Per Jakub Józef Orliński, controtenore polacco che ormai può considerarsi un divo del canto in falsetto, questo concerto alla Sala Verdi del Conservatorio, per la stagione della Società del Quartetto, è il suo debutto a Milano. Lo dice lui stesso rivolgendo un saluto al pubblico, a inizio serata, presentandosi con la moderna disinvoltura che lo contraddistingue: è bello e atletico (la breakdance, nella quale si diletta, ha reso il suo fisico agile e sinuoso), sa come piacere e farsi piacere dal pubblico, che non a caso riempie la sala e, a fine concerto, si attarda in fila nel foyer per il rito della firma degli autografi sui suoi dischi (i più noti sono le raccolte Facce d’Amore, Anima Aeterna e Anima Sacra), non facendosi mancare lo scatto di un selfie con lui, sempre sorridente e consapevole di come il successo richieda anche questo. Il suo è un divismo moderno, comunicativo, diretto, quello che arriva alla gente senza distacco, con quella immediatezza che piace e contribuisce a incrementare la sua fama.
Il programma concertistico della serata, nel corso della quale Orliński è accompagnato dal complesso Il Pomo d’Oro, formato da due violini, una viola, un violoncello, un contrabbasso e una torba, diretto al cembalo e all’organo dal bravissimo Francesco Corti, raduna alcune – e non solo – fra le pagine incise negli ormai noti e sopra citati cd Warner/Erato, che raccolgono, negli ultimi due usciti, un florilegio barocco di brani sacri, ispirati a una spiritualità che si colora, trattandosi per lo più di oratori che diventano “drammi sacri”, di caratteri molto simili a quelli tipici dell’opera seria settecentesca.
Ed ecco, nella prima parte della serata, “Non t’amo per il ciel” da Il fonte della salute di Johann Joseph Fux, “Proh quantae sunt in orbe strages” arietta seconda per la Madonna Santissima di Antonio Lotti, “Salve sis, o Mater pia”, arietta prima per la Madonna Santissima di Francesco Bartolomeo Conti, “Giusto Dio” da La Giuditta di Francisco António de Almeida e “A che si serbano” da Maria Vergine al Calvario di Gaetano Maria Schiassi. Nella seconda parte della serata il concerto prosegue con “Dal beato eccelso volo” da Il David trionfante di Bartolomeo Nucci, “Peccator videbit”, antifona dal Baeatus vir di Antonio Vivaldi, “D’ogni colpa la colpa maggiore da La Betulia liberata di Johann Georg Reutter, “Gratias agimus tibi” dalla Messa a 5 voci di Davide Perez e il bellissimo “Alleluja, Amen”, antifona in re minore di Georg Friedrich Händel. Tre le pagine solo musicali, inserite fra un brano e l’altro: Intrada (Adagio-Allegro) dal Balletto a 4 n. 1 di Jan Krtitel Tolar, Concerto a 4 in do minore di Baldassarre Galuppi e Ciaccona a 6 in la maggiore di Giuseppe Antonio Brescianello.
Al termine, incessanti richieste di bis, con il pubblico che invocava l’esecuzione dell’aria vivaldiana “Vedrò con mio diletto”, resa celebre dal controtenore polacco, con milioni di visualizzazioni su YouTube, o l’ancor più noto lamento händeliano “Lascia ch’io pianga”. Orlinski esegue invece due pagine: “Alla gente o Dio diletta” da Il Faraone sommerso di Nicola Fago e ripete “A che si serbano” di Schiassi, già eseguito al termine della prima parte della serata, ma qui ripreso con una nuova cadenza, nella quale azzarda l’utilizzo del registro di petto.
Veniamo ora alla voce di Orliński e alle sensazioni suscitate in questo concerto milanese. Subito partiamo dai pregi, che sono indubbi, a cominciare dal timbro davvero bello, fascinoso, morbido, carezzevole, di controtenore puro, quello che, per specifiche caratteristiche vocali, non ha appreso la lezione che ha condotto il timbro dei controtenori moderni ad assumere quella carnosità di suono che, attraverso l’utilizzo delle risonanze di petto, oltre ovviamente a quelle di testa, ha portato cantanti come Max Emanuel Cencic e Franco Fagioli a emergere in un virtuosismo che, in ambito operistico, ha fatto rinascere la magia perduta del canto dei castrati. Nel canto di Orliński non c’è ombra di umano vizio, né compiaciute esternazioni belcantistiche. Il suo è un canto angelicato, candido, non fanciullesco e sopraneggiante alla Philippe Jaroussky o più squisitamente femmineo come quello, oggi, di Samuel Mariño. Dalla sua gola il canto sgorga con una grazia purissima e incantevole. L’intonazione e la musicalità sono perfette e non c’è una sbavatura che una in questa voce che sembra provenire dalle sfere celesti. Ma non è tutto oro quello che luccica ascoltandolo. L’espansione del suono è piuttosto contenuta, il registro acuto toccato con circospezione, l’emissione raccolta nel languore elegiaco impostato facendo appello, come si è detto, alla innegabile bellezza del timbro, eppure sempre circoscritto a un andamento lamentoso che finisce, nelle pagine patetiche appunto, per limitargli le possibilità espressive, eteree sì, ma alla lunga monotone ed esangui anche quando a farne le spese è la chiarezza della dizione. Così capita ammirandolo nella bellissima pagina “Giusto Dio”, nella quale si resta catturati dall’incanto del suo modo di porgere l’emissione, anche se la messa di voce del da capo manca di flessibilità ed è vagamente fissa. Nell’ottica di un canto così predisposto, non ci si stupisce che le agilità siano accarezzate più che sgranate, ad esempio in “Peccator videbit”, così come altre fioriture, come i trilli, siano solo abbozzati.
Per tutto il concerto Orliński resta fedele ai suoi canoni di purezza, al suo stile sorvegliato, all’equilibrio di un’emissione incorporea eppure soffice, all’atmosfera incantatoria che la sua voce dona alle pagine dove la spiritualità barocca riposa placidamente sugli allori di un canto sognante, così cullante e sempre privo di vibrato, da fare della sua monocromia timbrica un’arma a doppio taglio. Se gli angeli cantano così, in Paradiso, per chi avrà la fortuna di andarci, potremmo finire per annoiarci, come è avvenuto, sulla Terra, a Milano.
Sala Verdi del Conservatorio di Milano – Società del Quartetto
ANIMA AETERNA
Jakub Józef Orliński, controtenore
Francesco Corti, cembalo, organo e direzione
Il Pomo d’Oro
Evgenii Sviridov, violino
Anna Dmitrieva, violino
Giulio D’Alessio, viola
Kristina Chalmovska, violoncello
Riccardo Coelati, contrabbasso
Jonas Nordberg, tiorba
Milano, 19 aprile 2022