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Monte-Carlo, Auditorium Ranieri III – Lakmé

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Jean-Louis Grinda conclude in bellezza il suo quindicinale mandato alla guida dell’Opéra di Monte-Carlo proponendo in forma di concerto, all’Auditorium Ranieri III, una trionfale esecuzione di Lakmé di Léo Delibes. L’opera mancava dalle scene monegasche dal 1986, ma prima ancora la si ascoltò nel Principato in diverse occasioni, fra le tante quando a interpretarla furono, nel 1946, Lily Pons e, per ben quattro volte (1950, 1951, 1955 e 1959), l’astrale soprano di coloratura Mado Robin, la cui vocalità straordinariamente estesa in acuto la rese celebre come protagonista. Oggi a vestirne i panni c’è una specialista della parte di non minore importanza, Sabine Devieilhe, che prosegue la tradizione dei soprani di coloratura di scuola francese immettendo, come vedremo, in tale tradizione esecutiva nuovi valori aggiunti utili a far luce sul profumo di un’opera che, quando apparve sulle scene parigine nel 1883, incarnò l’ideale di opéra-lyrique intrisa di richiami esoticheggianti nel tratteggiare una storia d’amore impossibile fra una indù e un ufficiale inglese di servizio nell’India dominata dal colonialismo britannico. È una straziante storia d’amore colorata di profumi esotici: un mondo che ha riflessi ben precisi, vocali ed espressivi. Un’opera di atmosfere imbevute di delicato lirismo, nella quale l’orchestrazione si fa a tratti brillante, come nella scena del mercato indiano che apre il secondo atto, con i cori e le danze che ne delineano il pittoresco folclore.

Laurent Campellone, che di questo repertorio è esegeta e ne conosce l’intimo sentire, regala una concertazione ricca di colori e si avvale di un’Orchestre Philharmonique de Monte-Carlo e di un Coro dell’Opéra de Monte-Carlo (istruito da Stefano Visconti) di livello altissimo, pronte a offrire una narrazione che alterna pagine di estenuato languore a momenti che profumano di opéra-comique, come nei quadri in cui Gérald e il suo compagno d’armi Frédéric dialogano con le dame britanniche Ellen, Rose e la governante Mistress Bentson, costruendo quella finta atmosfera british che caratterizza la superficiale leggerezza del loro linguaggio in contrasto, da subito, coll’universo ambientale incontaminato di Lakmé, fatto di fiori profumati, di natura rigogliosa e di rasserenante spiritualità. È il mondo per il quale Gérald prova un’irresistibile attrazione, rimanendone conquistato, prima ancora di conoscere la donna del desiderio proibito, quella Lakmé il cui padre, il bramino Nilakantha, non vuole che la figlia ami un uomo che appartiene alla cultura dei nemici dominatori. Eppure l’ufficiale inglese resta affascinato dalla sua purezza, dalla fragilità della sua adolescenza e si innamora perdutamente della bella e misteriosa indù scatenando l’ira vendicativa del padre.

Opera di atmosfere, dunque, prima ancora che di reale presa drammatica, Lakmé vive della fama legata alla celebre “Air des clochettes”, banco di prova per tutti i soprani di coloratura cimentatisi nella parte. Ma non basta abbandonarsi ai fuochi d’artificio di questa pagina, accontentandosi di eseguire picchettati e sopracuti. Il personaggio rivela ben altro. Fin dalle note d’ingresso a lei affidate, così come nella berceuse del terzo atto, “Sous le ciel tout étoilé”, fino al finale trasognato, Lakmé diviene, sul piano vocale ed espressivo, riflesso di un sogno esotico impalpabile, puro e fragile come la ali di una farfalla. Sabine Devieilhe lo rende ancor più toccante di quanto già non avesse fatto Natalie Dessay, altra epocale interprete che l’ha preceduta in anni recenti facendo di quest’opera un suo cavallo di battaglia. La giovane cantante francese, che entra sul palco con un elegantissimo abito bianco che le fascia le forme delicatamente femminili rendendola anche alla vista irresistibilmente affascinante, fa di più. Risolve sì da par suo l’aria delle campanelle, non facendo mancare nulla alle acrobazie vocali richieste, affrontate con grazia sopraffina, senza che l’esibizionismo diventi bravura fine a se stessa, eppure si impone soprattutto nelle oasi liriche della partitura; che sono, come detto, tante, fino a un addio alla vita, “Tu m’as donné le plus doux rêve”, che diventa un soffio dell’animo: quello di una fanciulla indiana che ha conosciuto un amore, seppure rapido e fugace, che l’ha segnata nel profondo. Non maledice questa passione, ma ringrazia chi le ha dato il sogno della felicità. Con un filo di voce, morente dopo aver ingerito un fiore velenoso, chiede che il più bel sogno d’amore possibile sulla terra, bello ma impossibile, donatole da Gérald, non svanisca, ma l’accompagni al di là del mondo reale, lontano dal mondo…Sabine Devieilhe qui è grandiosa e ci porta in paradiso. Il suo è un morire agrodolce, poeticissimo, quasi un’estasi sognante proiettata nel ricordo d’amore, distillata nota dopo nota, parola dopo parola, sospiro dopo sospiro, con un dominio del canto legato e una capacità cristallina di assottigliare i suoni, rendendoli fascinosamente impalpabili, teneri e delicati, con uno stile e una pronuncia francese perfetti. Per cantare questo repertorio è necessaria tale sapienza. Non basta eseguire ciò che è scritto, bisogna cantare con l’anima, cogliendone le pulsioni più profonde e nascoste.

Ecco perché la sua Lakmé è memorabile, come lo è la prova non meno significativa di Cyrille Dubois, tenore di scuola francese fra i più sensibili e aggraziati del momento, capace attraverso un fraseggio miracolosamente meditato di risolvere le pagine più belle dell’opera, come la sua aria d’ingresso, “Fantasie aux divins mensonges”, quando il personaggio di Gérald, impulsivo a spavaldo come deve essere un militare, viene misteriosamente attratto dalla magia del luogo incontaminato che attornia la donna che presto conoscerà e della quale rimarrà incantato. E quando nel successivo incontro lei gli chiede quale dio sostenga il suo agire, lui risponde intonando, in duetto con lei, una melodia d’amore sublimemente avvolgente, “C’est le dieu de la jeunesse, c’est le dieu du printemps”, comunicando impressioni sentimentali fatte di carezze e baci ardenti, in lui suscitate dalla vista di questa irresistibile creatura che cattura il suo cuore. Dubois utilizza la sua voce al meglio, la modula con sentimento, finezza ed eleganza, ricamando la melodia. Quando nell’ultimo atto, a partire dall’aria “Ah! viens, dans la forêt profonde”, la vocalità si fa più densa, la saggezza nell’amministrare i propri mezzi e il perfetto controllo del suo strumento vocale gli permettono di realizzare il capolavoro stilistico di un canto squisitamente francese, sfumato e intimo; riesce nell’intento anche quando la febbrile intensità emotività che contraddistingue il trasporto amoroso del personaggio, ad un certo punto richiamato all’ordine dal senso del dovere, trova gli accenti e lo stile giusti per cantar sulla parola senza marcare la pista di un’intensità troppo appassionata, che non sarebbe attinente al carattere della sua voce, per natura leggera e delicata.

Le sorprese di questa Lakmé non finiscono qui. Quando Lionel Lhote intona l’arioso di Nilakantha del secondo atto, “Lakmé, ton doux regard se voile”, rivolto alla figlia, al momento in cui il severo padre desidera che la propria figlia ritrovi il sorriso, in modo che lui possa rivedere nei suoi occhi il cielo (ossia quel cielo d’innocenza perduta per amore), il baritono belga minia questa pagina con un’eloquenza espressiva senza pari e un gioco di colori ricercatissimo.
Bravissima anche la Mallika di Fleur Barron, che sposa il suo soffice colore di voce con quello liliale della Devieilhe nel celebre “Duo des fleurs”. Ottimo anche Pierre Doyen, incisivo Frédéric, così come Erminie Blondel (Ellen), Charlotte Bonnet (Rose), Svetlana Lifar (Mistress Bentson) e Matthieu Justine (Hadji). Completano il cast Lorenzo Caltagirone (Un domben), Thierry Di Meo (Un merchand chinois) e Przemyslaw Baranek (Un Kouravar).
Al termine della serata applausi scroscianti per tutti e standing ovation per Sabine Devieilhe. Non si poteva immaginare una serata migliore per il congedo di Jean-Louis Grinda da un teatro che, grazie a lui, ha tenuto alta la tradizione di un passato leggendario. Ora tocca a Cecilia Bartoli prendere il timone del comando per proseguire il cammino in un futuro che, nella prossima stagione, offre prospettive di qualità nel già annunciato cartellone del 2023 (vedi link).

Auditorium Ranieri III – Stagione 2021/22
LAKMÉ
Opera in tre atti
Libretto di Edmond Gondinet e Philippe Gille
Musica di Léo Delibes

Lakmé Sabine Devieilhe
Mallika Fleur Barron
Ellen Erminie Blondel
Rose Charlotte Bonnet
Gérald Cyrille Dubois
Nilakantha Lionel Lhote
Frédéric Pierre Doyen
Mistress Bentson Svetlana Lifar
Hadji Matthieu Justine
Un domben Lorenzo Caltagirone
Un marchand chinois Thierry Di Meo
Un Kouravar Przemyslaw Baranek

Orchestre Philharmonique de Monte Carlo
Choeur de l’Opéra de Monte-Carlo
Direttore Laurent Campellone
Direttore del coro Stefano Visconti
Studi musicali Kira Parfeevets

Monte-Carlo, 9 dicembre 2022

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