della rocambolesca fuga che si conclude con il suo arresto, quando esce di scena guardando con sfida Geronte. La sua è una Manon passionale e volitiva, come la voleva Puccini. L’arco espressivo, colto a meraviglia, risponde così al sentire del personaggio in ogni suo aspetto, senza essere solamente frutto di una voce miracolosamente coinvolgente, nella quale alle esibite ambrature timbriche, morbide e intense, si accostano suoni smorzati e ricercatezze espressive fascinosissime.

Difficile immaginare, al suo fianco, un Des Grieux in grado di eguagliare una prova tanto perfetta. Invece, il tenore Yusif Eyvazov regala una serata in cui, sul piano puramente artistico, interpreta il personaggio con una presenza scenica e un coinvolgimento emotivo trascinanti. Poco importa – già lo si sa ed è forse inutile ribadirlo ogni volta – che la voce sia timbricamente ingrata. Nel primo atto dona finezze a un “Donna non vidi mai” molto sentito e rifinito con intelligenza. Nel duetto del secondo atto e, soprattutto, in uno straziante “Ah! Manon, mi tradisce il tuo folle pensier”, la voce si carica di emozionalità; la stessa che non teme poi gli estremi approdi drammatici della scena del porto, dove in “No, pazzo son” Eyvazov canta con uno slancio e una veemenza davvero rari nei tenori di oggi, confermandosi cantante artisticamente pronto e rendere il suo canto funzionale alle esigenze della parte; e anche se l’emissione non sempre appare ortodossa, gli esiti interpretativi e l’intelligenza vincono su tutto.

Galvanizzata da due protagonisti così bravi, l’intera compagnia offre ottime prestazioni, a partire dall’autorevole e vocalmente solido Lescaut di Claudio Sgura e dallo splendido Geronte di Ravoir di Alessandro Spina, che questo spettacolo vuole impegnato anche come Sergente degli arceri e Comandante di marina. Completano la locandina il fresco Edmondo di Luis Gomes, il raffinato musico di Loriana Castellano, Luca Vianello (Un Oste) e Rémy Mathieu (Il maestro di ballo e Un lampionaio).

Altro innegabile punto di forza dello spettacolo è la trascinante bacchetta di Pinchas Steinberg, scintillante di suono ad apertura del primo atto e via via densa di quella carica appassionata che si fa vibrante nel sensuale duetto d’amore e si piega ai risvolti tragici nel concertato della scena del porto, dove l’orchestra pulsa con quell’involo che Steinberg prima ancora ottiene dall’Orchestre Philharmonique de Monte-Carlo in un Intermezzo ricco di concitazione, tensione e lancinante tormento, percorso da una fibrillazione in crescendo, di impronta teatralissima. Come sempre perfetto anche il Coro dell’Opéra di Monte-Carlo, istruito da Stefano Visconti.

Resta da riferire dello spettacolo, una nuova produzione in collaborazione con Teatro di Erfurt, firmata dal regista Guy Montavon. L’impianto visivo, con scene di Hank Irwin Kittel e costumi di Kristopher Kempf, immerge la vicenda nella modernità. Il sipario, sul primo atto, si apre su un bar-chiosco con un bel fondale di vetri colorati: un locale all’aperto frequentato da giovani alla moda ben felici di esultare quando vengono offerti gelati gratis per tutti, anche alla novizie che entrano in scena accompagnando Manon, pure lei in abiti monacali, già pronta ad entrare in convento, e si affrettano a far peccati di gola sedute ai tavolini prima che il chiostro le attenda.
La medesima ironia si coglie nel quadro del secondo atto. La lussuosa dimora di Geronte, illuminata al neon con luci squillanti, sembra un museo di moderne installazioni artistiche attorniate da divanetti in capitonné e un piedestallo girevole al centro scena sul quale Manon, ingioiellata e fasciata come una dea per la scena del ballo, diveggia annoiata. Gli stessi invitati nella casa di Geronte, ambigui nelle loro vesti appariscenti ed estrose, si ritrovano poi posti su tribune nella scena del porto, pronti a formare una sorta di tribunale accusatorio guidato da Geronte stesso, che in scena indossa sempre occhiali scuri, ha capelli neri mesciati di bianco e un fisico atletico; diventa anche Comandante degli arcieri e, seduto al tavolo, gustando un gelato e sorseggiando una coca-cola, fa l’appello delle prostitute prontamente sbeffeggiate da un improbabile giuria popolare. Nell’ultimo atto la scena è divisa in due; da un lato troviamo l’agonizzante Manon rinchiusa in una squallida prigione/latrina, dall’altro Des Grieux che, isolato da Manon in una stanza che gliela ricorda, assiste alla sua morte senza poterla avvicinare, ormai separato da lei e pronto ad avviarsi verso una nuova luce che lo attrae al di là di una porta. La regia è accurata e, per quanto lo spettacolo appaia a tratti bizzarro, contribuisce al successo trionfale di questa indimenticabile Manon Lescaut.

Opéra di Monte-Carlo – Stagione d’opera, 2021/22
MANON LESCAUT
Dramma lirico in quattro atti
Libretto di Domenico Oliva e Luigi Illica
Musica di Giacomo Puccini

Manon Lescaut Anna Netrebko
Renato Des Grieux Yusif Eyvazov
Lescaut Claudio Sgura
Geronte di Revoir Alessandro Spina
Edmondo Luis Gomes
L’oste Luca Vianello
Il maestro di ballo e il lampionaio Rémy Mathieu
Il musico Loriana Castellano

Orchestre Philharmonique de Monte-Carlo
Choeur de l’Opéra de Monte-Carlo
Direttore Pinchas Steinberg
Maestro del coro Stefano Visconti
Regia e luci Guy Montavon
Scene Hank Irwin Kittel
Costumi Kristopher Kempf
Studi musicali Kira Parfeevets
Assistente alla messa in scena Enza D’Auria
Nuovo allestimento in coproduzione col Teatro di Erfurt

Monte-Carlo, 27 aprile 2022

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