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Milano, Teatro alla Scala – Un ballo in maschera

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Si è conclusa con vivissimo successo la prima rappresentazione di Un ballo in maschera che ha debuttato al Teatro alla Scala in un nuovo allestimento firmato da Marco Arturo Marelli. Spettacolo tradizionalmente concepito, con parecchi riferimenti alla memoria del passato (da Franco Zeffirelli a Luca Ronconi), accolto con molto favore dal pubblico che affollava il teatro milanese. Un pubblico che ha salutato tutta la compagnia di canto con acclamazioni ed entusiasmo a fine spettacolo.

Marelli debuttante alla Scala immerge tutta la scena, a impianto fisso ma con molti movimenti di quinte e praticabili, in una perenne luce azzurrina che si squarcia solo nel finale, durante il ballo fatale, quando Riccardo viene assassinato da Renato. Nulla di sconvolgente e di provocatorio nella sua regia, dunque, ma una cura nella recitazione dei singoli personaggi evidente, insieme al tentativo di tenere in giusto equilibrio le diverse componenti di quest’opera verdiana, complessa e multiforme come poche altre. Unico elemento innovativo la quasi costante presenza della Morte, interpretata da un mimo, raffigurata in modo molto simile a quanto fece Bergman nel suo capolavoro Il settimo sigillo. Vedere la tetra figura che durante le danze dell’ultimo atto suona il violino accompagnando Riccardo alla sua triste fine era di grande effetto.

Nicola Luisotti, che ha sostituito durante le prove il previsto Riccardo Chailly, ha concertato un’esecuzione molto accesa sotto il profilo drammatico. Fin dal Preludio iniziale si avverte nel direttore italiano la ricerca di un suono turgido e “drammatico”. Sensazione che si accentuerà nel corso dell’esecuzione. Inevitabilmente i momenti più brillanti, ironici e sarcastici di questo capolavoro verranno messi un poco in ombra, come ad esempio nell’irresistibile finale “alla Offenbach” del primo atto “Ogni cura si doni al diletto”. Bisogna pur riconoscere che raramente i direttori d’orchestra sembrano amare, e sottolineare di conseguenza, il lato un po’ folle del Ballo in maschera come seppero fare un Mitropoulos o un Abbado. Dall’introduzione all’atto di Ulrica in poi Luisotti prende quota: la Canzone di Riccardo, il finale del secondo atto, tutta la scena dell’Orrido campo e quella della congiura sono molto ben diretti.

Notevole anche il sostegno che il direttore offre a Sondra Radvanosky, un’Amelia certo non priva di carisma, ma spesso al limite dell’urlo negli acuti presi a piena voce. Quando la Radvanosky raccoglie i suoni e ammorbidisce l’emissione i risultati sono pregevoli. Il soprano statunitense piace comunque moltissimo al pubblico che la omaggia di autentiche ovazioni dopo le sue arie. Molti applausi anche per Luca Salsi, un Renato a tratti roboante, privo dell’eleganza e della nobiltà che comunemente si associano ai ruoli baritonali verdiani. La voce non manca certo di ampiezza, ma una maggior cura nelle dinamiche e nell’uso della mezzavoce non spiacerebbe. È indubbio che i ruoli pucciniani o quelli del Verismo gli si addicano maggiormente. Il sempre problematico ruolo di Oscar è risolto da Federica Guida con moderata petulanza e buoni acuti, mente quello invero difficilissimo di Ulrica trova in Yulia Matochkina un mezzosoprano capace di fingersi lodevolmente contralto. Discreti i due congiurati cantati da Sorin Coliban e Jongmin Park. Insufficiente, invece, il Silvano di Liviu Holender.

Resta da dire della encomiabile prova offerta da Francesco Meli nel ruolo di Riccardo. Personaggio magnifico, forse il ruolo tenorile più complesso e variegato composto da Verdi, appassionato, ironico, sentimentale e sventato. Meli lo affronta con impegno commovente, cura il fraseggio all’inverosimile, esegue lodevolmente il terribile salto di tredicesima spesso scantonato da tenori anche celeberrimi nella Canzone, regala appaganti mezzevoci (“Favella da franco soldato”, “Dì che m’ami”, tutta la scena della morte ) eppure la parte gli sta, purtroppo, in alcuni passaggi troppo larga. Inequivocabilmente nel secondo atto a una esecuzione notevolissima di “Non sai tu che se l’anima mia” corrisponde un “Oh, qual soave brivido” un poco affannoso e sforzato. L’ultima aria, infine, lo trova notevolmente affaticato. Siamo convinti che il bravo tenore genovese dovrebbe scegliere con maggiore oculatezza i ruoli futuri, per non compromettere il suo pregevole strumento. In ogni caso, pur con alcuni limiti palesi, la sua è stata una esecuzione importante e generosa.
Ottimo il coro preparato da Alberto Malazzi.

Teatro alla Scala – Stagione lirica 2021/22
UN BALLO IN MASCHERA
Melodramma in tre atti
Libretto di Antonio Somma
da Gustave III ou Le bal masqué di Eugène Scribe
Musica di Giuseppe Verdi

Riccardo Francesco Meli
Renato Luca Salsi
Amelia Sondra Radvanovsky
Ulrica Yulia Matochkina
Oscar Federica Guida
Silvano Liviu Holender
Samuel Sorin Coliban
Tom Jongmin Park
Un giudice Costantino Finucci
Un servo di Amelia Paride Cataldo

Orchestra e Coro del Teatro alla Scala
Direttore Nicola Luisotti
Maestro del coro Alberto Malazzi
Regia, scene e costumi Marco Arturo Marelli
Luci Marco Filibeck
Nuova produzione Teatro alla Scala

Milano, 4 maggio 2021

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