Chiudi

Monaco di Baviera, Bayerische Staatsoper – Lucrezia Borgia (con Angela Meade)

Condivisioni

L’allestimento che Christof Loy aveva ideato nel 2009 per il primo incontro di Edita Gruberova con Lucrezia Borgia di Donizetti è tornato ancora una volta alla Bayerische Staatsoper per una serie di repliche con una compagnia di canto di tutto rispetto, dove l’unico interprete che vi aveva preso parte altre volte, Pavol Breslik, è stato sostituito nella recita a cui ho assistito dal giovane tenore italiano Francesco Castoro.

Come al solito, negli spettacoli curati da Loy una buona idea viene rovinata da altre stravaganti o dalla ripetizione ad nauseam. Per esempio, in una ambientazione più o meno atemporale cosa c’entrano gli assassini del secondo atto in costumi d’epoca? Perché tanti figuranti per gli amici di Gennaro? Perché la Negroni risulta una piccola adolescente autistica? Donna Lucrezia, poi, ha dei bei vestiti ma anche pantaloni e parrucche di diversi colori. Eccellente, invece, la raffigurazione del duca Alfonso come un essere di una freddezza e un cinismo micidiali (e di Rustighello come un vile leccapiedi sottomesso), ma c’è bisogno di vederlo infliggere umiliazioni ed esibire gesti da boss mafioso? Duca o non duca, in qualsiasi epoca si collochi la vicenda siamo di fronte a un nobile, non a un parvenu. Comunque sia, questo è di fatto l’unico personaggio che nella regia di Loy possa vantare un vero lavoro di caratterizzazione, qui ulteriormente valorizzato da un mattatore quale Erwin Schrott, al debutto nella parte, che desta l’ammirazione e perfino la complicità del pubblico. In forma vocale smagliante, il ruolo gli calza a pennello e non c’è niente da ridire sulla sua prova, anche se sarebbe interessante verificare come sarebbe l’interpretazione in una versione concertante o di tradizione.

Angela Meade è vocalmente una grande Lucrezia. Messe di voce fenomenali, acuti e gravi saldi e precisi, intonazione e agilità senza cedimenti le consentono una resa sensazionale della parte, dalla malia dell’aria di sortita, passando per i furori e i supplizi che appartengono al personaggio, fino ad arrivare alla grande scena finale, dove non saprei se scegliere come momento migliore il cantabile o la cabaletta. Tuttavia Loy, o chi per lui, avrebbe dovuto pensare che questa volta la protagonista aveva tutt’altri pregi e un diverso physique du rôle rispetto a quelli della Gruberova e forse valeva la pena presentarla sotto un altro profilo. Così non è stato ed è un peccato. Resta il fatto che Meade trionfa in modo totale al calar del sipario.
Arrivato poche ore prima della recita, Francesco Castoro, Gennaro, si dimostra molto a suo agio nella recitazione, e tranne qualche momento nell’atto finale, anche molto sicuro nel canto. Ha un bel timbro, tecnica e fraseggio giusti che ovviamente avranno modo di affinarsi ulteriormente.
Teresa Iervolino canta bene, ma non so se Maffio Orsini sia il ruolo più adatto alle sue capacità: il centro è bellissimo ma l’acuto a volte cambia colore e volume e, non essendo un vero contralto, qua e là tende ad aprire i suoni in basso (anche perché deve lottare con l’orchestra). Il suo momento più riuscito è il brindisi. I comprimari sono tra il discreto e il corretto: spiccano i bassi Bálint Szabó (Astolfo) e Alexander Köpeczi (Gubetta). Ottimo il coro istruito come sempre da Stellario Fagone. L’orchestra svolge bene il suo compito sotto la bacchetta efficace ma tendenzialmente incline al forte di Antonino Fogliani.

image_print
Connessi all'Opera - Tutti i diritti riservati / Sullo sfondo: National Centre for the Performing Arts, Pechino