A volte dalle situazioni più angosciose può nascere un raggio di sole. Tra un rinvio, una sostituzione e l’eterno timore di non riuscire ad andare in scena o avere il teatro vuoto o ridotto alla metà della sua capienza causato da questa pandemia, è capitato che all’indomani della prima di La bayadère (qui il link della nostra recensione), il balletto inaugurale della nuova stagione di danza della Scala, un focolaio rimandasse tutte la repliche al mese successivo, eliminando anche la presenza dell’étoile di importazione Svetlana Zakharova. Arrivati all’atteso recupero, ecco che il maledetto virus blocca la coppia designata Nicoletta Manni-Timofej Andrijashenko. Panico e soluzione miracolosa. Per un giorno è disponibile proprio Svetlana Zakharova, la danzatrice ucraina diventata stella prima al Kirov di San Pietroburgo e poi al Bolshoi. “Artista emerita della Russia”, Svetlana è presto diventata anche étoile ospite della Scala. Da qualche anno nel suo teatro moscovita fa coppia con Jacopo Tissi, nominato a sua volta una manciata di giorni fa étoile stabile del Bolshoi. Capita così che il giorno milanese di Svetlana diventa anche il giorno milanese di Jacopo che, nato e formato alla Scala, è subito preso sotto l’ala dell’allora direttore del ballo scaligero Makhar Vazijev che se lo cura e se lo porta a Mosca.
Ieri sera, dunque, per una singolare congiunzione stellare tutto ruotava attorno alla coppia Svetlana-Jacopo. Di lei, stupefacente quarantaduenne, s’è detto mille volte. Non ci pare il caso di ripetere la assoluta perfezione tecnica, caratteristica peculiare della scuola russa, più portata all’esito tecnico che non alla ricerca espressiva. Se non in alcuni casi, come il grande Vladimir Vasiliev, con il quale Svetlana ha lavorato, e che ha tentato vie più nuove e contemporanee. Alta, bellissima, gambe sottili ma forgiate con l’acciaio, assolutamente imbattibile nell’accademia, Zakharova ha tuttavia collaborato più volte anche con coreografi contemporanei. Questo per dire che la bellezza e la bravura mostrate ieri sera alla Scala non sono fini a se stesse.
Lui, Jacopo, ora ventiseienne, l’avevamo visto qualche volta ma senza notarlo. La danza classica è l’arte princeps della Russia di ieri e di oggi, dove lo studio è severissimo e volto soprattutto alla tecnica accademica. Una tendenza che, del resto, attualmente è comune a quasi tutti i complessi più blasonati dell’orbe. Oggi il mondo vuole la bellezza, in tutte le sue declinazioni. Il nostro Tissi accetta con cuore pieno e grato quell’impostazione. Sebbene in qualche intervista si lasci sfuggire la distinzione tra tecnica e arte con evidente propensione a tentare di far diventare teatralità la sua infallibilità ginnica. C’era giusto riuscito Nureyev, povero, fuggiasco, curioso di tutto, pieno di fascino, carisma e capricci. Dedicato al classico fino all’autodistruzione. Bayadère, tra l’altro, è il suo primo e ultimo titolo. Il nostro Tissi non possiede quel volto inquieto, sorridente e pensieroso, sempre solcato dalla nostalghia per la patria perduta e la mamma lontana. Tutt’altra storia quella di Rudy, destinata a rimanere unica.
Ma quanto è già cambiato, Jacopo Tissi! Le sue linee perfette si sono adattate ai caratteri della scuola russa. Che sono velocità, pulizia, attitudes aperte, salti alti, grand fouetté en tournant forti. La bellezza, dunque, e la perfezione assoluta. Ma in più, sostenuto dalle sue certezze, Jacopo ora mostra un carisma del quale prima non ci si accorgeva. Come entra in scena, la sua intensità interiore attira immediatamente lo sguardo anche se sta fermo. È sempre sulla musica, sa trasformare il vigore in estenuante tenerezza e disperazione. Come partner è attento e protettivo. Ha il volto da ragazzo che tuttavia sa già declinare inseguendo i sentimenti. E questo in un balletto come Bayadère, che confina ancora il ballerino nel ruolo di porteur lasciando davvero poco alla teatralità. Crescerà Jacopo, ma già così è assolutamente entusiasmante.
Incontenibile l’indice di gradimento della Scala gremita: per la coppia protagonista e per tutti i compagni di viaggio alcuni dei quali (Mattia Semperboni, Maria Celeste Losa) davvero straordinari.